Troppi aerei non possono volare: e le compagnie russe iniziano a tagliare personale

Fra le compagnie russe, in difficoltà da quasi due anni oramai, S7 Airlines è forse quella che, più di altre, sta soffrendo: colpa, paradossalmente ma nemmeno troppo, di una flotta «troppo» moderna. Addirittura, alcune settimane fa il numero uno del vettore – Evgeny Elin – aveva lanciato una sorta di appello: «Mancano pezzi di ricambio per gli aerei? E allora fabbrichiamoli da soli». I problemi ai motori, in particolare, stanno azzoppando la compagnia siberiana. Di più: nei prossimi mesi, S7 offrirà fra il 10 e il 15% in meno di voli. E questo perché, secondo i media del Paese, circa un quarto della flotta (che vanta un totale di 99 aerei) attualmente è a terra. Fra gli aerei impossibilitati a volare figurano anche quindici A320neo e A321neo. Gli apparecchi più moderni, appunto.
La situazione, leggiamo, peggiorerà. O, meglio, può soltanto peggiorare. E la colpa, dicevamo, è dei motori: i PW1000G di Pratt & Whitney, che tanto hanno fatto disperare le compagnie in tutto il mondo in quest'ultimo periodo. La differenza, però, è che i vettori occidentali possono tranquillamente accedere ai servizi di manutenzione mentre S7, in quanto compagnia russa, non può ricevere la benché minima assistenza a causa delle sanzioni imposte in seguito all'invasione dell'Ucraina da parte dell'esercito di Mosca.
Che fare, dunque? Detto dell'ipotesi, suggerita da Elin, di fabbricare in-house i pezzi di ricambio (più facile a dirsi che a farsi, evidentemente) S7 ha deciso di ritirarsi parzialmente da Mosca per concentrarsi su hub dove c'è meno concorrenza, come Novosibirsk. Una mossa, questa, con conseguenze pesanti anche per il personale: secondo addetti ai lavori, infatti, la compagnia taglierà circa il 7% della sua forza lavoro. Forza lavoro che, stando ai beninformati, potrebbe confluire in altre compagnie, come Aeroflot e Pobeda. Ma la situazione, parola del quotidiano economico Kommersant, starebbe in realtà peggiorando più o meno ovunque: i volumi di traffico, a oggi, sono inferiori del 18% circa rispetto ai livelli pre-pandemia. Tradotto: anche altri vettori, presto o tardi, si vedranno costretti a tagliare.