Crisi ucraina

Sull’antica linea ferroviaria austro-ungarica in soccorso dei profughi

Una storia di solidarietà al confine polacco: sui Carpazi sono stati ripristinati dei vecchi binari per aprire un nuovo corridoio umanitario
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Giacomo Butti
07.03.2022 12:13

Vecchi, arrugginiti. In completo disuso. Ma ancora in grado di salvare vite, con le giuste riparazioni. Stiamo parlando dei binari posati per la prima volta oltre un secolo e mezzo fa dall’Impero austro-ungarico, una lunga linea ferroviaria che andava da Vienna alla città ucraina di Lviv. Abbandonato 12 anni fa, il collegamento è tornato parzialmente a vivere, in territorio polacco, grazie all’intervento di volontari che, insieme al Dipartimento nazionale delle ferrovie, hanno ripristinato i binari nel tentativo di aprire nuovi corridoi umanitari per facilitare l’arrivo delle centinaia di migliaia di profughi ucraini. Un’operazione documentata in dettaglio dal Washington Post, che negli scorsi giorni ha seguito i frenetici sforzi della popolazione polacca.

Diverse squadre hanno lavorato su decine di chilometri di binari, dall’alba al tramonto, riparando i tiranti d’acciaio e pulendo i binari. Il tutto senza retribuzione. Miroslaw Siemieniec, un portavoce dell’operatore ferroviario nazionale polacco, ha riferito al giornale statunitense che almeno sei treni al giorno saranno in grado di portare i rifugiati dal confine alle città del Paese una volta che le linee saranno pronte. Un’efficienza apprezzata dallo stesso massimo funzionario delle infrastrutture ferroviarie della Polonia, Andrzej Bittel, che ha ringraziato tutti i volontari per l’incredibile lavoro. «La Polonia non può essere indifferente alla tragedia del popolo ucraino», ha detto. «I ferrovieri aiuteranno ovunque possibile».

Meglio il bosco
Ma perché riparare vecchi binari che attraversano zone difficili, boscose, nei Carpazi, quando comode linee collegano già le città dell’Est Europa? È presto detto. Molti ucraini in fuga hanno scelto di viaggiare attraverso le montagne verso il confine. Un’opzione spesso più sicura rispetto all’attraversare città e villaggi posti lungo le strade principali, presi di mira dalle truppe russe. Di qui la necessità di fornire loro un nuovo corridoio umanitario per sfuggire alle violenze degli invasori.

Punteggiati di stazioni sciistiche e destinazione privilegiata dei turisti, i Carpazi polacchi sono una regione relativamente povera. Ma la popolazione locale non ha esitato, scavalcando ogni burocrazia e lavorando con solidarietà per aiutare come possibile i profughi. Anche quando essa stessa vive con poco o nulla. Emblematica la storia di Lech Motyka, raccontata dal Washington Post. Il camionista polacco, 62 anni, dalla camicia di flanella logora, il gilet macchiato di grasso e un trattore costruito da zero, si è unito ai lavori quando la squadra è arrivata a riparare un tratto di binario che passava sui suoi terreni. A bordo del suo «gorgogliante e fumante» mezzo, da lui chiamato «Mercedes Original», ha aiutato nelle operazioni lungo la linea. «La mia compagnia non ha più autisti: erano tutti ucraini e sono andati a combattere», ha spiegato. «Faranno quello che devono fare e noi faremo quello che dobbiamo fare».

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