Stati Uniti

Trump riceve Mamdani: «Andremo d'accordo per New York»

Al centro dell'incontro i temi della campagna elettorale del neo sindaco: il carovita e l'immigrazione – Sparito dal vocabolario delle ultime ore anche l'appellativo «comunista»
© KEYSTONE (AP Photo/Evan Vucci)
Ats
21.11.2025 22:03

Dopo mesi di attacchi feroci e minacce di tagliare miliardi di dollari e militarizzare New York, Donald Trump depone le armi (almeno per ora) e riceve Zohran Mamdani nello Studio Ovale, assicurandogli che lo aiuterà, «un grande aiuto» a realizzare il suo programma per la città. Il primo faccia a faccia tra i due, la prima volta che un sindaco di New York e forse di tutte le città americane ha il privilegio di un colloquio a due con un presidente, sembra essere andato più che liscio.

D'altronde il 34enne, primo sindaco eletto musulmano e millenial della Grande Mela, non è un politico qualunque. E questo The Donald lo sa. «Sarà un grande sindaco», ha detto al tycoon il socialista di cui potrebbe essere il nonno e che ha idee diametralmente opposte alle sue. «Lo aiuterò a realizzare i suoi sogni per New York», ha promesso Trump, mentre al suo fianco Zohran sorrideva più che compiaciuto. Anche Mamdani ha cambiato completamente l'atteggiamento verso il presidente definendo l'incontro «molto produtivo» e sostenendo che lui e il repubblicano condividono alcuni obiettivi, come quello di abbassare il carovita nella Grande Mela e la necessità di costruire nuove case, i due cavalli di battaglia della sua campagna.

Toni lontani anni luce dagli strali scagliati da una parte e dall'altra nei mesi scorsi. Sparito dal vocabolario del presidente americano anche l'appellativo «comunista». Anzi, Trump ha perfino ammesso che «alcune delle idee» del socialista sono «come le sue» e che ora che lo ha incontrato «è sicuro che si troverebbe bene nella New York di Mamdani».

D'altra parte Trump ha tutto l'interesse ad avere buoni rapporti con il primo cittadino di una città nella quale ha molti affari e proprietà. E il sindaco ha tutto da guadagnare dalla pace con Washington in vista del suo insediamento il primo gennaio. Ha perfino dribblato su una domanda riguardo alla risoluzione approvata alla Camera per denunciare gli «orrori del socialismo». Insomma i due sembravano veramente in sintonia, come quando un reporter ha chiesto a Mamdani se pensasse ancora che Trump fosse un «fascista» e il presidente scherzando lo ha invitato a rispondere «sì, è più facile che spiegare». O quando al presidente è stato chiesto se condividesse l'opinione della repubblicana Stefanik che il primo cittadino è un «jihadista» e lui ha risposto: «Ho incontrato una persona molto razionale».

Per prepararsi all'incontro Mamdani ha avuto lunghe conversazioni con i big del Partito democratico, dalla governatrice di New York, Kathy Hochul, al leader della minoranza alla Camera, Hakeem Jeffries, al veterano del Senato Chuck Schumer. Ma al suo fianco nello Studio Ovale c'era la nuova generazioni dei dem: Elle Bisgaard-Church e Morris Katz, due consiglieri chiave, e la portavoce Dora Pekec, con un'età media sotto i 30 anni, come tutta la cerchia ristretta di Zohran. Ma quando gli è stato chiesto se si senta già il leader del partito democratico, astutamente ha risposto: «Sono il sindaco di New York, la mia attenzione è tutta su quello».

Deposta l'ascia di guerra con Mamdani, Trump ha continuato ad attaccare i sei parlamentari democratici che in un video hanno esortato i militari a «rifiutare ordini illegali». «Non li sto minacciando di morte ma penso che siano in guai seri», ha detto in un'intervista a Fox News dopo che il suo post su Truth ha suscitato indignazione e shock nell'opposizione. Il presidente ha tuttavia ribadito che «ai vecchi tempi» il loro comportamento sarebbe stato punito con «la pena di morte».