Ricordi d’infanzia: «Sei ebrea, non hai diritto all’istruzione»

Fanny Ben-Ami da ragazza ha dovuto affrontare gli orrori del nazismo: i genitori e uno zio sono stati deportati, mentre lei e le sue due sorelline hanno dapprima dovuto nascondersi in un rifugio nella Francia occupata, per non finire nelle mani della Wermacht, e poi raggiungere di nascosto la Svizzera per mettersi in salvo insieme a un gruppo di altri giovanissimi ebrei. In questi giorni Fanny è in Ticino per la Giornata internazionale della Memoria. La abbiamo intervistata.
L’antisemitismo in Europa sta crescendo in modo preoccupante. Ritiene che tra le cause vi sia anche il fatto che in tv i documentari sugli orrori della Seconda guerra mondiale sono sempre più rari, così come le testimonianze di chi ha vissuto in prima persona le persecuzioni?
«L’antisemitismo è sempre esistito. Quando avevo otto anni, rientrando a scuola dopo le vacanze, la maestra mi ha relegato in fondo alla classe dicendomi davanti agli altri allievi che essendo io straniera ed ebrea non avevo diritto all’istruzione. Per cui ho capito subito che nella società cristiana il mio statuto era molto basso».
Lei da ragazza ha vissuto la tremenda esperienza delle persecuzioni naziste. Nel 1943 ha dovuto fuggire dalla Francia e ha perso i genitori, uccisi nei campi di concentramento. Cosa l’ha spinta nel 2011 a scrivere il suo libro «Le journal de Fanny», autobiografia romanzata della sua fuga dai nazisti?
«Il libro è stato scritto per la prima volta in lingua ebraica da una scrittrice israeliana sulla base del mio racconto, con il titolo ‘La petite cheftaine’ (La piccola capo scout ndr). Poi io ho iniziato a portare la mia testimonianza nelle scuole e in altri contesti affinché la gioventù sapesse per quale motivo è nato lo Stato di Israele. Il caso ha voluto che incontrassi la nota scrittrice Susie Morgenstern che mi ha convinto a scrivere il libro in francese e mi ha anche raccomandato la casa editrice ‘Editions Seuil’. È nato così ‘Le journal de Fanny’. Sono contenta di averlo fatto, in quanto sono francese».
I disegni sulla sua infanzia che ha dipinto nel recente passato, cosa rappresentano per lei?
«I disegni che ho fatto rappresentano i ricordi di quei tempi di cui porto le immagini dentro di me. Tali disegni rappresentano la mia firma».
Come mai ha rifiutato di ricevere la Legione d’Onore francese per la sua partecipazione alla Resistenza?
«La Legione d’Onore è una decorazione francese, e sono dei francesi che avrebbero potuto salvare i miei genitori e mio zio. Non avendolo fatto sono responsabili della loro deportazione».
Nel mondo dei nostri giorni vi sono brutali conflitti nei quali la persecuzione dei più deboli è ancora una triste realtà. Penso ad esempio ai migranti incarcerati e torturati in Libia. Crede che gli anni bui del nazismo non abbiano insegnato nulla all’umanità?
«L’umanità ha soprattutto appreso a meglio perseguitare, con metodi moderni, pretendendo che quello che viene fatto rappresenti un atto di giustizia. Si usa così l’odio per uccidere ‘per il giusto’».
Lei vive da anni in Israele dove le tensioni tra ebrei e palestinesi non si allentano. Riesce a credere in una futura convivenza pacifica tra i due popoli?
«Mi dispiace per le tensioni che abbiamo con i palestinesi. Sono sicura che alcuni aspirino a una vita tranquilla. Vorrei però concludere l’intervista sottolineando la mia ammirazione per il lavoro svolto da persone come Adrian Weiss, presidente della sezione Ticino dell’Associazione Svizzera-Israele, Laura Franchini e Arianna Corona (professoresse della Scuola media Barbengo ndr) che si impegnano per donare la speranza e un avvenire migliore a dei giovani rifugiati».