La storia

«Sei russo e nessuno ha bisogno del tuo singolo in inglese»

Artisti, musicisti e comici che hanno lasciato la Russia dopo l'invasione su larga scala dell'Ucraina, ma anche prima per contrasti con il Cremlino, sono confrontati a una sfida: conquistare un nuovo pubblico – C'è chi, per farlo, ha abbracciato l'inglese
Noize MC. © Flickr/Kerrin Key
Red. Online
03.08.2024 15:30

Il rapper russo Noize MC, nel suo primissimo brano inciso in inglese, Kalinka, non ha usato giri di parole. Catturando, come scrive il Moscow Times, le paure e le sfide cui sono confrontati artisti, musicisti e comici russi che hanno lasciato il Paese dopo l'invasione su larga scala dell'Ucraina da parte dell'esercito di Mosca (ma anche prima) e che, ora, cercano un nuovo inizio all'estero. Nella speranza di abbracciare un pubblico mai affrontato prima. Quello occidentale. «Nessuno ha bisogno del tuo singolo in inglese nel mondo anglofono» canta, con una certa amarezza, Noize MC.

La sfida, di per sé, è complicata. Anche perché la concorrenza è agguerrita. E già affermata. Noize MC, come altri connazionali, non appena ha lasciato la Russia (fisicamente e artisticamente) si è trovato di fronte a un bivio: abbracciare l'inglese, nelle esibizioni, o mantenere il russo come lingua? Pur preoccupandosi, come ammesso in Kalinka, della sua scelta, Noize MC ha preferito passare all'inglese. Russo, venendo al singolo, è il nome del brano, Kalinka appunto, come l'omonima canzone popolare russa che evoca una certa nostalgia di casa di cui riprende la melodia. Un contrasto, voluto, con l'esperienza di Noize MC nel suo Paese. Nel dicembre del 2021, a pochi mesi dall'invasione dell'Ucraina, il governo di Vladimir Putin aveva avviato un'indagine sui testi del rapper per «estremismo». Il motivo? Un post, sarcastico, sui social. Noize MC aveva lasciato la Russia e ottenuto un visto umanitario per la Lituania, assieme alla sua famiglia, all'inizio del 2022. 

A distanza di oltre due anni, durante un'intervista via Telegram Noize MC – il cui vero nome è Ivan Alekseyev – ha dichiarato di voler raggiungere un pubblico più vasto rispetto alla diaspora di russi, ucraini e bielorussi in giro per l'Europa. L'obiettivo, ha aggiunto, è di «rimanere legato» alle sue radici ma, al contempo, scrivere più canzoni in inglese «per poter condividere il mio messaggio a livello globale». Un messaggio, evidentemente, di natura politica. «La musica è uno strumento potente per sensibilizzare l'opinione pubblica e ispirare il cambiamento» ha dichiarato il diretto interessato. «Credo che sia fondamentale usare la mia piattaforma per parlare contro l'oppressione e sostenere coloro che lottano per i loro diritti». Non solo, l'obiettivo è altresì quello di distrarre chi, dall'oggi al domani, si è visto stravolgere la propria vita. Un esercizio, ha detto Noize MC, per capire «chi siamo». Anche rispetto a un Paese lontano.

Altri artisti, riferisce il Moscow Times, continuano invece a lavorare nella loro lingua madre, come lo street artist Andrey Toje trasferitosi in Serbia. Di recente, ha ricoperto i simboli pro-guerra che si trovano spesso nelle strade di Belgrado, a partire dalla famigerata «Z», con un vetro e le istruzioni «rompere il vetro in caso di emergenza». Detto ciò, per Toje gli ultimi non sono stati anni facili. Ha impiegato un bel po', ad esempio, per ritrovare la sua creatività. Anche perché, ha detto, «in Russia avevo esaurito tutte le mie idee e mi concentravo solo sulla sopravvivenza, dormendo sui divani degli amici con solo un asciugamano». Con il tempo, ha trovato la motivazione per continuare a fare arte rivolta al pubblico russo, soprattutto sulla guerra: «L'argomento è ancora attuale e non dobbiamo dimenticarlo. Non posso fare qualcosa di divertente mentre tutto questo è ancora in corso. La mia motivazione è quella di creare un dialogo tra i russofoni presenti un Serbia. Magari scattano foto delle mie opere e le condividono». Il punto è capire se la diaspora, ormai ampiamente stanca della guerra e concentrata sulle proprie vite di migranti, presterà davvero attenzione.

I Ploho, una band post-punk siberiana nota per le sue voci basse e il suo magistrale lavoro di chitarra, ribadisce il Moscow Times, aveva lasciato la Russia nel 2022. Da allora, come Noize MC e molti altri, sta girando l'Europa nel tentativo di attirare un nuovo pubblico. La band ha cambiato musica ma non lingua: «La vita a Novosibirsk era deprimente, di per sé, e questo si rifletteva nelle nostre canzoni» ha spiegato il frontman Viktor Uzhakov. «Ora la nostra musica è meno deprimente. È più incentrata sull'amore e sulle questioni sociali». E ancora, a proposito della scelta di rimanere fedeli al russo: «Per scrivere canzoni in un'altra lingua, devi essere in grado di pensare e vivere in essa. Non era né può essere il nostro caso».

Nonostante la barriera linguistica, Uzhakov vede che l'interesse per i Ploho sta crescendo anche fra il pubblico cosiddetto occidentale e non solo fra gli emigrati russi. Difficile, tuttavia, capire se la band stia avendo successo o meno: «Le sale che ci vengono messe a disposizione sono quasi sempre piene e non ci lanciano pomodori marci, il che è già qualcosa» ha detto Uzhakov. Di sicuro, l'inizio non è stato facile. Per tutto il 2022, i concerti europei dei Ploho e di molti altri artisti russi erano stati annullati sulla scia dell'invasione dell'Ucraina. E questo nonostante le chiare, chiarissime posizioni anti-guerra della band. Lentamente, le cose sono migliorate: «Gradualmente, i Paesi e i cittadini europei hanno capito che non siamo terroristi o maniaci e che non abbiamo occupato le terre di nessuno. Siamo solo un gruppo che suona musica e vogliamo continuare a farlo». Anche se le restrizioni sui visti sono un ostacolo crescente, Uzhakov ha detto che «da persone che hanno vissuto in Russia siamo abituate alle difficoltà».

I Ploho, leggiamo, otterranno un visto come artisti in Francia, dove potranno risiedere stabilmente. Toje, per contro, conta di rimanere a Belgrado. In compagnia, secondo le stime, di altri 300 mila russi. Né Uzhakov né tantomeno Toje avevano pianificato di lasciare la Russia prima della guerra. Il primo, conclude il Moscow Times, aveva detto che, sebbene ami le persone e la struttura della società europea, non intende farne parte. Non del tutto, diciamo: «Non sono il tipo di persona pronta ad assimilarsi in un altro Paese, in un'altra lingua e in un'altra cultura. Non avevo pianificato di trasferirmi, si è trattato di una misura necessaria e non di una scelta romantica».  

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