Il caso

«Quell’iPhone 14 Pro arriverà mai per Natale?»

Il focolaio che coinvolge la più grande fabbrica di iPhone al mondo, a Zhengzhou, sta mettendo a dura prova la catena produttiva di Apple – Sul banco degli imputati c’è la troppa dipendenza dalla Cina
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Red. Online
07.11.2022 12:00

Mettiamola così: se avete ordinato un iPhone 14 Pro per Natale, rischiate di non trovarlo sotto l’albero. Ahia. Il motivo? La scoperta di un focolaio di COVID-19 a Zhengzhou, in Cina, presso il principale sito di produzione del melafonino. Sito che, ora, «sta operando con una capacità significativamente ridotta» secondo quanto è stato comunicato. Di conseguenza, Apple prevede che i suoi clienti «dovranno aspettare più a lungo per ricevere i loro nuovi prodotti». La preoccupazione del colosso tech, infatti, innanzitutto è quella di garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori.

Foxconn, il principale subappaltatore di Apple, sta lottando da ottobre con un forte aumento di contagi presso la fabbrica di Zhengzhou. Per inciso, si tratta della fabbrica di iPhone più grande al mondo. Il gruppo taiwanese, tramite un comunicato stampa, ha annunciato previsioni tutto fuorché rosee con, in particolare, risultati inferiori alle aspettative per la fine dell’anno. L’azienda ha pure aggiunto di essere a stretto contatto con nel autorità nella speranza di poter riprendere a lavorare a pieno regime il più rapidamente possibile.

Foxconn, di suo, ha già messo in atto diverse strategie per contrastare la pandemia e mantenere comunque attiva la produzione. Ad esempio, tramite la creazione di una cosiddetta «bolla di salute» che comprende i dormitori dei dipendenti e la fabbrica. Gli impiegati, leggiamo, sono stati raggruppati in tre dormitori distinti. Letteralmente confinati, la scorsa settimana centinaia di lavoratori – esasperati – hanno preso d’assalto la fabbrica. Foxconn è, in assoluto, il più grande datore di lavoro nel settore privato cinese. Impiega oltre un milione di persone in circa 30 fabbriche e strutture di ricerca in tutto il Paese. Il sito di Zhengzhou, a 600 chilometri dalla capitale Pechino, è formato da 300 mila persone. Persone che, al di là della pandemia, vivono tutto l’anno nella «iPhone City». Una città nella città riservata agli impiegati.

Fino a 3 milioni di iPhone in meno

Quindi? Detto di cosa sta facendo Foxconn a Zhengzhou, quali altre soluzioni sono sul tavolo per evitare cali drastici alla produzione? Un’idea sarebbe quella di spostare il baricentro su altri siti, ma è qualcosa che non può essere fatto dall’oggi al domani: necessita di tempo. La produzione complessiva, secondo gli analisti, non raggiungerà gli obiettivi prefissati a inizio anno. A detta di TrendForce, una società specializzata, Apple questo trimestre produrrà fra i 2 e i 3 milioni di iPhone in meno proprio a causa dei problemi riscontrati a Zhengzhou. L’obiettivo totale era stimato in 80 milioni. Non a caso, Wall Street al riguardo è molto preoccupata tant’è che questa, per Apple e in generale per i titoli tech, potrebbe essere una settimana di passione in Borsa.

Tocca all’India?

Il problema, va da sé, è la forte, fortissima dipendenza di Apple rispetto alla Cina, dove viene prodotto il 90% e oltre dei suoi prodotti. Anche per questo, detto che spostare la produzione dall’oggi al domani non è scontato, il colosso tech sta cercando di avviare con estrema rapidità la produzione dell’iPhone 14 in India. Un cambiamento a suo modo epocale nelle strategie di Apple, che l’anno scorso aveva fatto uscire «solo» 7,5 milioni di iPhone (il 3% della produzione totale) dalle fabbriche indiane. Un cambiamento epocale anche perché, è noto, la manodopera in Cina ha un costo inferiore.

La Cina, in sostanza, sta pagando a caro prezzo la sua famosa (e famigerata) politica zero-COVID. Pechino, insomma, è ancora riluttante a piegarsi alle logiche del mercato. Preferisce mantenere un approccio sanitario radicale e totale: è l’ultima grande economia a farlo. Sabato, ancora, il governo ha annunciato che si atterrà «incrollabilmente» alla citata politica zero-COVID tramite il portavoce della Commissione nazionale per la salute, Mi Feng. Il Paese, al momento, sta lottando tanto contro le infezioni provenienti dall’estero quanto con i focolai interni. La situazione è stata definita «più cupa che mai». Sabato, sono state registrate 3.659 nuove infezioni, nella maggior parte dei casi asintomatiche, un chiaro aumento rispetto ai 2.000 positivi di mercoledì. I focolai attivi e le relative misure di contenimento coinvolgono oltre 50 città: le persone in quarantena sono ai massimi dal maxi lockdown che, la scorsa primavera, aveva coinvolto Shanghai. Difficile, visto il contesto, che Babbo Natale riesca a consegnarvi in tempo l’iPhone ordinato.