Telegram e soldi, così Teheran trovava spie in Israele

Dal primo scambio di attacchi fra Israele e Iran, nell'aprile del 2024, alla recente guerra dei 12 giorni, Teheran ha cercato di creare nello Stato ebraico una rete di spie e informatori, reclutati fra gli stessi cittadini israeliani: i risultati sul campo sono stati modesti, ma documenti giudiziari visionati dal «Guardian» mostrano che le persone disponibili a collaborare fra i cittadini israeliani erano molte, il che ha colto il paese di sorpresa.
L'operazione di reclutamento online, indirizzata soprattutto ad arabi-israeliani, avveniva di solito con un messaggio anonimo che rimandava a un link su Telegram, dove seguivano offerte in denaro proporzionate all'importanza dell'azione. Alcuni messaggi-esca recitavano «Una Gerusalemme libera unisce i musulmani. Mandaci informazioni sulla guerra».
La campagna, secondo l'analisi del «Guardian», puntava a ottenere azioni clamorose, come l'uccisione di funzionari e dirigenti israeliani, e da questo punto di vista si è rivelata un fiasco, in netto contrasto con i risultati ottenuti dal Mossad in Iran dove ha ucciso comandanti e scienziati nucleari, compiuto attentati sul posto e localizzato siti e mezzi militari.
Ma allo stesso tempo, attraverso collaborazioni di piccolo cabotaggio, la campagna ha permesso a Teheran di ottenere informazioni logistiche su obiettivi da colpire, usate nelle risposte con missili e droni ai raid israeliani sull'Iran.
Il regime iraniano ha di recente arrestato più di 700 persone accusate di spionaggio per Israele, ma i processi si sono svolti in segreto, rendendo impossibile valutare quanto della rete Mossad sia stata smantellata.
Al contrario, nel caso degli israeliani accusati di spionaggio per l'Iran, l'accusa ha presentato incriminazioni dettagliate. Finora ci sono stati alcuni arresti e una sola condanna, ma dai documenti giudiziari è emerso un quadro chiaro. Il «Guardian» cita il caso dell'Istituto Weizmann di Tel Aviv, colpito e danneggiato dai missili iraniani in giugno: l'obiettivo sarebbe stato inquadrato grazie alle foto inviate dalle spie.
Le persone reclutate per il compito sono tutti arabo-israeliani. «Mentre il Mossad si basava sull'infiltrazione di un gruppo di agenti altamente addestrati in Iran, l'approccio adottato dagli 007 iraniani era quello di testare fino a che punto le loro reclute inesperte fossero disposte ad arrivare», scrive il «Guardian», citando un funzionario dello Shin Bet. «Un approccio improvvisato, che mira a formare una manciata di reclute di alta qualità investendo a basso rischio in molte altre».