Il caso

Sui migranti divisi oltre i proclami

Il giorno dopo la visita di Meloni e von der Leyen a Lampedusa, gli sbarchi sull’isola sono ripresi – Francia e Belgio si oppongono alla ricollocazione dei migranti provenienti dall’isola – Annalisa Camilli: «Una svolta? Non direi»
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Francesco Pellegrinelli
19.09.2023 06:00

Come hanno reagito i Paesi europei alla presentazione del piano UE illustrato da Ursula von der Leyen? L’appello alla solidarietà come si concilia con il patto sulla migrazione raggiunto a giugno dai 27? Quale la situazione sull’isola? Ne parliamo con la giornalista di «Internazionale» Annalisa Camilli, in questi giorni a Lampedusa.

Qual è la situazione a Lampedusa?

Dopo la visita di Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni gli sbarchi sono ripresi. «L’operazione di maquillage è durata qualche ora», racconta al CdT la giornalista di Internazionale Annalisa Camilli. «I migranti sono stati trasferiti in massa a Porto Empedocle. Ora il caos si è spostato lì, sulla terra ferma in Sicilia, dove migliaia di persone sono in attesa dei pullman che dovrebbero trasferirle in altri centri di accoglienza italiani. È facile immaginare che gli arrivi su Lampedusa, con il bel tempo, proseguiranno anche nei prossimi giorni». L’unica novità delle ultime ore è stata un salvataggio di oltre 600 persone in mare aperto da parte della Guardia costiera italiana: «Sono state portate direttamente sulla terraferma, bypassando l’isola. Questo è l’unico modo per alleggerire la pressione su Lampedusa».

Il decalogo presentato domenica da von der Leyen costituisce davvero una «svolta»?

«Francamente non ho trovato grandi novità», osserva Camilli. «La presidente della Commissione europea ha messo grande enfasi sulla questione rimpatri. Che peraltro già figura nel patto europeo. Tuttavia, conosciamo le difficoltà che l’Europa incontra con i Paesi di origine, non essendoci accordi in materia». Non a caso il tasso di rimpatri è molto basso, aggiunge Camilli. Sull’idea di aprire corridoi umanitari come alternativa alle rotte illegali, la giornalista taglia corto: «Esistono dal 2016 e sono pochissimi i Paesi che hanno accolto le richieste presentate con questo strumento». Da ultimo, la promessa di nuove missioni navali europee sul modello Sophia. «In passato queste missioni hanno operato dei soccorsi; tranne poi ritirare le navi». In definitiva, Camilli vede diverse contraddizioni: «Da una parte abbiamo i proclami, dall’altra ciò che l’Europa fino a oggi ha mostrato di essere in grado di fare».

A proposito di contraddizioni, Bruxelles parla di maggiore coesione, ma Francia e Belgio chiudono la porta ai migranti di Lampedusa.

La Francia ieri ha dichiarato di voler proteggere i confini esterni dell’UE, ma a domanda diretta di un giornalista francese, il ministro dell’Interno Gérald Darmanin ha ammesso che «Parigi non si appresta a farlo» (accogliere i migranti di Lampedusa, ndr). Poi ha aggiunto: «Sarebbe un errore di giudizio considerare che i migranti devono essere subito ripartiti in tutta Europa».

Eppure solamente due mesi prima la Francia ha accolto il principio della ricollocazione dei migranti durante la discussione dei 27 sul patto europeo. È un passo indietro?

«In Europa, dal 2015 si prova a implementare un meccanismo di quote e di solidarietà nella gestione dei flussi», osserva Camilli. «Oggi però questo principio è rimasto su base volontaria. Ogni Stato può decidere se aderirvi o meno». Nel patto europeo, votato a giugno dal Consiglio dei ministri dei 27 Paesi membri, senza l’avallo di Polonia e Ungheria, è previsto che tutti i Paesi sono tenuti a partecipare alla ricollocazione dei migranti. In alternativa possono versare una somma di 20 mila euro per ciascun migrante, in un fondo comune che dovrebbe essere usato per i rimpatri. «Polonia e Ungheria si sono opposte anche alla creazione di questo fondo. A livello europeo, al di là dei proclami, il dossier fa tutt’altro che l’unanimità».

Il patto europeo rivisto dai 27 approderà in Parlamento. Che cosa accadrà ora, visti anche gli sviluppi e le dichiarazioni delle ultime ore?

«La Legislatura finisce nel 2024. Significa che ci stiamo avvicinando anche alla scadenza elettorale. L’ipotesi più realistica è che non si arrivi a una sintesi prima della fine del mandato di questo Parlamento europeo. Molto probabilmente, viste le divisioni, rimarremo con l’attuale regolamento di Dublino come legislazione comune in materia di asilo, commenta Camilli. E il passo indietro della Francia? «Francia e Germania sono i Paesi più virtuosi in termini di accoglienza». La dichiarazione di Darmanin rivela un certo nervosismo da campagna elettorale: «La spinta interna dei partiti di destra sul tema migrazione è forte e influisce sulla politica europea. Mi sembra che tutti i Governi siano oggi maggiormente rivolti al loro elettorato che non alle dinamiche europee».

Nel patto europeo, il principio del Paese di primo ingresso non è stato toccato. Il principio - ricordiamo - attribuisce la responsabilità dell’accoglienza ai Paesi di frontiera. Oggi non se ne parla più?

«In effetti, nessuno lo evoca più, nemmeno Roma, che invece chiedeva una riforma», fa notare Camilli: «Questo silenzio è molto interessante. Roma voleva un superamento di questa regola, non solo perché di fatto grava di maggiori oneri l’Italia, ma anche perché molti di questi migranti vogliono raggiungere altri Stati, come la Francia o la Germania». Chi chiedeva un superamento del principio di primo approdo, prosegue la giornalista, chiedeva che la riforma tenesse maggiormente conto dei progetti migratori dei migranti. Come detto, però, questo principio non è stato messo in discussione e pertanto i Paesi di primo approdo continuano a essere responsabili del trattamento della maggior parte delle domande di asilo.

L’Europa sembra divisa tra chi chiede di esternalizzare il controllo delle frontiere e chi invece punta su una corretta ridistribuzione interna. Volendo schematizzare le posizioni, quali sono i campi della discussione politica odierna?

«In Italia il progetto di esternalizzare il controllo delle partenze, ossia di appaltare la gestione al Paese di origine, vedi il memorandum con la Tunisia, è stato un fallimento. Meloni è quindi pronta a dare una nuova picconata al sistema di accoglienza italiano. Dopo il decreto Cutro, ieri ha varato una nuova norma che consente di estendere fino a 18 mesi la possibilità di trattenere a fini di rimpatrio chi arriva irregolarmente in Italia». Una prassi che secondo Camilli trasforma i centri di permanenza per i rimpatri in vere prigioni, «senza tuttavia le garanzie delle carceri». E il PD? «L’attuale segretaria ha fatto la sua campagna sul superamento di Dublino. Critica l’esternalizzazione del Governo Meloni e insiste su una gestione europea all’insegna della solidarietà, appellandosi al fatto che queste crisi sono cicliche e non possono essere affrontate ogni volta con misure di urgenza».

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