Silvio Berlusconi, leader innovatore e controverso

Chi è stato, davvero, Silvio Berlusconi? È questa la domanda che da questa mattina - da quando cioè sui media di tutto il mondo si è diffusa la notizia della morte dell’86.enne ex premier italiano - circola in ogni dove. E nella mente di molti di noi.
Nell’ultimo volume della sua particolarissima Storia d’Italia, opera che andrebbe forse rivalutata non soltanto dal punto di vista dello stile, Indro Montanelli aveva tratteggiato, come sempre in maniera fulminante, l’uomo, l’imprenditore, il politico. Difficile, anche a distanza di anni, descrivere meglio, e in poche righe, chi è stato Silvio Berlusconi. Rileggiamolo.
«Chi era, e da dove veniva, l’uomo che aveva scalato le vette della ricchezza, e che si apprestava a scalare quelle della politica? Di lui è stato detto e scritto tutto, e il contrario di tutto. Personaggio controverso se mai ce n’è stato uno, si prestava e si presta, secondo il gusto e le simpatie di chi sceneggia le sue gesta, a ruoli opposti. Può essere descritto come l’animoso portabandiera del nuovo o come il cinico e torbido restauratore di vecchi interessi e intrallazzi; come l’antagonista delle lottizzazioni e dei compromessi che caratterizzarono la prima Repubblica, o come l’affarista che essendosi in quelle lottizzazioni e in quei compromessi ingrassato, voleva continuare ad ingrassarsi facendola da padrone nel palazzo della Seconda Repubblica. La sua arrampicata, che nelle grandi linee sembrava ricalcare i modelli di altri self-made men, aveva anche avuto caratteristiche molto peculiari: per la genialità delle iniziative, per le connessioni con la politica e con i politici, per le ombre di balzachiana spregiudicatezza da cui ogni fase delle folgoranti conquiste era stata oscurata».
In un tweet, Luca Cordero di Montezemolo ha definito Silvio Berlusconi «un fuoriclasse». Ed è indubbio che i risultati conseguiti dal «dottore», come amava farsi chiamare prima di diventare per tutti il «presidente», dimostrano una indiscutibile attitudine al successo. Raggiunto, non bisogna però dimenticarlo, attraverso passaggi talvolta controversi. Passaggi sui quali si dovrà riflettere, una volta decantato e chiuso il tempo delle commemorazioni.
«Questo è il momento del cordoglio, a tutte le persone che lo hanno amato. Poi, passato questo momento, ci sarà lo spazio per più ampi ragionamenti politici», ha sintetizzato il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte.
E proprio dagli avversari del cavaliere sono arrivate parole affatto scontate in un frangente simile. «Ho molti ricordi di Silvio Berlusconi presidente del Consiglio, di quando veniva a Bari, di quando io frequentavo Palazzo Chigi - ha detto in un video pubblicato su Facebook l’ex presidente della Puglia e leader di Sinistra Italiana Nichi Vendola - Riunioni anche burrascose. Lui sempre tratteneva, diciamo, quell’elemento di simpatia umana. Ho combattuto non la persona di Silvio Berlusconi, ho combattuto il berlusconismo, il linguaggio, la politica in forma di pubblicità, la tutela delle oligarchie, ho combattuto la sua idea di società e del mondo, ma oggi di fronte alla sua scomparsa vivo lo stesso turbamento che vivono in molti. Berlusconi è stato l’icona di un intero ciclo della storia italiana, un’icona della nostra società e forse anche delle sue malattie. Ma di fronte alla sua scomparsa, prevale la pietà umana, il rispetto per la persona e il cordoglio alla sua famiglia e al suo partito».


L’analisi dei politologi
Se la politica di parte avversa sospende momentaneamente il giudizio, lasciando lo spazio dovuto alla necessaria pietas, gli analisti insistono su alcuni elementi chiave della storia dell’ex premier. Mauro Calise, ordinario di Scienza politica all’Università Federico II di Napoli, ha studiato per decenni il fenomeno Berlusconi; a lui si deve la teorizzazione del «partito personale», titolo di un fortunatissimo saggio pubblicato da Laterza e diventato in seguito punto di partenza obbligato per le riflessioni su Forza Italia e sulle trasformazioni del sistema partitico nella Penisola.
«Io non mi occupo del giudizio politico di un personaggio comunque molto dibattuto, altri lo faranno - dice Calise al CdT - sostengo invece come dal punto di vista del sistema Berlusconi sia stato un grande innovatore, avendo inventato un nuovo modello organizzativo di partito che prima non esisteva e che dopo di lui è diventato la regola, con l’unica eccezione forse del PD. Tutti sono andati sulla strada tracciata dall’ex premier, il quale non inventò la personalizzazione della leadership ma seppe inserirla in un sistema in cui fino a quel momento prevalevano le oligarchie».
A questo scopo, continua Calise, Berlusconi sfruttò ovviamente «la forza della Tv, ben capendo che in una società ad altissima penetrazione mediatica, personalizzazione e comunicazione sarebbero stati i due aspetti di maggiore innovazione del sistema. Tutto questo è diventato tanto più vero quanto più la personalizzazione si è impadronita di tutti noi con il processo di digitalizzazione». Mettendo insieme «personalizzazione, organizzazione e comunicazione, il leader di Forza Italia ha scardinato in un tempo brevissimo il vecchio oligopolio dei partiti. Nel ’93 questa fu un’invenzione geniale». Il partito personale, conclude Mauro Calise, «ha ovviamente un grande limite: coincide con la persona. Berlusconi se l’è tenuto stretto sino alla fine». Che cosa succederà adesso, nessuno può prevederlo.
Molto più duro il giudizio di un altro politologo tra i più noti in Italia, Marco Revelli, già ordinario di Scienza della politica all’Università degli Studi del Piemonte Orientale. «La morte di una persona è sempre un evento che mette tristezza e che va rispettato - dice Revelli al CdT - ma questo non deve impedirci di fare un bilancio dei decenni nei quali Berlusconi è stato alla ribalta pubblica. E personalmente credo che l’ex premier abbia interpretato una pessima Italia, non la peggiore forse, ma un’Italia corriva con i propri peggiori vizi, godereccia e corrotta, il Paese dell’evasione fiscale e del conflitto di interessi». Berlusconi, ammette Revelli, ha «cambiato l’immagine della destra tradizionale e storica che aveva come cifra il rigore, la sobrietà, il senso dello Stato; la nuova destra, invece, non è rispettosa dei diritti se non dei potenti». Il politologo piemontese riconosce al cavaliere di avere avuto «un fiuto straordinario nel capire come la comunicazione sarebbe stata il business del futuro», ma gli imputa pure di «aver difeso, a un certo punto, soltanto il proprio business». Nei prossimi mesi, conclude Revelli, «da un punto di vista politico chi si avvantaggerà della morte di Berlusconi sarà soprattutto Giorgia Meloni, per la quale il leader di Forza Italia rappresentava comunque una spina nel fianco della coalizione. Il cavaliere non sopportava che qualcuno gli facesse ombra. Anche l’eredità in termini di voti andrà, in parte consistente, verso Fratelli d’Italia e, in misura minore, forse, verso Renzi. Mentre sono sicuro che non ci sarà un futuro per Forza Italia».
L’Elogio della follia
Intervistato dall’ANSA, Carlo Freccero ha definito Silvio Berlusconi come un «visionario», ricordandone la passione per «il suo libro di culto, l’Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam». E in verità, forse, il vero manifesto umano, politico e imprenditoriale del cavaliere è racchiuso proprio nelle poche righe che egli stesso scrisse qualche anno fa come prefazione al testo di Erasmo. «Ad affascinarmi in quest’opera - diceva Berlusconi - fu in particolare la tesi centrale della pazzia come forza vitale creatrice: l’innovatore è tanto più originale quanto più la sua ispirazione scaturisce dalle profondità dell’irrazionale. La vera saggezza sta non in un atteggiamento razionale, necessariamente conforme alle premesse e perciò sterile, ma nella lungimirante, visionaria pazzia. E nella mia vita sono stati i progetti a cui più istintivamente mi sono appassionato contro l’opinione di tanti quelli che hanno poi avuto i maggiori successi».