Guerra

Quei civili ucraini catturati dai russi: che fine fanno i prigionieri?

Dopo quasi 3 anni di conflitto, migliaia di abitanti dei territori occupati sarebbero oggi dispersi nel sistema penale russo, spesso con l'accusa di terrorismo, mentre i soldati di Kiev verrebbero sottoposti a tortura
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Michele Montanari
10.02.2025 15:45

Oltre ai soldati fatti prigionieri, da entrambe le parti, durante i quasi tre anni di guerra sono stati catturati pure numerosi civili ucraini. E capire che fine abbiano fatto quelli detenuti in Russia, molto spesso, risulta quasi impossibile.

Quella di Nadezhda Yevdokimova è solo una delle tante testimonianze su come, da un giorno all’altro, abbia perso una persona cara, portata via dai soldati di Vladimir Putin. La donna ha raccontato al Washington Post di aver visto per l’ultima volta suo marito, Vlad, quasi tre anni fa, quando venne trascinato fuori dall’auto a un posto di blocco russo nel nord-est dell'Ucraina. Nadezhda, oggi rifugiata in un Paese europeo, venne chiamata al telefono solo tempo dopo da un numero sconosciuto. Il suo interlocutore le disse che suo marito era detenuto in una prigione. Lo sconosciuto aveva trovato il nome e numero della donna su un piccolo pezzo di carta, fatto uscire di nascosto dalla cella. La donna, in seguito, avrebbe scoperto che l'uomo che l'aveva chiamata faceva parte di una rete di volontari e di informatori che rischiano la vita, a volte per denaro, per passare informazioni sugli ucraini scomparsi all’interno del sistema penale russo.

Sarebbero migliaia i civili ucraini che, secondo avvocati e attivisti, sono stati rapiti illegalmente dall’invasore, scomparendo nelle prigioni, nei centri di detenzione e nelle celle di tortura in tutta la Russia e nell'Ucraina occupata. Un avvocato citato dal WP in condizioni di anonimato ha affermato che si tratta della «più grande crisi dei diritti umani nella Russia moderna», sottolineando come il fenomeno interessi un numero «astronomico» di persone. L'avvocato oggi trascorre intere giornate a raccogliere informazioni sugli ucraini scomparsi, presentando richieste alla massima autorità giudiziaria russa, per avviare la ricerca delle persone scomparse.

Pure un'ex funzionaria delle forze dell'ordine fuggita dalla Russia ha denunciato quella che ha definito una «situazione sistemica»: «Il rapimento di civili è un elemento di terrore. Le persone sono spaventate perché i loro parenti stanno scomparendo e non è chiaro dove siano o quando torneranno», ha riferito al quotidiano americano.

Le «persone congelate»

Secondo gli attivisti che si occupano della questione, la prigionia dei civili ucraini catturati deve essere posta in cima all'agenda di qualsiasi negoziato di pace, anche prima delle questioni di concessioni territoriali e garanzie di sicurezza per Kiev. Ad oggi, pochissimi civili catturati dai russi sono stati rilasciati, contrariamente ai più numerosi scambi di soldati tra i due Paesi in conflitto.

Il Centro ucraino per le libertà civili, una ONG ucraina che monitora i diritti umani e ha vinto il Nobel per la Pace nel 2022, lo scorso marzo ha stimato che la Russia abbia arrestato circa 7 mila civili. Secondo il governo Kiev, ad oggi, la cifra sarebbe più che raddoppiata.

Gli attivisti definiscono i detenuti civili «persone congelate», in quanto, causa di una scappatoia legale, gli ucraini catturati non esistono nel sistema penitenziario russo prima di essere stati processati. Solamente una piccola minoranza di loro, infatti, avrebbe affrontato procedimenti penali, spesso con l’accusa di terrorismo o sabotaggio, mentre la maggioranza sarebbe trattenuta al di fuori del quadro legale.

I detenuti ucraini si troverebbero «in condizioni terribili» e verrebbero sottoposti a torture fisiche e psicologiche. Inoltre, i tribunali non soddisferebbero «i requisiti di un giusto processo» e spesso i dibattimenti si terrebbero «a porte chiuse senza la partecipazione del pubblico», stando a un rapporto di «First Flight», una rete di attivisti russi contrari alla guerra.

Il Ministero della Difesa russo sostiene invece che i civili catturati vengono trattenuti in conformità con le Convenzioni di Ginevra, anche se la Convenzione sulla protezione dei civili in guerra proibisce la presa di ostaggi civili.

Nessuna pietà per i soldati

Ancora peggiore sarebbe invece il trattamento riservato ai soldati ucraini catturati. Un nuovo reportage del Wall Street Journal racconta nei dettagli di come Igor Potapenko, capo del Servizio penitenziario federale russo di San Pietroburgo e della regione di Leningrado, abbia ordinato alle guardie di sottoporre i prigionieri di guerra a trattamenti brutali, sin dalle prime settimane dell'invasione su vasta scala.

Citando ex funzionari carcerari ed ex prigionieri, il WSJ scrive che Potapenko ha ordinato a un'unità d'élite di guardie carcerarie di «essere crudeli» con i prigionieri di guerra e di «non avere pietà di loro».

Queste politiche riservate esclusivamente agli ucraini, sarebbero state implementate anche in altre regioni della Russia, dove le guardie avrebbero rimosso le proprie bodycam e revocato le restrizioni ufficiali sull'uso della violenza.

Le misure adottate nelle prigioni russe avrebbero spianato la strada a «quasi tre anni di torture incessanti e brutali», stando alle testimonianze di tre ex funzionari carcerari, due delle forze speciali e un membro di un team medico, oggi entrati in un programma di protezione dei testimoni. I tre hanno riferito di prolungate scosse elettriche ai genitali, pestaggi e assenza di cure mediche ai feriti che, in alcuni casi, hanno portato alla cancrena e alla successiva amputazione degli arti.

La Corte penale internazionale (CPI) ha accusato la Russia di aver attaccato i civili e trasportato illegalmente bambini ucraini, emettendo almeno sei mandati di arresto per diversi funzionari russi, tra cui il presidente Vladimir Putin.

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