Tensioni

Scontri, proteste e arresti in Iran: gli agenti aprono il fuoco sui manifestanti

Gli studenti commemorano Mahasa Amini, e non mancano atti di repressione del regime: le forze di sicurezza hanno sparato contro alcune persone a Teheran
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Ats
16.09.2023 13:24

Le forze di sicurezza in Iran hanno sparato contro alcune persone che stavano manifestando a Teheran in occasione del primo anniversario della morte di Mahsa Amini, la giovane che ha perso la vita dopo essere stata messe in custodia perché non portava correttamente il velo. Lo si apprende da video pubblicati sui social media.

Alcuni manifestanti sono stati arrestati nella capitale iraniana, nei pressi dell'Università di Teheran e di piazza Azadi. Gli agenti hanno impedito l'accesso ai cimiteri dove sono sepolti manifestanti uccisi negli scontri durante le dimostrazioni dello scorso anno.

Proteste e arresti

«Un certo numero di persone che stavano scattando foto e girando video di negozi e centri commerciali e volevano mandarli a media dissidenti all'estero sono stati arrestati dalle forze di sicurezza questa mattina». Lo ha dichiarato il vice governatore generale della provincia del Kurdistan iraniano Mehdi Ramezani.

«Gli arrestati, affiliati a gruppi terroristi anti rivoluzionari, stavano organizzando raduni a Marivan e Sanandaj e pianificavano sabotaggi», ha aggiunto il funzionario, come riporta Irna.

Da questa mattina, sono rimasti chiusi per uno sciopero i negozi in varie località curde, tra cui Saqqez, la città di cui era originaria Mahsa Amini.

Da giorni è stata segnalata una massiccia presenza delle forze di sicurezza in varie città del Paese, soprattutto a Teheran e nel Kurdistan iraniano mentre in varie città sono state denunciate interruzioni all'accesso a internet per impedire possibili proteste.

Secondo attivisti dei diritti umani, almeno 91 curdi sono stati arrestati e centinaia interrogati nelle ultime due settimane. A Sarpol-e Zahab, nella provincia di Kermanshah, sette giovani sono stati arrestati per «azioni mirate ad incoraggiare il popolo a partecipare a proteste», in occasione dell'anniversario della morte di Mahsa, che lo scorso anno provocò un'ondata di dimostrazioni antigovernative in molte città del Paese che andarono avanti per mesi.

La commemorazione

Gli studenti universitari iraniani hanno commemorato Mahsa Amini, nel giorno del primo anniversario della sua morte. «Stringendo le catene della repressione, della povertà e dell'oppressione, il governo ha semplicemente spinto gli studenti e il popolo dell'Iran ad essere più determinati nella loro opposizione verso la Repubblica islamica», si legge in una dichiarazione degli universitari dell'ateneo di Beheshti a Teheran, pubblicata dal Consiglio del sindacato degli studenti.

«La nostra risposta alle forze totalitarie è un 'no' alla Velayat-Faqih (dottrina teologico-politica del fondatore della Repubblica islamica Ruhollah Khomeini), un 'no' alle Guardie della Rivoluzione, al clero e alle esecuzioni della pena di morte. La lotta continuerà fino a che il nemico non sarà gettato nel cestino della spazzatura della Storia», hanno dichiarato con un comunicato gli studenti dell'Università Elm-o-Sanat di Teheran.

«Non resterà al potere alcun governo, la Repubblica islamica è oggi consapevole che la propaganda non funziona e per questo ricorre alla repressione», si legge in una dichiarazione degli studenti dell'Università Amir Kabir.

La protesta in carcere

Almeno sette donne, incarcerate nella prigione di Evin a Teheran per motivi politici, hanno commemorato nel cortile del carcere Mahsa Amini. Le donne hanno bruciato il loro hijab in segno di protesta, tenuto un sit-in gridando lo slogan simbolo delle proteste dello scorso anno, «donna, vita, libertà», e contestando la Repubblica islamica e la Guida suprema Ali Khamenei.

«L'uccisione e l'esecuzione della pena capitale per alcuni giovani della nostra terra, come anche l'incarcerazione e la tortura di altri manifestanti sono ferite sui nostri corpi e sulle nostre anime ma d'altra parte sono anche le fiamme della speranza e il motivo per continuare la lotta fino alla vittoria», si legge in un comunicato, pubblicato sui social media, da parte delle donne incarcerate a Evin che hanno manifestato: Narges Mohammadi, Sepideh Gholian, Azadeh Abedini, Golrokh Iraee, Shakila Monfared, Mahboubeh Rezai e Vida Rabbani.