Se Trump vuole trasferire i richiedenti l'asilo a Palau

Trump ha le idee chiare. I richiedenti l'asilo attualmente residenti negli Stati Uniti devono essere trasferiti altrove. E non in un posto qualunque. L'amministrazione Trump si è infatti rivolta alla piccola nazione di Palau, nel cuore del Pacifico. Un Paese insulare di soli 18.000 abitanti, che lo rende uno dei meno popolosi al mondo, non proprio facile da raggiungere.
Perché il presidente abbia puntato gli occhi proprio su Palau non è ancora del tutto chiaro. Ciò che si sa è che la nazione, attualmente, sta valutando una bozza di accordo per il reinsediamento di «cittadini di Paesi terzi provenienti dagli USA che potrebbero richiedere protezione e non essere rimpatriati nel loro Paese d'origine».
Nella bozza, tuttavia, non viene specificato il numero di persone che dovrebbero essere trasferite a Palau. Tantomeno viene precisato che cosa riceverebbe il Paese in cambio. «Entrambe le parti terranno conto... delle richieste di asilo, protezione dei rifugiati o protezione temporanea equivalente presentate da cittadini di Paesi terzi», si legge ancora nel documento. Poi, un'altra precisazione. «Il governo degli Stati Uniti d'America non trasferirà minori non accompagnati ai sensi del presente accordo».
Come detto, però, quella ricevuta da Palau non è una proposta definitiva. Anzi, una lettera del presidente, Surangel Whipps Jr., riguardante la bozza di accordo, sottolinea che la questione è ancora aperta e deve ancora essere discussa. «Palau avrà piena discrezionalità nel decidere se accettare o meno qualsiasi individuo», ha chiarito il presidente.
Trump, insomma, attraverso la collaborazione di Palau, vuole continuare il suo piano di espulsione dei migranti, come già fatto, grazie alla sentenza della Corte Suprema arrivata a giugno, con il trasferimento di individui tra cui Sud Sudan ed Eswatini. Come detto, non c'è, ufficialmente, un motivo per cui Trump abbia scelto proprio Palau per continuare il suo progetto. Ma secondo gli esperti, la scelta sarebbe verosimilmente legata alla posizione remota del Paese. Il presidente, infatti, ha avanzato richieste a decine di altri Paesi. La maggior parte di questi, però, «sono piccoli, lontani dagli Stati Uniti e sconosciuti per la maggior parte degli americani», ha argomentato, interpellata dal Guardian, Doris Meissner, a capo del programma di immigrazione statunitense del Migration Policy Institute. «Il motivo di tali azioni è principalmente quello di aumentare la paura nelle comunità di immigrati negli Stati Uniti di essere mandati in luoghi lontani dove non hanno familiari o altri legami», ha spiegato Meissner.
Non solo. Non è la prima volta che gli Stati Uniti chiedono a Palau di accogliere persone: nel 2009, il Paese aveva accettato di reinsediare 17 musulmani cinesi detenuti nella baia di Guantanamo.
Tuttavia, a differenza degli Stati Uniti, Palau non è firmataria della Convenzione delle Nazioni Unite sui Rifugiati, un trattato internazionale che obbliga i Paesi a proteggere le persone in fuga da persecuzioni e che fornisce un quadro di riferimento su come i richiedenti asilo e i rifugiati debbano essere trattati nel paese di accoglienza. Quanto al rapporto con gli USA, Palau e gli Stati Uniti sono uniti da un forte legame grazie all'accordo Compacts of Free Association (Cofa), che garantisce al Paese milioni di dollari in aiuti e sostegno al bilancio.
Per questo motivo, gli esperti pensano che i leader di Palau possano sentirsi «spinti» ad accettare l'accordo. Sebbene, con ogni probabilità, non avrà alcun beneficio materiale per il Paese.