Trump colpisce ancora Harvard: «Via gli studenti stranieri», e gli svizzeri?

(Aggiornato alle 18)
Brutte
notizie per i brillanti svizzeri che frequentano l’università di Harvard o che
sognavano di intraprendere lì il proprio percorso di studio. Ieri l'Amministrazione
Trump ha infatti revocato la possibilità dell’ateneo di iscrivere studenti
internazionali, colpendo ancora una volta il rinomato istituto per essersi
rifiutato di accettare le richieste politiche del governo USA: «Harvard non può
più iscrivere studenti stranieri e gli studenti stranieri già iscritti dovranno
trasferirsi o perdere il loro status legale», si legge in una nota del Dipartimento della sicurezza interna degli Stati Uniti (Department of Homeland Security, DHS).
La notizia, sottolinea la CNN, arriva mentre molti giovani da tutto il mondo si preparavano a frequentare Harvard, la più antica università degli Stati Uniti e una delle più prestigiose del Paese. Tutti i media americani oggi parlano di studenti stranieri smarriti e preoccupati, in attesa di scoprire cosa ne sarà del proprio futuro, mentre i professori contestano duramente la decisione di Trump.
Stando alla Associated Press, oggi l’ateneo accoglie quasi 6.800 studenti stranieri nel suo campus di Cambridge, nel Massachusetts, che rappresentano oltre un quarto del suo corpo studentesco. La maggior parte sono studenti laureati, provenienti da oltre 100 Paesi. Alcuni di loro sono ammessi tramite borse di studio, mentre altri pagano l'intera retta di 83 mila dollari all’anno. Harvard, contattata dal CDT, indica che sono 114 i cittadini rossocrociati presenti nelle varie facoltà universitarie, di cui 32 studenti e 82 ricercatori. Il Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca (DEFR) precisa di non avere informazioni sugli elvetici che attualmente frequentano Harvard. E lo stesso vale per Swissuniversities, l'organizzazione mantello delle università elvetiche. Il DEFR, inoltre, non intende commentare le politiche di altri Paesi in materia di istruzione superiore, tuttavia, sottolinea che «per le nostre università, nonché per la Confederazione e i Cantoni, la mobilità internazionale di studenti e ricercatori è di grande importanza per lo scambio scientifico e l'innovazione. La Svizzera si impegna pertanto a favore della mobilità e del dialogo costruttivo con i partner internazionali».
La segretaria del Dipartimento della sicurezza interna degli Stati Uniti, Kristi Noem, ha dichiarato di aver ordinato di revocare la certificazione del Student and Exchange Visitor Program (SEVP) di Harvard, citando il rifiuto dell'università di consegnare i registri di condotta degli studenti stranieri richiesti dal DHS il mese scorso.
Il Dipartimento americano ha accusato Harvard di aver creato un ambiente universitario insicuro permettendo ad «agitatori antiamericani, antisemiti e filo-terroristi» di aggredire studenti ebrei nel campus. Secondo il DHS, inoltre, l’università sarebbe coordinata con il Partito comunista cinese e avrebbe ospitato membri di un gruppo paramilitare cinese fino al 2024.
Noem ha fatto sapere che Harvard potrà riacquistare la possibilità di iscrivere studenti internazionali se invierà i documenti degli ultimi cinque anni relativi alla condotta degli studenti internazionali «entro 72 ore».
Nella nota si legge che il DHS vuole tutti i documenti degli stranieri che hanno preso parte ad attività considerate «illegali», «pericolose o violente» o minacciose, indicando in particolare filmati audio o video di «qualsiasi attività di protesta» che abbia coinvolto studiosi provenienti dall'estero.
La portavoce della Casa Bianca, Abigail Jackson, citata dalla CNN, ha affermato che Harvard «ha ripetutamente omesso di intervenire per affrontare i diffusi problemi che hanno un impatto negativo sugli studenti americani e ora deve affrontare le conseguenze delle sue azioni».
L’Università, dal canto suo, ha definito l'azione illegale e affermato in una nota di essere al lavoro per fornire indicazioni agli studenti: «Questa azione di ritorsione minaccia di arrecare gravi danni alla comunità di Harvard e al nostro Paese e compromette la sua missione accademica e di ricerca», si legge nel comunicato stampa dell’istituto. Nelle scorse ore, riporta il New York Times, l'università ha fatto causa per la seconda volta all'amministrazione Trump, accusando il tycoon e il suo staff di aver violato il primo emendamento, ossia quello che garantisce la libertà di culto, di parola e di stampa, nonché il diritto di riunirsi pacificamente e il diritto di appellarsi al Governo per correggere i torti. Secondo il rettore Alan Garber, la perdita degli studenti internazionali sarebbe un durissimo colpo per l'istituto: «Con un tratto di penna, il governo ha cercato di cancellare un quarto del corpo studentesco di Harvard», ovvero tutti gli «studenti internazionali che contribuiscono in modo significativo all'Università e alla sua missione», si legge nella denuncia depositata presso il tribunale distrettuale del Massachusetts.
I vertici di Harvard e il presidente Donald Trump sono ormai in conflitto da mesi e lo scontro si è intensificato da quando l’ateneo ha sfidato apertamente le richieste della Casa Bianca di apportare cambiamenti nei programmi delle università d'élite, considerate «focolai di liberalismo e antisemitismo». Lo stesso Alan Garber, in seguito a un’indagine interna al campus, aveva ammesso alcuni episodi «non gravi» di antisemitismo, che mai avrebbero fatto pensare a un'azione così dura da parte del DHS. Il Governo USA ha già tagliato 2,6 miliardi di dollari di sovvenzioni federali ad Harvard, costringendo l'ateneo ad autofinanziare gran parte delle sue vaste attività di ricerca e spingendolo a intentare una prima causa contro l'Amministrazione Trump.
L'ateneo ospita pure molti studenti asiatici, e tra i più critici a livello internazionale c'è proprio la Cina (quest'anno rappresentata da oltre 2 mila persone, tra studenti e ricercatori), la quale, attraverso la portavoce del Ministero degli Esteri Mao Ning, ha riservato dure condanne a Washington. Pechino ha definito la decisione di Trump una mossa «di politicizzazione dell'istruzione», promettendo di proteggere gli studenti da una decisione che «danneggia la credibilità degli Stati Uniti e i reciproci legami accademici». La Cina, ha sottolineato Mao Ning, «si è costantemente opposta alla politicizzazione della cooperazione sull'istruzione», affermando che «l'azione da parte degli Stati Uniti non farà altro che danneggiare l'immagine e la reputazione internazionale dell'America».
Il blocco (temporaneo)
Un giudice federale ha nel frattempo bloccato temporaneamente il giro di vite imposto dall'amministrazione Trump. Il giudice ha accolto la mozione presentata oggi dall'ateneo dopo la decisione dell'Homeland Security. «All'amministrazione Trump è da questo momento impedito di attuare... la revoca della certificazione SEVPp (Student and Exchange Visitor Program) della parte ricorrente,» ha ordinato la giudice Allison Burroughs nel contesto di uno scontro crescente tra la Casa Bianca e l'università della Ivy League.
Harvard ha chiesto con urgenza a un tribunale federale una ordinanza restrittiva temporanea. La mozione alla US District Court del Massachusetts, presentata in parallelo alla causa dell'ateneo contro l'amministrazione, cita tra gli altri la ministra della Homeland Security Kristi Noem, il segretario di Stato Marco Rubio e la Attorney General Pam Bondi.