Se il fumo degli incendi boschivi è molto più pericoloso di quanto si pensasse

Spagna. Portogallo. Francia. Grecia. Albania. Sono solo alcuni dei Paesi europei che, nelle ultime settimane, sono stati travolti dalle fiamme degli incendi boschivi. Roghi che hanno colpito, soprattutto, la penisola iberica, con impatti devastanti sull'ambiente. In Spagna, negli scorsi giorni, le emissioni di carbonio hanno raggiunto livelli senza precedenti. Il fumo degli incendi ha raggiunto persino i Paesi scandinavi, compromettendo la qualità dell'aria in vaste aree. In alcuni casi, si tratta di zone che avevano già subito gli effetti dei roghi canadesi scoppiati nel mese di giugno.
Il quadro, insomma, è preoccupante. E a renderlo ancor più allarmante è un nuovo studio pubblicato, proprio in questi giorni, dai ricercatori dell'ISGlobal (Barcelona Institute for Global Health). Come si apprende dai dati contenuti nell'indagine, il fumo soffocante emesso dagli incendi boschivi è molto più pericoloso di quanto si pensasse. Tanto che il bilancio delle vittime, dovuto all'esposizione a breve termine alle polveri sottili, viene sottostimato del 93%.
I ricercatori, rivela lo studio, hanno scoperto che in media 535 persone in Europa sono morte ogni anno tra il 2004 e il 2022 a causa dell'inalazione di minuscole particelle tossiche, note come PM2.5. Particelle che, guarda caso, vengono rilasciate durante gli incendi boschivi. Con i metodi standard, che presuppongono che il PM2.5 proveniente dagli incendi boschivi sia letale quanto quello proveniente da altre fonti, come il traffico, ci si sarebbe aspettati solo 38 decessi all'anno.
Un dato preoccupante, soprattutto alla luce di quanto successo nelle ultime settimane. Secondo i nuovi dati provenienti dagli osservatori antincendio dell'UE, nel 2025 sono andati in fiamme 895.000 ettari di boschi, battendo ogni record per questo periodo dell'anno. Ciò comporta anche un rilascio di più del doppio della quantità di PM2.5 generata, in media, dagli incendi boschivi a questo punto dell'anno, negli ultimi due decenni.
«In precedenza, si dava per scontato che le particelle provenienti dagli incendi boschivi e tutte le particelle avessero la stessa tossicità», ha dichiarato al Guardian la professoressa Cathryn Tonne, epidemiologa ambientale all'ISGlobal e coautrice dello studio. «Il nostro studio dimostra che, sebbene ciò accada meno spesso, l'impatto sulla salute per la stessa quantità di particelle è maggiore per le particelle provenienti dagli incendi boschivi».
L'aria inquinata, dunque, viene etichettata come «una delle maggiori minacce per la salute umana». E, come suggerisce lo studio, gli incendi boschivi contribuiscono in modo significativo all'elevato numero di vittime. I ricercatori dell'ISGlobal, che hanno preso in esame solo gli effetti a breve termine del fumo – per i quali le prove sono più solide – hanno combinato i dati sulla mortalità giornaliera di 32 paesi europei con le stime dell'inquinamento da PM2,5 dal 2004 al 2022. Utilizzando modelli che tengono conto di un ritardo previsto nei decessi, hanno scoperto che l'esposizione al fumo degli incendi boschivi aumentava il rischio di morte nella settimana successiva.
Nello specifico, hanno rilevato che per ogni microgrammo in più di PM2.5 presente in 1 metro cubo d'aria, la mortalità per tutte le cause aumentava dello 0,7%, la mortalità respiratoria aumentava dell'1% e la mortalità cardiovascolare aumentava dello 0,9%. Risultati, questi, definiti «preoccupanti», soprattutto pensando a come il cambiamento climatico stia rendendo questi eventi estremi sempre più frequenti.
Gli incendi delle ultime settimane, infatti, hanno causato diverse vittime, soprattutto nell'Europa meridionale e nei Balcani. Ma come sottolinea il Guardian, è probabile che le vittime dei fumi tossici, rilasciati dagli incendi, passino inosservate. Oltretutto, il fumo può colpire anche popolazioni lontane dal luogo in cui scoppiano le fiamme. E in futuro, saranno sempre di più le persone esposte al fumo, nonostante gli incendi scoppino a centinaia e centinaia di chilometri di distanza.