Se la mobilitazione russa riguarda anche i senzatetto

Mobilitazione. A che punto siamo? Soprattutto, chi sta chiamando Vladimir Putin per andare a combattere, senza la necessaria formazione e con un equipaggiamento scarso, in Ucraina? Gruppi più vulnerabili e minoranze, secondo quanto riportato martedì dal sito indipendente Mediazona.
Avevamo già scritto, d’altro canto, che le autorità russe hanno pescato a piene mani da regioni remote o «scomode» come Daghestan, Tatarstan, Yakutia e Buryatia. Provocando, da un lato, accese proteste e, dall’altro, rassegnazione. Della serie: se mi arriva una convocazione, dove vuoi che vada?
Ora, appunto, Mediazona ha riferito di ulteriori soprusi. A Mosca, in particolare, agenti hanno trascinato nei centri di arruolamento militare senzatetto e bisognosi. Pescandoli, si fa per dire, direttamente dagli ostelli. Anche i lavoratori migranti sono finiti, loro malgrado, nella rete.
«Contro la loro volontà»
A lanciare l’allarme, in questo senso, è stato il gruppo Food Not Bombs, attivo fra i senzatetto della capitale. Decine e decine di persone, leggiamo, sarebbero state portate via dalla strada e consegnate direttamente negli uffici predisposti all’arruolamento militare. Tutto questo, dicevamo, nei giorni e nelle settimane successive alla mobilitazione «parziale» annunciata da Putin.
«La polizia – ha detto il responsabile di Salvation Hangar, organizzazione cristiano-ortodossa attiva fra i senzatetto – viene qui senza che nessuno ne avesse chiesto l’intervento. Gli agenti vedono una fila di persone in attesa di cibo, le afferrano per la collottola, contro la loro volontà». Ahia. Quindi, avviene il caricamento sugli autobus.
L'operazione al Travel Inn
C’è chi, per fortuna, è stato portato al commissariato militare ma poi è stato lasciato andare. «Un uomo di 60 anni – ha detto un rappresentante di Food Not Bombs – è stato rilasciato ed è tornato in ostello perché non soddisfaceva i criteri di età, visto che l’esercito trattiene solo uomini fino ai 45 anni».
Le autorità, in questi giorni, stanno battendo a tappeto proprio gli ostelli, usati come residenza da migranti, tassisti, piccoli manager. Un ospite del Travel Inn di Mosca, ad esempio, ha detto che lo scorso 8 ottobre la polizia ha isolato l’area attorno alla struttura e, successivamente, ha iniziato a perquisire le stanze. Chiedendo, va da sé, i documenti agli ospiti.
Alcuni di questi ospiti, beh, sono stati precettati. «A coloro a cui sono stati notificati i documenti di leva è stato ordinato di venire con le loro cose il giorno successivo alle 9.00 e i loro passaporti sono stati confiscati» ha proseguito il testimone. «Coloro a cui non sono state consegnate le bozze sono stati rilasciati».
Le fughe
L’annuncio della mobilitazione, c’era da aspettarselo, ha gettato nello sconforto e nel panico intere generazioni, soprattutto quelle più giovani. Centinaia di migliaia di uomini, anche qui ne abbiamo parlato a più riprese, hanno fatto i bagagli e lasciato la Federazione Russa. Trovando riparo in Turchia, Georgia, altre ex repubbliche sovietiche, Serbia e Balcani, perfino Stati Uniti (con «spiaggiamento» in Alaska e relativa richiesta di asilo), Norvegia e Corea del Sud.
A partire, nella maggior parte dei casi, è stata la classe medio-alta. Chi, insomma, poteva permetterselo. Numerosi rapporti, non a caso, hanno sottolineato come la mobilitazione abbia «pestato forte» sulle regioni più povere, le minoranze e ambienti poco o per nulla protetti, come quelli in cui vivono in senzatetto o i lavoratori migranti.