Quando si sfiorò la guerra nucleare

Vladimir Putin alza il tiro. Il presidente russo annuncia la messa in allerta del sistema difensivo nucleare. I volti del ministro della Difesa russo Serghei Shoigu e il capo di stato maggiore Valeri Gerasimov seduti al tavolo di Putin la dicono lunga sulla gravità del momento. Con il nucleare non si scherza. Una volta che si lascia fuggire il genio dalla lampada difficile poi farlo rientrare.
L’ultima volta che si è arrivati ad un soffio da una guerra atomica fu nel 1962. È il 14 ottobre: un aereo spia americano sorvola Cuba e scopre che l’Unione Sovietica sta installando sull’isola di Fidel Castro delle basi missilistiche in grado di colpire gli Stati Uniti.
Comincia così la più grave crisi dall’inizio della guerra fredda: per due settimane l’Unione Sovietica di Nikita Chruščёv e gli Stati Uniti di John Kennedy si fronteggiano.
Kennedy intima a Mosca di ritirare i missili e ordina il blocco navale intorno all’isola caraibica per bloccare l’arrivo di altre armi.
La sera del 22 ottobre 1962 il presidente statunitense si rivolge alla nazione prospettando un conflitto nucleare. «Non rischieremo prematuramente e senza necessità una guerra nucleare mondiale dopo di cui anche i frutti della vittoria sarebbero cenere sparsa sui nostri cadaveri; ma nemmeno indietreggeremo di fronte a un tale rischio», annuncia alla radio e in tv Kennedy. Il mondo resta con il fiato sospeso.
Dopo alcuni giorni, il colpo di scena. Le navi sovietiche in viaggio per Cuba invertono la rotta. Mosca accetta di smantellare le basi con i missili nucleari in cambio dell’impegno americano a non invadere l’isola.
Inoltre Washington si impegna in segreto a smantellare i missili dalla Turchia e dall’Italia.
Nasce così il famoso “Telefono rosso”, il filo diretto tra Washington e Mosca. Un sistema di comunicazione con il quale i leader delle due potenze mondiali possono comunicare rapidamente per evitare guerre o incidenti militari. Chissà se in questi giorni Biden e Putin l’avranno già utilizzato.