Vaccini anti-COVID, tabacco e patriottismo

Li conosciamo tutti. O quasi. Parliamo dei vaccini anti-COVID. Conosciamo, appunto, quelli utilizzati in Svizzera e nell’Unione europea. Ma non sono gli unici. Il sito COVID-19 Vaccine Tracker della McGill University snocciola alcuni numeri: i candidati sono addirittura 121, mentre i vaccini approvati nel mondo sono 17. Per dire: a suo tempo avevamo parlato del preparato kazako, il QazCOVID-in, sviluppato in un ex laboratorio sovietico specializzato in armi batteriologiche e agenti nocivi (sembra una spy-story, è la realtà). E il vaccino, in fondo, è anche un’arma. Politica, diplomatica. Uno strumento per accrescere la propria sfera di influenza, come dimostrano Cina e Russia. Bene, ma quanti (e quali) Paesi sono coinvolti in questa gara? Ne abbiamo pescati alcuni.
Una particella virus-simile per i canadesi
Partiamo da Québec City, Canada. Città famosa per una prelibatezza (o orrore) alimentare, la poutine, e per quel francese talmente masticato che spesso risulta difficile da comprendere. Oltreché, va da sé, per le sue bellezze. Qui ha sede Medicago, una società farmaceutica che ha sviluppato un vaccino assieme alla britannica GlaxoSmithKline. Un vaccino parzialmente sponsorizzato da un’azienda di sigarette, la Philip Morris, poiché si basa su una particella virus-simile presente in una particolare specie di tabacco. Roba da matti, direte. E invece i risultati della fase 2-3, leggiamo, sono convincenti. Da una parte «livelli di anticorpi neutralizzanti 10 volte superiori a quelli delle persone guarite dal coronavirus», dall’altra «nessun effetto collaterale grave correlato». Il via libera, insomma, sarebbe imminente.
La popolazione iraniana, per contro, sta per conoscere il vaccino «casalingo». Si chiama COVIran Barakat ed è stato creato da Shifa Pharmed Industrial Group, un’azienda farmaceutica statale. Le inoculazioni, fa sapere il ministro della Salute Saeed Namaki, inizieranno la settimana prossima. La produzione di massa è stata lanciata a inizio maggio, tant’è che 10 milioni di dosi sono attese per metà giugno. Finora, l’Iran si era affidato al preparato russo Sputnik V. In totale, il Paese aspetta 16 milioni di dosi tramite il programma internazionale COVAX, ne importerà 25 milioni e ne produrrà 25 milioni. Ad oggi, solo lo 0,5% della popolazione è vaccinata.
Il Messico punta sul patriottismo
Scendendo alla fase 2, fra i vari candidati troviamo la Turchia. Sviluppato dall’Erciyes University di Kayseri, il candidato ERUCOV-VAC ha completato la prima fase lo scorso dicembre e, come detto, adesso è al secondo giro di sperimentazione. Ha iniziato la fase 3, stando alle dichiarazioni dei suoi rappresentanti, il vaccino vietnamita Nanocovax sviluppato dalla Nanogen. I risultati della fase 2 sarebbero incoraggianti, con una protezione fino al 90% dopo due dosi. In fase 1, ancora, troviamo un vaccino messicano denominato – e qui torna il discorso politico – Patria. È un vaccino vettoriale, sviluppato a partire dalla malattia di Newcastle e, soprattutto, è previsto anche nella versione senza siringa (spray nasale). L’obiettivo è arrivare a un’approvazione d’emergenza entro l’anno.
È recentissimo, infine, l’annuncio del Pakistan. «Sì, abbiamo un vaccino nazionale». Si chiama PakVac e, al di là del nome che richiama un famoso e fortunato videogioco, ha origini cinesi nella misura in cui al preparato hanno collaborato tanto l’Istituto nazionale di Sanità di Islamabad quanto l’azienda cinese CanSino Bio. In realtà, dunque, di pakistano il preparato ha ben poco.