Sudan, piccoli (e insufficienti) passi nel forum di Ginevra

Il risultato principale finora raggiunto a Ginevra, così come riportato dall’inviato speciale per il Sudan Tom Perriello e dal portavoce del Segretario di Stato Anthony Blinken, è la riapertura del valico di Adre, a ridosso del Ciad nella parte occidentale del Paese. Questo punto strategico per gli aiuti umanitari – soprattutto cibo e medicine – era chiuso da quattro mesi; stessa sorte toccata ad altri corridoi di frontiera. I negoziati sul conflitto sudanese sono in corso da 8 giorni e continueranno nei prossimi giorni. Come già anticipato prima del processo di pace, il governo sudanese in carica guidato dal generale al-Burhan – la sua armata SAF opera nel conflitto contro le RSF guidate da Mohammed Dagalo – non ha ancora inviato una delegazione, la quale è attesa nei prossimi giorni. Ricordiamo che circa 26 milioni di persone in Sudan affrontano severe difficoltà alimentari e sono a rischio carestia, più di metà della popolazione dunque.

Adre è sotto controllo delle SAF, ma la regione circostante del Darfur, così come la città di Geneina, sono occupate dalle RSF, fattore che aveva portato il governo alla chiusura del valico. Sul versante orientale, al-Burhan ha pure dovuto abbandonare la capitale Khartoum e spostarsi a Port Sudan, città che si affaccia sul Mar Rosso. A seguito dell’apertura di Adre, il World Food Programme, agenzia delle Nazioni Unite, ha annunciato di aver organizzato i convogli attraverso questo corridoio umanitario, e di essere pronta a raggiungere i campi profughi dei rifugiati interni al Paese. Nei prossimi giorni, gli aiuti trasportati dal WFP potranno raggiungere quasi 500 mila persone, soprattutto nel campo di Zamzam nella regione del Darfur, area che conta circa 9 milioni di abitanti.
In totale, 13 sono le aree del Paese considerate a rischio carestia dal WFP. L’Organizzazione mondiale della sanità, invece, avverte sulle varie problematiche in campo medico: 16 mesi di conflitto, assieme alla malnutrizione e alle difficoltà logistiche per consegnare gli aiuti umanitari a causa degli impedimenti militari e delle forti piogge degli ultimi mesi, hanno favorito la propagazione di malattie come colera, malaria e dengue. Queste ultime, perlopiù, non sono curate poiché circa il 70% degli ospedali non è in funzione. Da Ginevra, intanto, arriva una dichiarazione congiunta di USA, Svizzera, Arabia Saudita e dei Paesi osservatori dei negoziati. Il rispetto del diritto internazionale umanitario, così come la Dichiarazione di Gedda firmata il 13 maggio 2023 da SAF e RSF, prevedono, tra le altre cose, la protezione dei civili, la facilitazione di passaggio degli aiuti umanitari e la protezione degli edifici di pubblica utilità, condizioni non ancora rispettate. I partecipanti ai negoziati hanno intimato alle RSF di aprire ai convogli delle Nazioni Unite tutte le strade principali sotto il loro controllo, così da poter raggiungere con gli aiuti circa 12 milioni di sudanesi. Inoltre, i rappresentanti specificano: «Accogliamo la presenza del RSF, la loro risposta e la loro prontezza per intraprendere i passi ulteriori atti alla protezione dei civili e il miglioramento della situazione umanitaria attraverso misure addizionali». Poi, ribadiscono: «Intendiamo incontrare la delegazione SAF non appena arriva o li contatteremo in qualsiasi maniera essi preferiscono».
Le discussioni continuano, ma all’orizzonte non si stagliano sviluppi positivi e significativi. Queste situazioni, oltre a essere devastanti per il continente africano, rappresentano un problema anche per l’Unione Europea, che negli ultimi decenni fatica concretamente ad arginare la questione migratoria, con rappresentanti di Stati e forze politiche dalle opinioni contrastanti in seno ai principali organi decisionali.