Il sondaggio

Trump il «pacificatore» bocciato in politica estera: «La situazione in Ucraina è peggiorata»

La maggior parte degli americani ritiene che su molti temi internazionali, l'operato del presidente USA sia stato «distruttivo»: dai rapporti con la Cina a quelli economici con gli alleati, sino al conflitto innescato dalla Russia
©Aaron Schwartz / POOL
Michele Montanari
07.11.2025 15:50

Donald Trump si vanta di aver messo fine a otto guerre in nove mesi. Eppure, nonostante i palesi passi avanti nel conflitto tra Israele e Hamas, con una tregua che fino a pochi mesi fa sembrava impensabile, la maggior parte degli americani boccia sonoramente l’operato del presidente USA in materia di politica estera. È quanto emerge da un sondaggio dell'Eurasia Group Institute for Global Affairs (IGA), una società di consulenza sui rischi politici fondata a New York dal politologo Ian Bremmer nel 1998. L'analisi è stata condotta su un campione rappresentativo a livello nazionale di 1.000 statunitensi, tra il 6 e il 14 ottobre, ossia i giorni in cui Israele e Hamas accettavano la proposta di Washington, concordando il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi.

Nel resoconto dell’IGA, dal titolo Reckless Peacemaker? (traducibile in «Un Pacificatore imprudente?») emerge come gli americani promuovano l’Amministrazione Trump solamente quando si tratta di lotta internazionale al narcotraffico. Per quanto riguarda la situazione nella Striscia di Gaza, il tycoon descrive il fragilissimo cessate il fuoco tra Israele e Hamas come un traguardo raggiunto grazie ai suoi sforzi, attribuendosi il merito di aver «messo fine» alla guerra. La cronaca di queste settimane, purtroppo, racconta altro: continue tensioni, aiuti umanitari insufficienti, ancora morti tra i palestinesi sotto il fuoco israeliano e ritardi nella consegna dei corpi degli ostaggi rapiti dal gruppo islamista il 7 ottobre del 2023. È innegabile che Trump abbia dato una spinta nella giusta direzione (dopo aver armato la mano dello Stato ebraico per mesi), ma l'accordo lascia ancora parecchi nodi da sciogliere, specialmente quelli relativi alla ricostruzione e all’amministrazione della Striscia di Gaza.

Rispondendo al sondaggio, i repubblicani hanno valutato la leadership di Trump utilizzando spesso gli aggettivi «dura», «intelligente» e «pacificatoria», mentre i democratici e gli indipendenti hanno scelto parole come «distruttiva», «incostante» e «sconsiderata». Trump è un personaggio divisivo come pochi altri, e infatti, stando al sondaggio, proprio la metà degli americani crede che stia ottenendo scarsi risultati in generale. Ma quando si tratta di alcuni temi spinosi di politica estera, la maggior parte degli interpellati boccia sonoramente Washington, affermando che l'amministrazione Trump sta peggiorando la situazione precedente al suo insediamento alla Casa Bianca. I temi sono noti: il conflitto israelo-palestinese, con il 35% delle persone che boccia Trump, mentre il 34% lo promuove (il 17% ritiene che la situazione non sia cambiata, mentre il 14% ha affermato di non avere un’opinione in merito), l’immigrazione negli Stati Uniti (45% di contrari contro 41% di favorevoli), il programma nucleare iraniano (39% contro 26%), il rischio di un conflitto nucleare (42% contro 21%, questo prima delle ultime tensioni tra USA e Russia) o la guerra in Ucraina (42% contro 23%). Il tema del conflitto scatenato dall’invasione russa è particolarmente frustrante per Trump, visto che in campagna elettorale aveva promesso di placarlo in poche settimane e durante l'incontro di Ferragosto in Alaska aveva accolto Vladimir Putin sul tappeto rosso, convinto di poterlo «addomesticare». Le cose sono andate diversamente.

Le valutazioni peggiori affibbiate al presidente USA, però, arrivano nell’ambito delle relazioni con gli alleati (49% di contrari rispetto a un 26% di favorevoli), inasprite dai pesanti dazi su cui proprio in questi giorni si sta chinando, non senza difficoltà, la Corte Suprema. E ancora, non piace l’atteggiamento del tycoon sui cambiamenti climatici (46% contro un misero 14%), e neppure il suo atteggiamento nei confronti della Cina, bocciato dal 54% degli americani (solo il 16% ha promosso l’operato di Trump). Inoltre, il capo della Casa Bianca avrebbe reso più fragile il ruolo degli Stati Uniti nel mondo (52% contro 30%). Stando al sondaggio, dunque, pure quasi un quarto dei repubblicani si è distanziato dalle politiche del presidente, in particolare per quanto concerne le relazioni USA-Cina (il 24%) e il commercio internazionale (21% di contrari).

Inoltre, molti americani sono scettici riguardo al ruolo di «pacificatore» auto-assegnatosi dallo stesso Trump: la maggior parte di loro, considerando tutti gli schieramenti politici, ritiene che il capo della Casa Bianca non meriti il ​​Premio Nobel per la Pace (64%), nonostante le vanterie sull’aver messo fine a otto guerre, alcune delle quali descrivibili piuttosto come conflitti circoscritti o accese tensioni. Trump tra i suoi meriti cita l'aver promosso accordi tra Israele e Hamas, tra lo Stato ebraico e l’Iran, tra l’Egitto e l’Etiopia, tra l'India e il Pakistan, tra la Serbia e il Kosovo, tra il Ruanda e la Repubblica Democratica del Congo, tra l'Armenia e l'Azerbaigian, e, infine, tra la Cambogia e la Thailandia.

Grande assente di questa lista, rumorosissima, l’invasione dell'Ucraina. Il capo della Casa Bianca, in campagna elettorale, aveva promesso di poter fermare il conflitto in appena 24 ore. Invece, in questi nove mesi di presidenza, si è assistito a un inasprimento degli attacchi delle truppe di Vladimir Putin sull’ex Repubblica sovietica, con un aumento delle vittime civili e la costante distruzione di infrastrutture fondamentali, come quelle energetiche. Di più, negli scorsi giorni, Mosca è arrivata ad esaltare i propri armamenti nucleari «senza eguali al mondo», affermando che il drone-siluro Poseidon e il missile da crociera Burevestnik sono stati testati con successo. Trump, in tutta risposta, ha dato ordine al Dipartimento della Guerra di riprendere immediatamente gli esperimenti sugli armamenti nucleari, riaccendendo la fiamma della mai sopita rivalità tra Stati Uniti e Russia.