La guerra in Ucraina

Trump, passo indietro sulla mediazione: «Non è nostro interesse nazionale»

Il presidente degli Stati Uniti ha fatto sapere che Putin e Zelensky dovranno trovare da soli le condizioni per un vertice – Le premesse sono totalmente negative – Mosca non accetterà mai la presenza di truppe occidentali a Kiev e pretende di annettersi il Donbass
La tregua in Ucraina non c’è, ogni giorno si susseguono i bombardamenti e le incursioni dei droni russi nel Paese invaso. ©Roman Baluk
Dario Campione
21.08.2025 22:33

Pochi giorni prima dell’insediamento aveva detto: «Metterò fine alla guerra in Ucraina in 24 ore». Oggi, oltre 7 mesi dopo quelle dichiarazioni - che molti, in ogni caso, avevano giudicato come minimo incaute - ha scelto di fare un passo indietro. Donald Trump non parteciperà più attivamente - almeno per il momento - al negoziato di pace tra Mosca e Kiev, ma tenterà soltanto di favorire l’avvio di incontri bilaterali tra le parti in conflitto. La notizia, anticipata in un commento dal portale Politico, è stata rilanciata oggi pomeriggio dal Guardian. Il quotidiano britannico, citando fonti dirette dell’amministrazione di Washington, ha spiegato i motivi di un «approccio attendista» con la «mancanza di interesse nazionale nel negoziare ulteriormente tali questioni pubblicamente».

L’esposizione di Trump sta diventando eccessiva, i suoi sforzi si rivelano inutili, le sue considerazioni ottimistiche finiscono sempre per schiantarsi contro il muro eretto dal Cremlino. Nella guerra mediatica, combattuta in parallelo con quella militare, il tycoon è messo regolarmente all’angolo dal suo «amico» Vladimir Putin, il quale con una mano sembra intenzionato a firmare un’intesa, con l’altra continua imperterrito a schiacciare i bottoni di lancio di missili e droni verso l’Ucraina.

Le condizioni di Kiev

L’annuncio del passo indietro del presidente americano è giunto nel mezzo di una giornata segnata dalle dichiarazioni prima del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, poi del ministro russo degli Esteri Sergei Lavrov.

Dichiarazioni che hanno, ancora una volta, chiarito quanto distanti, e persino inconciliabili tra loro, siano le posizioni dei due Paesi in guerra dal febbraio 2022.

Durante una conversazione con i giornalisti riportata quasi interamente dall’agenzia di stampa Ukrinform, Zelensky ha confermato come un incontro con Putin sia possibile soltanto dopo aver concordato con gli alleati occidentali garanzie di sicurezza per l’Ucraina. «Vogliamo arrivare a un accordo sulla struttura delle garanzie di sicurezza entro sette-dieci giorni. Sulla base di tale accordo, miriamo a tenere un incontro trilaterale. Questa è la mia logica - ha detto Zelensky ai giornalisti - Il presidente Trump ha suggerito una logica leggermente diversa: un incontro trilaterale attraverso uno bilaterale, ma poi abbiamo tutti convenuto che, in ogni caso, continueremo a lavorare sulle garanzie di sicurezza, stabilendo questo quadro approssimativo, simile all’articolo 5 della NATO (l’intervento in caso di attacco a un Paese alleato, ndr). E quello che abbiamo oggi è il sostegno politico a questo».

«Non sappiamo quanti Paesi siano pronti per gli stivali sul terreno (la presenza fisica dei militari in Ucraina, ndr) - ha aggiunto Zelensky - Sappiamo che nella coalizione dei volenterosi ci sono trenta Paesi che stanno potenzialmente prendendo in considerazione la propria partecipazione alle garanzie di sicurezza. Qualcuno potrebbe essere con gli stivali sul terreno, qualcuno è pronto a garantire la difesa aerea, qualcuno coprirà il cielo o passerà un po’ di tempo a pattugliare il cielo. Qualcuno, ne sono certo, sarà pronto solo per i finanziamenti, perché ha la neutralità o un altro status nella sua Costituzione. È importante che ci siano questi Paesi, tra cui il Giappone e l’Australia, che siano presenti e che siano pronti. Non sappiamo esattamente per cosa saranno pronti, ma è importante che esistano».

Il presidente ucraino ha infine ripetuto il suo no a cessioni di territorio, liquidando come una «spacconata» i discorsi di Mosca sull’occupazione del Donbass.

Alla Russia «sarebbero necessari altri 4 anni di guerra per conquistare il resto della regione chiesta da Putin in cambio della fine dei combattimenti - ha detto - Prima dell’invasione, ne controllava un terzo, adesso ne controlla il 67-69%; ciò vuol dire che in tre anni e mezzo di guerra ha conquistato solo un terzo della regione. Putin sta cercando di vendere aria fritta a Donald Trump, forse sperando di evitare la fine della guerra e fissando condizioni che non possiamo accettare. Ho spiegato a Trump che un ritiro da tutto il Donbass aprirebbe la strada alla Russia verso Kharkiv e Dnipro. Se Putin prendesse il controllo del Donbass, si spingerebbe oltre, a prescindere da qualsiasi accordo firmato».

La risposta di Lavrov

A Zelensky ha risposto, praticamente in tempo reale, il ministro russo degli Esteri, Sergei Lavrov. E i toni sono stati tutt’altro che concilianti.

In una conferenza stampa tenuta al termine dei colloqui moscoviti con l’omologo indiano Subrahmanyam Jaishankar e ripresa dall’agenzia ufficiale TASS, Lavrov ha ripetuto sino allo sfinimento che «la presenza di truppe straniere in Ucraina è del tutto inammissibile per la Russia. Spero che capiscano che questo sarà assolutamente inaccettabile per la Federazione Russa e per tutte le forze politiche ragionevoli in Europa».

Mosca non arretra insomma di un millimetro dalle sue richieste (e, d’altronde, non lo ha mai fatto): riconoscimento dell’annessione dei territori occupati, demilitarizzazione dell’Ucraina, divieto d’ingresso di Kiev nella NATO e nell’UE. «I Paesi europei che hanno seguito il signor Zelensky a Washington - ha detto Lavrov - hanno tentato di promuovere la propria agenda, il cui obiettivo è stabilire garanzie di sicurezza costruite sulla logica dell’isolamento della Russia, unendo il mondo occidentale con l’Ucraina al fine di continuare una politica conflittuale aggressiva, di contenimento della Federazione Russa; il che significa, ovviamente, infliggerci ancora una sconfitta strategica».

Il capo della diplomazia del Cremlino ha parlato di «impresa assolutamente senza speranza» e ha nuovamente tentato di blandire Donald Trump mettendolo nel contempo contro l’Europa.

«Mi auguro che la cospirazione dell’Europa per minare i risultati del vertice in Alaska fallisca. Noi continueremo a seguire la rotta chiaramente concordata dai presidenti di Russia e Stati Uniti. Gli obiettivi dell’attuale leadership ucraina, certamente alimentati dagli sponsor occidentali del regime di Kiev, sono diretti contro gli sforzi che il presidente Trump sta facendo nella ricerca di modi sostenibili a lungo termine per affrontare e risolvere le cause profonde del conflitto».

E a conferma ulteriore della totale mancanza di volontà di dialogo con l’Ucraina, Lavrov è ritornato a mettere in discussione la legittimità di Zelensky, il cui mandato presidenziale è scaduto da un anno. «Il nostro presidente ha ripetutamente affermato di essere pronto a incontrarsi, anche con il signor Zelensky, con la consapevolezza che quando, spero, si tratterà di firmare accordi futuri, allora la questione della legittimità della persona che firmerà questi accordi con la parte ucraina sarà risolta».