Quanto è difficile fare il presidente in Perù

Se è vero che l’America Latina, politicamente, è piuttosto instabile, il Perù – in questo particolare esercizio – spicca più di altre nazioni del continente. Non ci credete? D’accordo, sentite qui: ogni presidente eletto negli ultimi quattro decenni ha avuto più di un problema con la giustizia. C’è chi è stato indagato, chi è finito sotto impeachment e chi, ancora, ha concluso la sua parabola in galera.
Mercoledì, Pedro Castillo si è aggiunto a una lunga lista. Il suo tentativo di sciogliere il Congresso e dichiarare lo stato di emergenza non solo è fallito, ma è stato etichettato come «golpe». Destituito e arrestato, l’oramai ex capo dello Stato rischia fra i dieci e i venti anni di galera. Ahia. Come dicevamo, Castillo è in buona, buonissima (si fa per dire) compagnia. Letteralmente, visto che è detenuto nella stessa struttura in cui si trova un altro ex presidente. Alberto Fujimori.
Quante teste cadute
Dal 2018 a oggi, il Perù ha avuto qualcosa come sei presidenti. In parte per via della costituzione, certo. In parte, però, perché il Paese – sul fronte politico – ha una certa abitudine con i terremoti. Di questi sei presidenti, basti pensare che solo due sono stati eletti. Gli altri sono subentrati.
Il Congresso unicamerale peruviano, formato da 130 membri, può mettere sotto impeachment un presidente per, citiamo, «incapacità morale permanente». Serve una maggioranza di due terzi per appoggiare la mozione. È raro, in Perù, che un candidato alla presidenza ottenga un segnale chiaro dagli elettori. Spesso, infatti, il presidente deve guidare il Paese senza, alle spalle, una solida coalizione al Congresso.
Il tutto, come spesso accade in Sudamerica, è condito da corruzione e illeciti vari. Quattro ex presidenti, ad esempio, sono stati indagati per lo scandalo Odebrecht.
Ma quanti leader del Paese, e quali, sono finiti nelle maglie della giustizia? Proviamo a dare un’occhiata.
Pedro Castillo (2021-2022)
L’ultima crisi, in ordine di tempo, del Perù è stata innescata proprio da Castillo o, meglio, dal suo tentativo di sciogliere il Congresso per dribblare l’ennesimo tentativo – il terzo – di impeachment. Il Tribunale costituzionale peruviano ha descritto l’azione come un colpo di Stato. Polizia ed esercito non hanno voluto seguire Castillo e perfino i ministri del presidente si sono dimessi in massa. Il Congresso ha quindi votato per sbarazzarsi di Castillo, spedito per direttissima in carcere. Su di lui, ora, pende l’ipotesi di ribellione. In ogni caso, era già indagato per altre accuse: associazione a delinquere e traffico di influenze illecite.
Manuel Merino (10-15 novembre 2020)
Presidente per soli cinque giorni dopo la rimozione di Martin Vizcarra per «incapacità morale», Merino è finito sotto inchiesta per la morte di due manifestanti durante la violenta repressione delle manifestazioni, scatenatesi proprio per la cacciata di Vizcarra. A Lima, nel corso delle proteste, altre quindici persone erano rimaste ferite. I protestanti chiedevano espressamente le dimissioni di Merino, arrivate il 16 novembre.
Martin Vizcarra (2018-2020)
Vizcarra è finito nel tritacarne dell’opinione pubblica a causa delle accuse di aver intascato circa 600 mila dollari in tangenti per favorire alcune imprese di costruzioni desiderose di mettere le mani su appalti importanti. I fatti risalgono all’epoca in cui Vizcarra era governatore regionale, fra il 2011 e il 2014. Sopravvissuto a un voto di impeachment nel 2020, non ne ha superato un secondo pochi mesi più tardi.
Pedro Pablo Kuczynski (2016-2018)
Kuczynski, beh, è uno dei quattro ex presidenti peruviani coinvolti nel citato scandalo Odebrecht. È stato accusato, in particolare, di aver aiutato l’azienda ad aggiudicarsi due contratti di infrastrutture mentre fungeva da ministro nel governo Toledo. Ha superato, indenne, un voto di impeachment nel 2017. Si è dimesso alla vigilia di un secondo voto, un anno più tardi.

Ollant Humala (2011-2016)
Humala e sua moglie, secondo l’accusa, hanno prelevato 3 milioni di dollari da Odebrecht per finanziare la campagna presidenziale del 2011. In precedenza, nel 2006, entrambi avevano riciclato denaro in occasione di un’altra campagna presidenziale. Humala è stato il primo ex presidente a essere incriminato nell’ambito dell’indagine. Ad oggi, è in attesa di processo.
Alan Garcia (1985-1990 e poi 2006-2011)
Dunque, sempre secondo l’accusa Garcia ha guidato un giro di funzionari corrotti durante il suo secondo mandato come presidente. Nel dettaglio, ha raccolto tangenti e aiutato Odebrecht ad aggiudicarsi contratti pesanti. Come quello per la costruzione di una linea di metropolitana per un miliardo di dollari. La polizia si è presentata alla porta di casa sua, nel 2019, per arrestarlo. Alla vista degli agenti, Garcia si è suicidato sparandosi.
Alessandro Toledo (2001-2006)
Da dove cominciamo? Il suo, infatti, è un caso piuttosto eloquente. Arrestato dai famosi (e per alcuni famigerati) US Marshals nel luglio del 2019 con 40 mila dollari in contanti in una valigia, è sato rilasciato nel 2020 dopo che un giudice ha stabilito che – qualora fosse rimasto in custodia – avrebbe rischiato di contrarre il COVID. È accusato di aver intascato fino a 30 milioni di dollari in tangenti da Odebrecht. Hai detto poco.
Alberto Fujimori (1990-2000)
Compagno di carcere di Castillo, Fujimori sta scontando 25 anni per aver ordinato l’uccisione di presunti simpatizzanti del terrorismo. È stato pure condannato per corruzione. Graziato da Kuczynski nel 2017, si è visto negare la libertà in seguito a una decisione della Corte Suprema peruviana.
E adesso?
Come previsto dalla costituzione, i poteri sono passati alla vicepresidente Dina Boluarte. Giovedì, per contro, l’avvocato di Castillo ha dichiarato che il suo assistito ha presentato una richiesta di asilo al governo del Messico, l’unico ad aver difeso pubblicamente l’ex presidente peruviano in questi giorni concitati. Mercoledì sera, il presidente messicano Manuel Lopez Obrador, su Twitter, aveva scritto di ritenere deplorevole che, «a causa degli interessi delle élite economiche e politiche», dall’inizio della presidenza di Pedro Castillo «ci sia stato un clima di ostilità contro di lui». Sempre giovedì, il ministro degli Esteri messicano Marcelo Ebrard ha ribadito di aver ricevuto la richiesta di asilo di Castillo e di essere al lavoro con le autorità peruviane per discuterne.
Boluarte, dal canto suo, stando alle prime dichiarazioni rilasciate non sembra minimamente intenzionata a indire nuove elezioni. Preferisce, piuttosto, portare a termine questa legislatura con la medesima maggioranza che reggeva Castillo. Il tentativo, da parte di quest’ultimo, di sciogliere il Congresso ha gettato ulteriormente nel caos un Paese alle prese con gravi, gravissimi problemi economici. E, di rimando, politici.