Un'altra falla nelle sanzioni: i jet russi bombardano l’Ucraina grazie alla tecnologia occidentale

I caccia russi continuano a volare e a bombardare pesantemente l’Ucraina anche grazie alle tecnologie occidentali, le quali, almeno sulla carta, non dovrebbero arrivare in Russia. Già, sulla carta, perché nella realtà dei fatti gran parte dei componenti elettronici utilizzati dai jet militari di Mosca proviene proprio dall’estero, nonostante le sanzioni internazionali.
Ad accendere i riflettori sulla problematica è un recente rapporto della ONG International Partnership for Human Rights (IPHR), la quale evidenzia l’ennesima falla nelle restrizioni imposte contro la Russia da quando ha invaso l’Ucraina nel febbraio del 2022. Nonostante l’efficacia ipotetica delle sanzioni, infatti, gli attuali sforzi per interrompere le catene di approvvigionamento sono perlopiù falliti, dato che numerose apparecchiature elettroniche fondamentali per l’aviazione continuano ad arrivare nel Paese di Putin, soprattutto da aziende statunitensi, ma pure svizzere.
Nel documento, redatto insieme alla Commissione indipendente anti-corruzione ucraina (NAKO) e alla redazione investigativa Hunterbook, vengono esaminati i resti dei cacciabombardieri supersonici russi Sukhoi Su-34 (nome in codice NATO: Fullback) e dei caccia multiruolo Sukhoi Su-35S (nome in codice NATO: Flanker-E) abbattuti durante il conflitto.
I jet in questione sono tra i velivoli da combattimento più avanzati della Russia, in grado di colpire bersagli anche molto distanti, trasportando armi ad alta precisione come le bombe plananti KAB e i missili Grom-1, spesso utilizzate contro le infrastrutture civili ucraine.
Il rapporto, inoltre, analizza 60 attacchi aerei contro obiettivi civili messi a segno tra il maggio del 2023 e lo stesso mese del 2024. I ricercatori hanno geolocalizzato i siti di impatto, rintracciato le armi utilizzate e stabilito la loro precisione, nonché redatto un bilancio sulle conseguenze dei raid, incluse le vittime provocate. Dall’analisi emerge un’amara constatazione: i russi nel 2025 stanno colpendo sempre più la popolazione civile.
Tornando ai velivoli da guerra abbattuti, l'IPHR è riuscita a risalire all'origine di 1.115 dei 1.119 componenti elettronici recuperati dai rottami, scoprendone così la provenienza: l’apparecchiatura recuperata arriva da 141 aziende sparse in tutto il mondo, tra cui Stati Uniti, Giappone, Svizzera, Germania, Taiwan e Corea del Sud.
Questi componenti, come circuiti integrati, FPGA (Field-Programmable Gate Array), transistor, condensatori e microcontrollori, sono indispensabili per i sistemi di comunicazione, navigazione e puntamento dei jet.
Un'analisi dettagliata della catena di approvvigionamento di oltre 180 mila spedizioni (per un valore di 805,6 milioni di dollari) mostra come tali componenti continuino a raggiungere la Russia attraverso complesse reti commerciali che coinvolgono intermediari spesso illeciti, perlopiù situati in Cina, a Hong Kong, in Turchia e negli Emirati Arabi Uniti. È importante sottolineare che nel rapporto non vengono accusati direttamente i produttori di elettronica, tra cui le aziende svizzere TE Connectivity, STMicroelectronics e TRACO Power, ma piuttosto viene evidenziato come le sanzioni occidentali e i controlli sulle esportazioni non siano riusciti a contenere il flusso di componenti di uso militare utilizzati dal Cremlino per condurre la sua guerra contro l’Ucraina.
A ricoprire la parte del leone, neanche a dirlo, sono gli Stati Uniti, con decine di aziende, tra cui i principali produttori di microelettronica, come Analog Devices, Texas Instruments, Murata, Maxim, OnSemi, Intel e Vicor.
I 221 componenti stranieri rinvenuti nei Su-34 provengono da 59 società di otto Paesi, principalmente dagli Stati Uniti, seguiti da Giappone, UE, Svizzera, Taiwan e Corea del Sud.

Nei Su-35S è stato invece rintracciato un numero significativamente maggiore di componenti: 889 provenienti da 138 aziende. La maggior parte dei componenti, anche questa volta, proviene dagli Stati Uniti, mentre alcuni, seppur in piccola percentuale, arrivano dalla Cina.
Altre tecnologie identificate sul caccia multiruolo sono invece prodotti da aziende giapponesi, taiwanesi e sudcoreane. E ancora: israeliane ed europee (Germania, Francia, Paesi Bassi, Svizzera, Regno Unito, Bulgaria e Bielorussia).

Il documento evidenzia come l’apparecchiatura rinvenuta sia «vitale» per le «funzioni avanzate» dei jet: di fatto, grazie alla tecnologia estera, i caccia russi riescono a eludere le difese anti-aeree e colpire gli obiettivi ucraini.