Il rapporto

Sono 417 milioni i bambini nel mondo che vivono in povertà

Non si parla solo dei Paesi a basso e medio reddito: in Francia, in Svizzera e nel Regno Unito la povertà infantile è aumentata di oltre il 20%, ovvero i loro nuclei familiari dispongono di un reddito significativamente inferiore rispetto alla maggior parte della popolazione
© UNICEF/UNI870494/Choufany
Red. Online
20.11.2025 17:15

Più di 400 milioni di bambini in tutto il mondo vivono in condizioni di povertà. Un nuovo rapporto dell’UNICEF avverte: tagli ai bilanci globali, conflitti e cambiamenti climatici compromettono l’accesso ai servizi essenziali per la loro salute e il loro benessere.

Il Flagship Report dell’UNICEF è stato pubblicato oggi in occasione della Giornata dei diritti dell’infanzia. Si parla di 417 milioni di bambini, oltre uno su cinque nei Paesi a basso e medio reddito è gravemente svantaggiato in almeno due ambiti vitali fondamentali per la sua salute, il suo sviluppo e il suo benessere.

«Non deve essere per forza così»

Lo State of the World’s Children 2025: Ending Child Poverty – Our Shared Imperative si basa su dati provenienti da oltre 130 Paesi a basso e medio reddito e valuta sei categorie: istruzione, salute, condizioni abitative, alimentazione, servizi igienico-sanitari e acqua. L’analisi mostra che 118 milioni di bambini subiscono svantaggi in tre o più di questi ambiti e 17 milioni risultano gravemente limitati in quattro o più aree.

«I bambini che crescono in povertà e che non hanno accesso a elementi fondamentali come una buona alimentazione, servizi igienico-sanitari adeguati e un alloggio sicuro subiscono conseguenze devastanti per la loro salute e il loro sviluppo», afferma la direttrice esecutiva dell'UNICEF, Catherine Russell. «Non deve essere per forza così. Se i governi si impegnano a porre fine alla povertà infantile e adottano misure politiche efficaci, possono aprire un mondo di possibilità ai bambini».

I tassi più elevati di povertà multidimensionale si registrano nell’Africa subsahariana e nell’Asia meridionale. La mancanza di adeguati servizi igienico-sanitari aumenta inoltre il rischio di esposizione alle malattie. La percentuale di bambini che, nei Paesi a basso e medio reddito, vive con uno o più gravi svantaggi è diminuita dal 51% al 41% tra il 2013 e il 2023 – principalmente grazie a una maggiore priorità attribuita ai diritti dell’infanzia nelle politiche nazionali e nella pianificazione economica. Tuttavia, i progressi stanno rallentando. Conflitti, crisi climatiche e ambientali, cambiamenti demografici, crescente indebitamento statale e disuguaglianze tecnologiche aggravano la povertà. Allo stesso tempo, tagli senza precedenti alla cooperazione allo sviluppo minacciano di approfondire ulteriormente gli svantaggi subiti dai bambini nei Paesi a basso e medio reddito.

Qualche nota positiva

Ciononostante, i progressi sono possibili. In Tanzania, ad esempio, tra il 2000 e il 2023 la povertà multidimensionale dei bambini è diminuita di 46 punti percentuali, grazie in parte a sussidi statali e trasferimenti monetari diretti che hanno rafforzato finanziariamente le famiglie più povere. In Bangladesh, nello stesso periodo, la povertà infantile è calata di 32 punti percentuali, anche grazie a iniziative governative volte a migliorare l’accesso all’istruzione e all’elettricità, la qualità dell’abitazione e agli investimenti nei sistemi idrici e sanitari, che hanno ridotto la defecazione all’aperto dal 17% nel 2000 a zero nel 2022.

Povertà infantile in crescita in Svizzera

La povertà compromette la salute, lo sviluppo e la capacità di apprendimento dei bambini e porta a minori opportunità professionali, a un’aspettativa di vita più bassa e a tassi più elevati di depressione e ansia. Il rapporto evidenzia che i bambini più piccoli, i bambini con disabilità e quelli che vivono in situazioni di crisi sono particolarmente vulnerabili.

Il rapporto esamina anche la povertà monetaria, che limita ulteriormente l’accesso al cibo, all’istruzione e ai servizi sanitari. Secondo i dati più recenti, oltre il 19% dei bambini nel mondo vive in condizioni di estrema povertà monetaria, ossia con meno di 3 dollari al giorno. Quasi il 90% di questi bambini vive nell’Africa subsahariana e nell’Asia meridionale.

L’analisi relativa a 37 Paesi ad alto reddito mostra che circa 50 milioni di bambini – pari al 23% – vivono in condizioni di povertà monetaria relativa. Ciò significa che i loro nuclei familiari dispongono di un reddito significativamente inferiore rispetto alla maggior parte della popolazione, con conseguente limitazione della piena partecipazione alla vita sociale. Sebbene in questi 37 Paesi la povertà sia diminuita in media del 2,5% tra il 2013 e il 2023, in molti luoghi i progressi si sono arrestati o addirittura invertiti. In Francia, in Svizzera e nel Regno Unito, ad esempio, la povertà infantile è aumentata di oltre il 20%. La Slovenia, invece, nello stesso periodo ha ridotto il proprio tasso di povertà di oltre un quarto grazie a un solido sistema di prestazioni familiari e salari minimi stabiliti per legge.

Luce sui diritti dell'infanzia

Lo State of the World’s Children 2025 mostra che porre fine alla povertà infantile è possibile e sottolinea l’importanza di porre i diritti dell’infanzia – come sancito nella Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia – al centro di tutte le strategie, politiche e misure di lotta alla povertà, attraverso:
• l'attuazione della fine della povertà infantile come priorità nazionale;
• l’integrazione delle esigenze dei bambini nelle decisioni di politica economica e nelle pianificazioni di bilancio;
• la realizzazione di programmi di protezione sociale, compresi i sostegni finanziari alle famiglie;
• l’ampliamento dell’accesso ai servizi pubblici essenziali quali istruzione, sanità, acqua, servizi igienico-sanitari, alimentazione e alloggio;
• la promozione di condizioni di lavoro dignitose per genitori e persone di riferimento, per rafforzarne la sicurezza economica – un fattore decisivo per il benessere dei bambini.

Il rapporto viene pubblicato in un momento in cui molti governi stanno riducendo gli aiuti internazionali. Secondo The Lancet, i tagli alla cooperazione allo sviluppo potrebbero provocare entro il 2030 la morte di 4,5 milioni di bambini sotto i cinque anni. Allo stesso tempo, stime recenti dell’UNICEF indicano che tali tagli potrebbero escludere dalla scuola altri sei milioni di bambini entro il prossimo anno.

 «Già prima della crisi di finanziamento globale, troppi bambini erano privati dei loro bisogni fondamentali e ora la situazione rischia di peggiorare significativamente», ha dichiarato Russell. «Questo non è il momento di arretrare. È ora di costruire sui progressi ottenuti negli anni. Governi e imprese possono contribuire rafforzando gli investimenti nei servizi essenziali per i bambini – affinché crescano sani e protetti – e garantendo che abbiano accesso a elementi essenziali come una buona alimentazione, soprattutto in contesti fragili e umanitari. Investire nei bambini significa creare un mondo più sano e più pacifico per tutti».