Se la ricerca di cibo a Gaza si trasforma in una trappola mortale

Le forze militari israeliane (IDF) da settimane attaccano i civili palestinesi affamati che cercano di ottenere cibo nei centri di distribuzione di aiuti umanitari gestiti dalla controversa Gaza Humanitarian Foundation (GHF). Secondo la ONG Human Rights Watch (HRW), questi atti rappresentano «gravi violazioni del diritto internazionale», nonché «crimini di guerra».
Stando all’ONU, tra il 27 maggio e il 31 luglio, almeno 1.373 palestinesi sono stati uccisi mentre cercavano di procurarsi beni di prima necessità, la maggior parte dei quali colpiti dall'esercito israeliano, comprese 859 persone che si trovavano nelle immediate vicinanze dei siti gestiti dalla GHF.
La terribile situazione umanitaria, evidenzia Human Rights Watch, è il risultato diretto «dell'uso da parte delle autorità dello Stato ebraico della fame dei civili come arma di guerra, nonché della continua privazione di aiuti internazionali e servizi di base al popolo della Striscia di Gaza». Secondo la ONG, le azioni del governo israeliano equivalgono a «crimini contro l'umanità e atti di genocidio».
Belkis Wille, direttrice associata per le crisi e i conflitti di HRW ha spiegato che «le forze israeliane non solo stanno deliberatamente facendo morire di fame i civili palestinesi, ma ora li stanno anche uccidendo quasi ogni giorno mentre cercano disperatamente cibo per le loro famiglie», aggiungendo che «le forze israeliane sostenute dagli Stati Uniti e i contractor privati hanno messo in atto un sistema di distribuzione degli aiuti militarizzato e difettoso che ha trasformato le distribuzioni in regolari bagni di sangue».
La ONG punta il dito pure contro la comunità internazionale, in quanto non starebbe facendo abbastanza pressione sulle autorità israeliane affinché «cessino immediatamente l'uso della forza letale come metodo di controllo dei civili palestinesi». I governi internazionali dovrebbero pure chiedere la revoca delle «illegali restrizioni» ai valichi della Striscia di Gaza, permettendo così un adeguato rifornimento di acqua, cibo e medicine.
Secondo HRW, le Nazioni Unite e altre organizzazioni umanitarie dovrebbero essere autorizzate a riprendere la distribuzione di aiuti a Gaza su larga scala e senza restrizioni, poiché «hanno dimostrato di essere in grado di sfamare la popolazione in linea con gli standard umanitari e come richiesto dalle sentenze vincolanti della Corte Internazionale di Giustizia nel caso di genocidio del Sudafrica contro Israele».
A maggio, dopo oltre 11 settimane di blocco totale imposto da Israele a Gaza, è entrato in funzione il meccanismo di distribuzione della GHF, la quale opera in coordinamento con l’IDF. L'obiettivo delle autorità israeliane, evidenzia la ONG, sarebbe quello di «sostituire definitivamente la distribuzione di aiuti umanitari da parte dell’ONU e di altre organizzazioni umanitarie».
Il sistema della GHF è gestito da due società private statunitensi in subappalto: la Safe Reach Solutions (SRS) e la UG Solutions, in coordinamento con l' esercito israeliano . Le aziende hanno dichiarato alla ONG di essere «impegnate esclusivamente a consegnare cibo ai civili in difficoltà» e di essere «indipendenti da qualsiasi governo», ma tutti e quattro i siti di distribuzione si trovano all'interno di aree militarizzate. Tre siti si trovano a Rafah, che le autorità israeliane hanno in gran parte raso al suolo e dove hanno proposto di concentrare la popolazione di Gaza. Uno si trova nella zona di sicurezza israeliana nota come Corridoio di Netzarim, che taglia Gaza a metà. Nessuno dei siti, denuncia HRW, è accessibile alla popolazione del nord della Striscia, che invece dipende dal sistema di distribuzione guidato dalle Nazioni Unite.
Invece di consegnare cibo alle persone in centinaia di siti accessibili in tutta Gaza, il nuovo meccanismo richiede ai palestinesi di attraversare «terreni pericolosi e distrutti». Secondo diversi testimoni citati da HRW, le forze israeliane controllano gli spostamenti dei palestinesi verso i siti attraverso l'uso di armi. All'interno dei siti, la distribuzione degli aiuti in sé è un «tutti contro tutti» incontrollato, che spesso lascia senza niente le persone più vulnerabili e deboli. Secondo altri testimoni intervistati da Human Rights Watch, le forze israeliane hanno regolarmente sparato contro i civili, anche durante la distribuzione degli aiuti.
Lo scorso 29 luglio, gli esperti mondiali di insicurezza alimentare dell'Integrated Phase Classification (IPC), hanno affermato che «nella Striscia di Gaza si sta attualmente verificando lo scenario peggiore di carestia». Stando al Ministero della Salute di Gaza, dal 7 ottobre 2023 al 30 luglio 2025, almeno 154 persone, tra cui 89 bambini, sono morte per malnutrizione. Il 27 luglio, l'esercito israeliano ha annunciato che avrebbe ripreso i lanci aerei, designato percorsi sicuri per l'ingresso degli aiuti e attuato «pause umanitarie» nelle aree popolate per facilitare gli aiuti.
Human Rights Watch non è a conoscenza di alcuna prova nei casi documentati che le persone uccise rappresentassero una minaccia imminente alla vita al momento dell'uccisione. Secondo Belkis Wille gli Stati Uniti sono «indifendibili», in quanto «invece di usare la loro significativa influenza per spingere Israele a porre fine ai suoi continui atti di genocidio, sostengono e finanziano un meccanismo mortale che porta le forze israeliane a uccidere civili palestinesi affamati come metodo di controllo della folla».