Vaticano

Sgrò: «Ho scritto al Papa perché riapra il caso Estermann»

Dallo studio dei documenti emergono dettagli «illuminanti», dice Sgrò, su una indagine frettolosa e che all'epoca, era il 1998, aveva sollevato moltissimi interrogativi presso l'opinione pubblica aprendo il campo anche a speculazioni e dietrologie
©RICCARDO ANTIMIANI
Ats
29.11.2022 20:49

«Dopo un'ora era stato dato Cedric come colpevole, non si sa che cosa abbia fatto Estermann quel giorno, non si sa che cosa abbia fatto la moglie Gladys Romero quel giorno, i medici legali entrano in casa a fare i rilievi alle dieci e intorno alle dieci e mezza di sera la madre viene informata del fatto, mentre all'una la sala stampa dirà già come tutto è avvenuto».

E ancora, «Cedric ha la pistola sotto il petto, chi lo sposta il cadavere a quell'ora? Non vengono fatti rilievi, nemmeno delle tracce ematiche, non c'è un'analisi del sangue, non è stata presa nessuna traccia biologica». A ricostruire tutte le incongruenze di una indagine quanto meno «sommaria», è l'avvocatessa Laura Sgrò, legale della madre di Cedric Tornay, che stasera ha presentato il suo libro «Sangue in Vaticano. Le inquietanti verità sulla strage nella Guardia svizzera», alla presenza della madre del giovane.

Il volume è il racconto dello studio che la legale, dopo diverse istanze e persino l'intervento dello stesso Segretario di stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, ha potuto fare presso il tribunale vaticano del fascicolo di archiviazione del caso derubricato a omicidio-suicidio dell'allora comandante della Guardia Svizzera, Alois Estermann, e del suo subordinato, Cedric Tornay. Un volume che la stessa Sgrò, ha fatto sapere, ha inviato a papa Francesco ottenendo in risposta una lettera riservata personale «primo segnale concreto dopo 24 anni, se non altro nei confronti della famiglia di Cedric».

Dallo studio dei documenti emergono dettagli «illuminanti», dice Sgrò, su una indagine frettolosa e che all'epoca, era il 1998, aveva sollevato moltissimi interrogativi presso l'opinione pubblica aprendo il campo anche a speculazioni e dietrologie. Ad esempio, afferma Sgrò, forse l'unico soggetto estraneo al Vaticano ad aver mai potuto visionare interamente le carte, che «loro chiamano l'ambulanza e questa viene lasciata fuori dalla porta di S. Anna e la rimandano indietro per questioni di riservatezza, che motivo c'era? Loro non avevano ospedali o strutture mediche dove effettuare controlli e autopsie. E poi, sono state censite, solo dagli atti giudiziari, venti persone che sono entrate sul luogo del delitto, quella sera pioveva, nessuno aveva calzari, nessuno aveva mascherine». Tutti elementi che portano Sgrò a dire che il caso si potrebbe «riaprire» perché «l'indagine è stata condotta male».

«Mi auguro - si appella - che questo sia il primo passo per riaprire la vicenda, anche con toni diversi. In realtà si potrebbero riaprire le indagini e prendere atto che sono state fatte male, in modo sommario». Ma con quale ipotesi? «La cosa che penso io, al di là di quello che non posso provare - risponde -, è che le ricostruzioni mirano ad allontanare l'ipotesi di un quarto uomo che però in realtà non è mai stato cercato». E sulla versione così velocemente fornita alla stampa, aggiunge: «Le ipotesi sono due: o che la versione ufficiale è stata fornita a tavolino con eccessiva superficialità e questa diciamo è la ricostruzione buona; o, e questa è quella meno buona, è che in realtà bisognava dare immediatamente un colpevole in pasto ai giornali».