«USA e UE di nuovo in sintoniama restano delle differenze»

Nel summit tenutosi martedì a Bruxelles tra Biden e i vertici dell’UE le due potenze si sono mostrate molto collaborative. Il risultato più eclatante è stato lo stop alla guerra dei dazi nata dal contenzioso sugli aiuti di Stato illegali ad Airbus e Boeing. USA e UE hanno accettato una tregua di cinque anni sui dazi sulle importazioni in modo da poter porre fine a una controversia che durava da 17 anni. Ciò riporterà definitivamente il sereno nelle relazioni commerciali tra le due sponde dell’Atlantico? Abbiamo sentito il parere di Antonio Armellini, analista di geopolitica e già ambasciatore italiano, nonché editorialista del Corriere della Sera.
Cosa sta accadendo tra Stati Uniti e UE?
«Ci troviamo di fronte a un reset dovuto, dopo la deriva negativa dell’amministrazione Trump. L’intesa raggiunta al vertice di Bruxelles ci indica che il rapporto tra USA e UE sta cambiando, diventando più intenso e cordiale. Alla base vi è una grande solidarietà per quanto riguarda i valori di fondo della democrazia e dell’Occidente. Tuttavia ci sono delle differenze di interessi che devono essere tenute in conto. Nel prosieguo del rapporto tra UE e USA si vedrà quale potrà essere il margine di elasticità che avremo dall’una e dall’altra parte».
In che senso?
«Quando si parla di Cina e Russia si parla di avversari o competitori geopoliticamente rilevanti con i quali l’UE, in maniera diversa, ha l’interesse a convivere. La Russia, con tutti i suoi problemi, è un vicino di casa ed è un Paese europeo con cui vi sono stati importanti scambi commerciali, e non possiamo mai dimenticare questa dimensione».

La Cina invece cosa rappresenta per l’UE?
«È un competitore sistemico rispetto al quale i Paesi UE dovrebbero sapere come comportarsi. Se ci troviamo davvero all’inizio di una nuova Guerra fredda, come hanno scritto molti giornali, per l’Europa si tratterebbe di ragionarci sopra con attenzione».
Nell’intesa USA-UE sui dazi si sottolinea la necessità di contrastare insieme l’ambizione cinese di costruire un settore dell’aviazione civile fuori dalle regole di mercato. Tale clausola renderà più tesi i rapporti commerciali tra UE e Pechino?
«La Cina sta crescendo nel settore dell’aeronautica civile, ma per ora nel mondo c’è un duopolio, Airbus e Boeing. La Cina che entra in questo mercato diventa un competitor vero. Se crediamo nel mercato, vi sono le sue regole che permettono anche nuovi ingressi. Certo che questo comporta dei costi elevati. Ma forse è il momento di chiedersi qual è il rispetto delle regole da parte della Cina. Non per isolarla dal mondo, ma per spingerla a lavorare in maniera più concreta con l’Occidente».
La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha detto che per l’UE ci sono modi di cooperare con Pechino, ad esempio sui cambiamenti climatici. Biden ha invece un approccio più duro nei confronti della Cina, considerata anche una minaccia militare. Un tema destinato a creare divisioni tra UE e USA?
«Per ora no, ma certamente il fatto di parlarne evoca una possibile tensione di fondo. La Cina si appresta a diventare l’altra grande superpotenza globale, rispetto alla quale si pone un problema di definizione dei confini reciproci, in tema di potere rispettivo. Questo è un problema che Biden sta affrontando con una logica molto secca che tra l’altro sottende anche la capacità di collaborare, come ad esempio nella lotta al cambiamento climatico. Quanto alla dimensione militare, chi oggi ha una proiezione mondiale a livello militare sono gli Stati Uniti che cominciano a dover fare i conti con la presenza cinese che non è più solo regionale. Si tratta dunque di tracciare una linea, rispetto alla quale l’UE si pone certamente all’interno dell’area americana, anche se con qualche nuance».
Biden a Bruxelles ha parlato della necessità di puntare su investimenti e trasferimento di tecnologie per affrontare le sfide poste dal modello economico cinese. Una cooperazione fattibile tra UE e USA vista la rivalità che vi è in diversi settori produttivi?
«A parole si tratta di obiettivi importanti, però nella realtà ci troviamo di fronte allo stesso tipo di concorrenza che si pone nei confronti della Cina, ma molto più grave. In quanto con Pechino c’è il problema del rispetto delle regole del mercato, mentre tra imprese americane ed europee la concorrenza non sempre è del tutto trasparente. Pensi soltanto alle disposizioni che ci sono sull’universalità dell’applicazione dei criteri regolamentari fiscali USA in giro per il mondo, giusto per fare un esempio. Criteri rispetto ai quali noi europei abbiamo delle idee diverse. Dal vertice di Bruxelles quello che viene fuori sono da un lato le buone intenzioni reciproche, dall’altro la conferma che gli americani che fino ad ora stavano rivolgendo la loro attenzione solo verso il Pacifico e l’oriente, hanno riconosciuto che senza i Paesi europei a Washington manca una gamba di potere».