Se Trump fa scendere l'esercito nelle strade

Trump mobilita l’esercito per stroncare le proteste a Los Angeles senza una richiesta da parte delle autorità locali che si indignano per questa decisione. Il presidente statunitense rischia grosso sul fronte interno, dopo non aver brillato su quello internazionale, con la promessa non mantenuta di un rapido ritorno della pace tra Russia e Ucraina e a Gaza. Anche la battaglia dei dazi, avviata contro diversi Paesi, ha finora prodotto più confusione che reali benefici all’economia statunitense. Chiaro quindi che l’inquilino della Casa Bianca ora punti molto sulla sua crociata contro l’immigrazione illegale, unico ambito nel quale la sua amministrazione ha saputo raggiungere dei chiari risultati, anche se a volte con metodi in contrasto con le stesse leggi americane. I filmati diffusi in diverse occasioni da Tv e social media sulla caccia all’uomo scatenatasi in diverse località USA da parte delle forze speciali non sono edificanti, anche se è indiscutibile che i forti flussi migratori siano un grosso problema. Il fenomeno del resto è ben noto anche in Europa. Trump, come sua abitudine, ha usato toni forti per giustificare la mobilitazione a Los Angeles della Guardia nazionale, prima, e dei marines, in un secondo momento.
The Donald ha denunciato un’insurrezione a Los Angeles, un termine che forse non avrebbe dovuto usare chi, il 6 gennaio del 2021, istigò il sanguinoso assalto a Capitol Hill e poi attese un paio d’ore prima di invitare i suoi seguaci a desistere dalle violenze. Ora nella metropoli californiana sono stati gli oppositori del tycoon a scatenare una forte protesta contro il modo di agire dei reparti appositamente formati dall’amministrazione Trump per dare la caccia agli immigrati illegali. Come spesso accade in occasione di manifestazioni di dissenso di questo genere, a scendere nelle strade non vi è solo chi solidarizza con i migranti, ma anche coloro che per un motivo o per l’altro si sentono messi all’indice o penalizzati dalla nuova classe dirigente del Paese. Le migliaia di dipendenti pubblici licenziati in malo modo nei primi mesi dell’anno dalla squadra guidata da Elon Musk (quando ancora era il pupillo di Trump), i professori e gli studenti universitari progressisti, le persone discriminate per il loro sesso o per le loro origini e altri cittadini stanno probabilmente solidarizzando con chi in questi giorni è sceso in piazza a Los Angeles e in diverse altre città degli States per protestare contro l’agire del Governo federale. In gioco non vi è solo la questione dei migranti. Il presidente USA, stando ad alcuni analisti, starebbe cercando di approfittare dei disordini di Los Angeles per mettere in cattiva luce Gavin Newsom, il carismatico governatore democratico della California che potrebbe dare del filo da torcere ai repubblicani nelle prossime elezioni federali. Ad ogni modo, qualunque siano le intenzioni di Trump, con il passare dei mesi le tensioni interne nel Paese invece di diminuire stanno pericolosamente aumentando.
Al di là delle pesanti accuse scambiatesi in questi giorni tra il presidente statunitense e i più alti dirigenti politici californiani, c’è da augurarsi che le attuali tensioni politiche e sociali presenti negli Stati Uniti rientrino il prima possibile. L’odio mostrato finora dal «Commander in Chief» e dal suo entourage nei confronti dei «latinos» potrebbe produrre pesanti conseguenze sulla stabilità sociale del Paese. Basti pensare che nella megalopoli Los Angeles una chiara maggioranza della popolazione è di origine latinoamericana e finora solo una piccolissima parte si è lasciata andare a dei vandalismi.