Un passato che non passa: sui neofascisti è scontro totale

Da un lato, la solidarietà di Mario Draghi alla Cgil, e l’abbraccio a favore di telecamere con il segretario generale Maurizio Landini. Dall’altro, la furiosa polemica tra PD e Fratelli d’Italia sull’eredità politica del fascismo e sull’incapacità (o mancanza di volontà) di Giorgia Meloni di prendere le distanze una volta per tutte dalle frange estremistiche. In mezzo, un Paese che - sempre troppo condizionato da una campagna elettorale permanente - si scopre ancora una volta ideologicamente diviso e incapace di fare i conti con la propria storia.
Dopo quanto accaduto sabato a Roma, nessuno ha pensato, nemmeno per un istante, che il frastuono degli scontri di piazza potesse attenuarsi nel giro di poche ore. Tuttavia, i toni del conflitto politico si sono alzati in modo preoccupante. Così, mentre il vicesegretario del PD ed ex ministro per il Sud, Peppe Provenzano, sottolineava le «ambiguità che pongono Fratelli d’Italia fuori dall’arco democratico e repubblicano», la stessa Meloni replicava su Facebook parlando di «gravissime affermazioni che rivelano la vera intenzione della sinistra: farci fuori».
L’inchiesta
Nel frattempo, sul fronte giudiziario, sono almeno due i fascicoli di indagine aperti dalla Procura di Roma per ricostruire la guerriglia urbana andata in scena tre giorni fa nella capitale italiana e individuare eventuali responsabilità penali. I magistrati hanno contestato i reati di istigazione a delinquere, devastazione e saccheggio ad alcune persone (tutte arrestate) ritenute promotrici della rivolta e dell’irruzione nella sede nazionale della Cgil. Tra loro, l’ex eurodeputato Roberto Fiore e Giuliano Castellino, dirigenti di Forza Nuova; Luigi Aronica, già fondatore dei Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR) e condannato in passato a 18 anni; l’attivista No vax Pamela Testa; il leader del movimento IoApro, Biagio Passaro.
Gli storici
«Mai, come in questi giorni, si sono visti episodi - i più diversi tra loro - non riferibili a gruppi marginali come Forza Nuova. La verità è che in Italia, a causa di un misto tra indifferenza e condiscendenza, i partiti della destra istituzionale continuano a ospitare frange neofasciste al loro interno. Fanno finta di non vedere, non capendo che questa cosa li danneggia enormemente». L’analisi di Paolo Mieli, giornalista e storico, già direttore del Corriere della Sera, è impietosa. «Tutti questi giovani che riprendono e si riappropriano della fraseologia del fascismo sono inspiegabili agli occhi del mondo. Sono un fenomeno allarmante. Anche l’aggressione alla Cgil non si capisce, a meno di non attribuirle un significato simbolico: unita alle braccia alzate e alle mani tese diventa un evento voluto e cercato, e quindi grave».
Una situazione confusa e complicata, che la sinistra talvolta affronta in modo sbagliato. «L’antifascismo non può essere utilizzato a intermittenza - dice ancora Mieli - se Giorgia Meloni critica Matteo Salvini, com’è accaduto ad esempio di recente alla presentazione di un libro, si sprecano gli elogi, altrimenti si attacca a testa bassa. Quando Gianfranco Fini contrastò Berlusconi nessuno tirò in ballo le deviazioni o le braccia alzate. Ma c’erano. E le persone di allora sono le stesse di oggi».
Secondo Francesco Filippi, storico della mentalità, formatore e collaboratore della Fondazione Feltrinelli, «chiunque conosca la parabola dei movimenti politici italiani non può meravigliarsi di quanto accaduto a Roma. Non è una novità assoluta, non c’è lo shock del mai visto. L’estrema destra si è riorganizzata sin dal primo dopoguerra; il Movimento Sociale fu fondato alla fine del 1946, il suo simbolo è tuttora dentro quello di Fratelli d’Italia». Sabato scorso, dice ancora Filippi, «abbiamo visto un fenomeno in realtà già conosciuto e sperimentato all’interno delle dinamiche di piazza degli anni ’70: un corteo di scontento sulle normative COVID, apolitico e legittimo ma privo di una sufficiente forza di carattere politico, è stato infiltrato e avvelenato, strumentalizzato dall’estrema destra romana che ha approfittato di migliaia di persone per portare avanti una strategia di scontro. Una manovra di bassa tattica politica: volevano prendersi il merito di aver trascinato la gente in strada e fare di questa stessa gente la propria massa d’urto».
Il punto è capire quanto e come la destra neofascista sia in grado di permeare la destra istituzionale, fino a condizionarne le scelte o i programmi. Secondo Francesco Germinario, storico della politica e ricercatore della Fondazione Luigi Micheletti, il pericolo esiste ma «non per i rapporti personali correnti fra settori della destra fascista e quelli della destra istituzionale. La questione, piuttosto, è storica: la destra istituzionale non è ancora riuscita a rielaborare del tutto - e dunque a storicizzarlo - il ventennio fascista. Essa pensa cioè che, malgrado il tempo trascorso, ci sia qualcosa di ancora valido dell’esperienza fascista cui ci si possa riferire. Penso, ad esempio, al rinato mito politico della nazione, che oggi erroneamente si chiama “sovranismo”». Ma c’è anche qualcos’altro. «La cultura politica fascista affascina perché delinea un immaginario di opposizione al Presente - aggiunge Germinario - il richiamo al fascismo si fa quindi protesta. La cultura di sinistra, invece, ammesso che esista ancora, è percepita come sistemica, direbbero i politologi; è vista come giustificazione dell’esistente. A questo punto, il fascismo diventa un punto di riferimento come altro da un Presente vissuto con sofferenza. E questo spiega, ad esempio, perché la destra - istituzionale e non - ha trovato udienza nelle periferie delle grandi città».
Dalle urne al carcere. I movimenti europei messi al bando
Dopo la piazza, lo scontro politico italiano si è trasferito in Parlamento dove destra e sinistra si daranno battaglia sulla proposta di scioglimento di Forza Nuova (il cui sito, ieri, è stato oscurato dalla polizia).
Non una prima volta, in Europa. Sono infatti almeno tre i gruppi di ispirazione neofascista banditi di recente dai rispettivi governi.
In Grecia, Alba Dorata usava bandiere con il meandros, ovvero la “greca” che somiglia tanto a una svastica. Dopo aver prosperato sulle macerie della devastante crisi economica ellenica, arrivando a diventare il terzo partito del Paese (nonostante la chiara ispirazione neonazista), alle ultime elezioni non è entrata neanche in Parlamento. E poi il 7 ottobre 2020 è stata bandita come organizzazione criminale e i suoi dirigenti giudicati responsabili di omicidi e violenze ai danni di immigrati (alcuni di loro, in passato, avevano espresso anche ammirazione per Hitler). L’ex leader, l’europarlamentare Ioannis Lagos, sta scontando una condanna a 13 anni e 8 mesi in quanto capo di un’organizzazione criminale.
In Germania, Combat 18 è stato invece messo al bando il 23 gennaio 2020 dal ministro dell’Interno Horst Seehofer in seguito all’uccisione del politico della Cdu Walter Lübcke.
In quei giorni, la polizia effettuò un maxi-blitz in sei Laender per colpire l’organizzazione di estrema destra su scala federale. Secondo l’intelligence di Berlino, il gruppo agiva contro l’ordine costituzionale ed era «affine al nazionalsocialismo». Non a caso, Combat 18 usava come riferimento nella sua denominazione i numeri 1 e 8, ovvero le iniziali di Adolf Hitler, A e H, rispettivamente prima e ottava lettera dell’alfabeto (il significato del nome è quindi “I combattenti di Adolf Hitler”).
In Francia, infine, il movimento Generation Identitaire è stato sciolto nel marzo 2021 per «incitamento alla discriminazione, all’odio e alla violenza razziale e religiosa». Creato nel 2012 e ritenuto politicamente vicino al partito di Marine Le Pen, il gruppo estremista ha potuto contare su circa tremila militanti che, secondo le autorità, hanno presentato «immigrazione e Islam come minacce da combattere». Tra i suoi sostenitori e finanziatori anche il sovranista Brenton Tarrant, l’australiano responsabile degli attacchi alle moschee in Nuova Zelanda che, nel 2019, provocarono 51 morti.