Se Putin si affida alle icone sacre

La Russia non sa più che pesci pigliare. O, meglio, a che santo votarsi. Fra le truppe al fronte, impegnate nei preparativi per resistere all'annunciata controffensiva ucraina, il morale è notoriamente basso. Tanto che, con l'obiettivo di risollevarlo, nelle scorse settimane ci si è affidati alla fede. Un'icona religiosa, una replica di un'acheropita di Gesù Cristo, sta passando di base militare in base militare, di unità in unità, per essere venerata dai soldati.
Un filmato trasmesso tre giorni fa dalla TV statale Zvezda, riporta il Telegraph, mostra i militari — con un rappresentante della Chiesa ortodossa, l'arciprete Vyacheslav Vabishchevich — insieme all'icona. E c'è chi la ammira, chi si inginocchia, chi la bacia. «Il comando del gruppo di battaglia ha deciso di fare una processione per passare l'icona da unità a unità. La consegneremo a tutti, che sia in prima linea o nelle retrovie, non importa», ha spiegato l'ecclesiastico.
L'immagine sacra, riporta il quotidiano britannico, sarebbe stata benedetta dal patriarca Kirill, e portata al fronte da Putin in persona, nel corso della sua visita di aprile nelle regioni di Kherson e Lugansk.

I precedenti
Non è la prima volta che Putin si affida alla religione per sostenere lo sforzo bellico e migliorare l'umore delle proprie truppe. Sin dai primi mesi, il presidente russo aveva definito il conflitto una vera e propria «guerra santa». E si era appoggiato allo stesso patriarca Kirill per legittimare l'invasione. Non solo: tempo fa, aveva concesso la distribuzione di icone tascabili alle truppe. «Putin ha una superstizione primitiva per tutto ciò che riguarda la religione», ha dichiarato Ksenia Luchenko, scrittrice che si occupa di questioni ecclesiastiche, alla stazione radio dei media in esilio Ekho Moskvy.
Per sottolineare e rafforzare il legame fra Cremlino e Chiesa, il 15 maggio lo zar ha emanato un decreto per spostare l'icona ortodossa più preziosa della Russia — La Trinità, realizzata dal pittore Andrej Rublev nel XV secolo — dalla Galleria Tretyakov di Mosca alla Cattedrale della Trinità (dalla quale proviene). Il tutto, ça va sans dire, contro il volere di curatori e restauratori del museo, i quali ritengono che l'inestimabile opera, composta da tre assi di legno unite, sia troppo fragile per questo viaggio di sola andata. Le condizioni nelle quali sarebbe tenuta porterebbero ben presto alla sua irreparabile distruzione.
Poco importa, pare. Tutto pur di guadagnare qualche punto fra esercito e, soprattutto popolazione. La Chiesa ortodossa russa, la prima a diffondere la notizia del trasferimento, ha affermato che Putin non ha fatto altro che accogliere «numerose richieste dei credenti».
Ma il consenso non sembra essere generale, nemmeno fra i sostenitori del presidente. Un esempio? Mikhail Shvydkoi, ex ministro della Cultura e da tempo inviato plenipotenziario del Presidente per la cooperazione culturale, ha scritto un articolo per il giornale Rossiyskaya Gazeta (quotidiano ufficiale del governo della Federazione russa), avvertendo che «spostare capolavori come la Trinità da un contesto museale potrebbe causare danni irreparabili che devono essere evitati».