Traffico internazionale di droga e fatture false, che cosa c'entra la Svizzera?

Importante operazione di polizia, oggi, tra Italia, Albania, Svizzera e Polonia. Frutto di un'inchiesta complessa, transnazionale, condotta dal 2020 al 2024. Che ha portato a un'ordinanza di misura cautelare nei confronti di 61 persone. L'accusa è di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di droga, con riciclaggio di profitti illeciti attraverso un sistema collaudato di «fatture per operazioni inesistenti».
Il gruppo criminale aveva base in Albania. Importava in Europa la droga dal Sud America mediante l'utilizzo di rotte di navigazione commerciali, per poi farla giungere in Italia spostando sui camion, passando dalla Spagna o dall'Olanda. Gli ingenti quantitativi di cocaina venivano immagazzinati in cinque basi logistico-operative con sede a Brescia, Romano di Lombardia, Palazzolo sull'Oglio, Varese e Pisa. Il denaro contante ricavato dalla vendita dello stupefacente veniva consegnato a una parallela associazione di matrice italo-cinese, che offriva un servizio bancario occulto per il trasferimento dei capitali illeciti all'estero. L'enorme mole di denaro è confluita, attraverso un cittadino cinese di casa nel Bresciano, in un complesso sistema di riciclaggio teso a monetizzare fatture false (pari a circa 375 milioni di euro) emesse da imprenditori compiacenti.
La notizia è di questa mattina. Ma che cosa c'entra la Svizzera? «Il suo coinvolgimento è piuttosto marginale», ci spiega il tenente colonnello Stefano Ceci, del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Brescia. «L'indagine ha portato a un soggetto, che orbitava nella zona di Zurigo, che metteva in relazione altri soggetti per lo spaccio dello stupefacente». In pratica, una persona che «aveva i contatti». La Svizzera non è quindi territorio di destinazione della droga, in questa particolare inchiesta. «È stata coinvolta la polizia svizzera che ha collaborato con l'Agenzia dell'Unione Europea per la cooperazione giudiziaria (Eurojust) per ricostruire la rete». Come detto, si tratta di un sistema particolarmente ramificato e sono stati necessari quattro anni per acquisire gli elementi di indagine. «Questa mattina, al momento dell'esecuzione delle ordinanze di misure cautelari, abbiamo scoperto che la persona in questione non si trova più in Svizzera, ma si è spostata probabilmente in Germania», conclude il colonnello. «È una delle 61 persone coinvolte, ma non è ancora stata arrestata. Le attività sono attualmente in corso».
Sono 135 complessivamente gli indagati nell’ambito dell’inchiesta della Guardia di Finanza di Brescia. Sono emersi due gruppi differenti che si sono uniti: uno italo-cinese e uno albanese. I secondi gestivano la droga e i primi riciclavano il denaro. Tra gli arrestati ci sono anche il referente della Sacra Corona unita di Brindisi e il cassiere del clan Bruno, al quale è stato sequestrato, come detto, quasi un milione di euro in contanti. Erano in contatto con i vertici dell’associazione attiva in Albania.