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Un nuovo cambio di rotta sulla guerra in Ucraina: «Trump si è fatto ingannare ancora da Putin»

Dopo settimane di passi verso Kiev, con la possibile cessione dei missili a lungo raggio Tomahawk, il presidente USA si riavvicina a Mosca, suggerendo che l'Ucraina dovrebbe cedere territori per non essere «distrutta»
©Jae C. Hong
Michele Montanari
21.10.2025 10:30

Se rispetto al conflitto in Medio Oriente la sua posizione è sempre stata ferma e indiscutibile – pieno sostegno a Israele, anche di fronte al massacro dei palestinesi a Gaza – sulla guerra in Ucraina, Donald Trump, appare decisamente più altalenante, quasi schizofrenico. Continui cambi di rotta, ceffoni e carezze a Volodymyr Zelensky e una sorta di timore reverenziale verso Vladimir Putin, che, nei momenti cruciali, torna smaccatamente a farsi sentire.

Nelle scorse ore, dopo settimane di passi nella direzione di Kiev, il presidente americano ha nuovamente virato verso Mosca, proprio mentre il leader ucraino chiedeva ulteriori aiuti difensivi agli Stati Uniti (25 batterie di missili antiaerei Patriot e i Tomahawk a lungo raggio).

L’ultimo incontro tra Zelensky e Trump, andato in scena venerdì alla Casa Bianca, non sembra essere andato benissimo. Il Financial Times ha riferito di un acceso scontro tra i due leader, con il presidente USA che avrebbe esortato il suo interlocutore ad accettare le condizioni della Russia per porre fine alla guerra, avvertendo che in caso contrario Putin sarebbe in grado di arrivare a «distruggere» l'Ucraina.

Secondo il FT, durante il faccia a faccia non sarebbero mancati momenti di tensione e di lite, con Trump che avrebbe «imprecato ripetutamente» all'indirizzo del suo interlocutore. Di più, fonti europee hanno parlato di una «litigata furibonda», durante la quale il tycoon avrebbe persino gettato via le mappe del fronte ucraine, accusando Kiev di essere sul punto di perdere la guerra, con Zelensky che si era recato a Washington nella speranza di ottenere ulteriore sostegno da parte americana. In primis la possibilità di ricevere i missili a lungo raggio Tomahawk, come del suggerito dallo stesso Trump nelle scorse settimane, in uno dei suo rari momenti di ostilità alla Russia.

Le due telefonate di Zelensky a Trump e il successivo incontro di persona alla Casa Bianca avevano alimentato la speranza ucraina sul fatto che Washington potesse fornire i missili da crociera a lungo raggio, in grado di colpire in profondità il territorio russo, ma soprattutto un deterrente per cercare di frenare i continui bombardamenti di Mosca sulle strutture critiche dell'ex Repubblica sovietica. Tuttavia, negli ultimi giorni, dopo una telefonata con il capo del Cremlino, il presidente degli Stati Uniti sembra aver fatto nuovamente inversione di rotta.

Domenica il tycoon è tornato sulla sua precedente posizione rispetto al cessate il fuoco, ossia la cessione da parte di Kiev di gran parte del territorio occupato dalle truppe di Putin. Nello specifico, Trump ha suggerito che il modo migliore per porre fine al conflitto innescato dall’invasione russa sarebbe quello di «tagliare» la regione del Donbass in modo da lasciarne la maggior parte sotto il controllo di Mosca, mentre Kiev dovrebbe rinunciare a parte del suo territorio. «Potranno negoziare qualcosa più avanti», ha spiegato il capo della Casa Bianca ai giornalisti a bordo dell’Air Force One, aggiungendo che per ora, entrambe le parti in conflitto, dovrebbero «fermarsi sulla linea di battaglia: tornare a casa, smettere di combattere, smettere di uccidere».

Zelensky, dal canto suo, ieri ha definito «positivo» l'incontro a Washington, nonostante la presunta lite con Trump e il blocco momentaneo dei Tomahawk. Secondo il Kyiv Independent, il presidente ucraino, il suo team e gli alleati avrebbero lavorato per mesi per portare il presidente americano dalla parte di Kiev, ma la telefonata di giovedì con Putin avrebbe nuovamente scompaginato l’agenda americana, nella quale erano marcati pure i missili a lungo raggio.

Sarebbe stata proprio la telefonata tra la Casa Bianca e il Cremlino a far deragliare il successivo incontro a Washington tra Trump e Zelensky.  Putin avrebbe chiamato il leader USA a causa del possibile invio dei Tomahawk, convincendo Trump ad evitare una escalation, almeno fino all’incontro di Budapest.

Putin, nella telefonata di giovedì, avrebbe ribadito a Trump le sue condizioni per la tregua, ovvero la cessione da parte dell’Ucraina dell’intera regione di Donetsk, attualmente occupata per circa il 70% dai russi, lasciando intendere che, con tale concessione, avrebbe pure potuto valutare la cessione di parti degli oblast' di Zaporizhzhia e Kherson, entrambi parzialmente occupati da Mosca. Quella del capo del Cremlino, però, sembra essere l’ennesima strategia per prendere tempo, proprio come avvenuto con il vertice in Alaska di Ferragosto

In un'intervista rilasciata al Kyiv Post, Steven Pifer, ambasciatore degli Stati Uniti in Ucraina dal 1998 al 2000, ha parlato senza mezzi termini di un inganno russo ai danni del presidente americano. Secondo Pifer, Trump sarebbe stato «nuovamente fregato da Putin nella telefonata di giovedì».

Il diplomatico di alto livello ritiene che il mantenimento della linea nel Donbass sia un imperativo strategico per Kiev: «Rinunciare a quel territorio significherebbe cedere le linee difensive che hanno fermato l'esercito russo per tre anni e mezzo». Pifer, inoltre, non crede che dalla Casa Bianca possa arrivare un sostegno significativo all'Ucraina, in quanto Trump non sarebbe in grado di trovare un accordo con Putin: «Se (Trump) facesse sul serio, farebbe pressione su Mosca per far sì che Putin cambi i suo piani, affinché capisca che continuare a cercare di vincere sul campo di battaglia porterebbe ad un fallimento e significherebbe solo maggiori costi politici, economici e militari per Mosca».

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