Trump vs Musk: la NASA sopravvivrebbe a un «divorzio spaziale»?

«Quando si tratta di mandare in bancarotta il nostro Paese con sprechi e corruzione, viviamo in un sistema monopartitico, non in una democrazia. Oggi, l'America Party è nato per restituirvi la libertà». Con queste parole, a inizio luglio, Elon Musk annunciava la fondazione, negli Stati Uniti, di un nuovo partito, certificando al contempo la spaccatura - ormai definitiva - con il presidente statunitense Donald Trump.
Ma fra tutte le minacce e le stoccate che Trump e Musk si sono scambiati mentre il loro rapporto si sgretolava, quelle legate ai contratti governativi con SpaceX rischiano di aver il maggior impatto. Nel mezzo di un litigio finito sui social a inizio luglio, Trump aveva suggerito come il Dipartimento per l'efficienza del governo (DOGE) - l'agenzia creata da Musk stesso - potrebbe presto rivedere i sussidi legati al patron di Tesla, compresi quelli ricevuti da SpaceX. «Senza sovvenzioni, Elon dovrebbe probabilmente chiudere l'attività e tornare a casa in Sudafrica. Niente più lanci di razzi, satelliti o produzione di auto elettriche, e il nostro Paese risparmierebbe una fortuna. Forse dovremmo chiedere a DOGE di dare una bella occhiata a questa situazione? Si risparmierebbero un sacco di soldi».
Una recente analisi di Bloomberg mostra tuttavia che il legame tra SpaceX e le agenzie federali — in particolare la NASA e il Pentagono — è così profondo che un’improvvisa interruzione degli accordi sarebbe difficile da attuare, sia dal punto di vista operativo che legale. La NASA sopravvivrebbe?
Il ruolo di SpaceX per la NASA e la Difesa
Negli anni, SpaceX si è trasformata nel fornitore principale della NASA per i lanci spaziali. Grazie a finanziamenti iniziali dell’agenzia, l’azienda ha sviluppato il razzo Falcon 9 e la capsula Dragon, che oggi trasportano regolarmente persone e materiali verso la ISS. Inoltre, SpaceX sta progettando il veicolo che verrà utilizzato per deorbitare la stazione spaziale al termine della sua operatività, prevista per il 2030.
Uno dei progetti più ambiziosi è la trasformazione del razzo Starship in un lander lunare per il programma Artemis della NASA. Starship sarà in grado di trasportare astronauti sulla superficie lunare, e il primo sbarco è previsto non prima del 2027. SpaceX è anche coinvolta in missioni scientifiche di lungo raggio: lo scorso ottobre, un Falcon Heavy ha lanciato una sonda destinata a esplorare l’abitabilità della luna ghiacciata di Giove, Europa.
Dal 2003, il Dipartimento della Difesa ha assegnato a SpaceX contratti non classificati per un valore di almeno 6,2 miliardi di dollari, relativi a servizi di lancio e tecnologia satellitare. I razzi Falcon Heavy e Falcon 9 sono tra i pochi autorizzati a mettere in orbita satelliti di sicurezza nazionale per conto della US Space Force.
Inoltre, il Pentagono utilizza Starshield, una versione militarizzata della rete di comunicazione satellitare sviluppata da SpaceX, Starlink. Starshield offre segnali criptati, difficili da intercettare o disturbare, e costituisce una risorsa strategica per la sicurezza nazionale.
Perché affidarsi a SpaceX?
Per decenni, la NASA ha progettato, costruito e gestito in prima persona ogni componente delle sue missioni spaziali. Perché, allora, affidarsi a una compagnia privata? In realtà, la trasformazione è in atto da vent’anni e, progressivamente, ha visto la NASA divenire - da ente operativo - un cliente di servizi forniti da aziende private. Questo cambio di paradigma, evidenzia l'approfondimento di Bloomberg, è iniziato durante l’amministrazione di George W. Bush, che nel 2004 lanciò il programma «Vision for Space Exploration» per sostituire lo Space Shuttle senza prevedere un rimpiazzo costruito in-house.
La NASA aprì quindi il mercato a compagnie private per sviluppare veicoli in grado di trasportare carichi verso la ISS. SpaceX rispose alla chiamata con lo sviluppo del Falcon 9 e della capsula Dragon. L’amministrazione Obama accelerò ulteriormente questo approccio, chiedendo anche la realizzazione di navette per trasportare esseri umani. SpaceX trasformò così la Dragon in una capsula con equipaggio, aprendo la strada ai voli spaziali commerciali. Il resto è storia.
Alternative
Non stupisce, allora, che oggi NASA e SpaceX siano ormai inscindibili. E le alternative, per il programma spaziale statunitense, pochissime. United Launch Alliance (ULA), una joint venture tra Boeing e Lockheed Martin, Northrop Grumman, Blue Origin (sostenuta da Jeff Bezos), Rocket Lab e Firefly Aerospace hanno tutti contratti con la NASA, ricorda l'agenzia statunitense. Tuttavia, le nuove generazioni di razzi, come Vulcan (ULA) e New Glenn (Blue Origin), sono ancora in fase iniziale. L’Antares di Northrop è in aggiornamento, mentre Rocket Lab e Firefly stanno lavorando a razzi di dimensioni maggiori, non ancora pronti. Ripartire da zero richiederebbe anni.
Insomma, nessuno può al momento eguagliare il ritmo di lancio di SpaceX: secondo un rapporto di maggio di Evercore ISI, l’azienda ha rappresentato circa il 90% dei lanci orbitali statunitensi nel 2024. Falcon 9 e Falcon Heavy sono inoltre parzialmente riutilizzabili, contribuendo a ridurre significativamente i costi.
Attualmente, SpaceX è l’unico fornitore americano certificato per il trasporto di astronauti verso la ISS. Molti esperti considerano la posizione dominante di SpaceX una vulnerabilità. Come dichiarato a Bloomberg News da Emily Horne, ex portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale, «non è salutare per il governo dipendere da una sola azienda per una funzione di sicurezza nazionale critica». La rottura con Trump «rende questa dipendenza ancora più evidente».
Formalmente, Trump potrebbe rompere i contratti con SpaceX di Musk. Ma le conseguenze per la NASA sarebbero enormi e implicherebbero rimborsi miliardari per costi già sostenuti. Senza considerare, poi, che - considerata la natura pubblica dello scontro con Trump - Musk potrebbe anche tentare di impugnare legalmente la decisione, sostenendo che sia motivata da ragioni politiche e non da una reale necessità operativa o da inadempienze.