Il punto

Vertice tra Biden e Xi: «Voltarsi le spalle non è un'opzione per le superpotenze»

«Avviato il disgelo» tra Cina e Stati Uniti: i colloqui tra i due Paesi sono stati «molto costruttivi e produttivi», anche se restano ancora alcune questioni in sospeso
© © Doug Mills/The New York Times via AP, Pool
Red. Online
16.11.2023 08:15

Tra sorrisi e strette di mano, Joe Biden e Xi Jinping si sono, finalmente, incontrati. Dopo un anno, di nuovo faccia a faccia. Un modo per ridurre gli attriti in quella che molti considerano la «rivalità più pericolosa del mondo». Le tensioni tra Stati Uniti e Cina, da tempo, sono evidenti. Tra commercio, diritti umani e la spinosa questione del futuro di Taiwan, gli ultimi anni tra Washington e Pechino sono stati particolarmente turbolenti. Ma come ha affermato il presidente americano all'inizio dell'incontro con il suo omologo, «le tensioni tra i due Paesi non devono sfociare in un conflitto». Un'affermazione che raccolto l'approvazione di Xi Jinping, che ha prontamente aggiunto che «voltarsi le spalle a vicenda non è un'opzione per le superpotenze». E che «il pianeta Terra è abbastanza grande affinché entrambi i Paesi abbiano successo». Anche perché, a detta del presidente cinese, «il successo di un Paese è un'opportunità per l'altro». Ed è altrettanto «irrealistico» pensare che una parte «rimodelli l'altra», anche perché un conflitto tra i due Paesi «avrebbe conseguenze insopportabili per entrambe le parti». Tutti, dopotutto, come evidenziato da Biden, vogliono scongiurare il rischio che le tensioni portino a una Guerra Fredda.

© Doug Mills/The New York Times via AP, Pool
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Tutto parte con il clima

Partendo dal principio, il vertice ha avuto luogo dopo che i due Paesi hanno rilasciato una dichiarazione congiunta sul clima, che prevede ulteriori accordi, attesi nei prossimi giorni al forum dell'Apec di San Francisco, dove i due leader si sono incontrati. Ad ogni modo, Biden e Xi hanno dichiarato di essere disposti a collaborare «più strettamente» per combattere il riscaldamento globale, concordando sul fatto che la crisi climatica sia «una delle più grandi sfide dei nostri tempi». Nello specifico, nella dichiarazione congiunta, i due Paesi si dicono pronti per garantire il successo dell'importantissimo vertice delle Nazioni Unite sul clima, che si terrà a Dubai a fine mese. Di più, Washington e Pechino si impegneranno a rispettare gli obiettivi dell'accordo sul clima di Parigi del 2015. 

Tra esportazioni, sanzioni e competizione

Ma arrivando ai colloqui veri e propri, definiti da Biden «molto costruttivi e produttivi», la serenità iniziale si è un po' spenta. Al termine dell'incontro, tra i due Paesi restano ancora tensioni e nodi da sciogliere: fra i tanti, quello dei rapporti economici, minacciati dalle sanzioni per la Cina e dalle limitazioni americane all'export hi-tech, che secondo Xi Jin Ping «danneggiano gravemente gli interessi legittimi della Cina» e pertanto andrebbero rimosse. Biden, dal canto suo, ha piuttosto lamentato la mancanza di parità di condizioni nella competizione economica, spostando i riflettori sul trattamento della proprietà intellettuale che, a suo dire, scoraggia gli investimenti. 

Ancora Taiwan

Ma non solo. Anche la questione di Taiwan si riconferma essere delicata, delicatissima. Il tasto più dolente dell'intero vertice.  Tra i due Paesi c'è ancora un muro: Biden ha ribadito che la politica americana riconosce una sola Cina, e di aver messo in chiaro a Xi che gli USA si aspettano che la Cina non interferisca nelle elezioni di Taiwan. Il tutto, sottolineando l'importanza della pace e della stabilità nello stretto. 

Una dichiarazione che a Xi Jinping, per contro, non è per nulla piaciuta. E secondo il ministero degli esteri cinese, avrebbe portato il leader di Pechino a criticare gli Stati Uniti, che a suo dire dovrebbero «intraprendere azioni concrete per onorare il proprio impegno a non sostenere l'indipendenza di Taiwan». Tradotto: gli USA dovrebbero smettere di armarla, favorendo la «riunificazione pacifica della Cina». 

Ombre sui conflitti

Il conflitto israelo-palestinese e la guerra in Ucraina, invece, sono rimasti nell'ombra. In particolare, per quanto concerne la risposta di Xi Jinping alla richiesta di contribuire alla de-escalation in entrambi i conflitti. Il presidente cinese, tuttavia, rimane il principale alleato politico di Putin. Mentre per quanto riguarda il Medio Oriente, ha dichiarato di aver sposato la causa palestinese, a differenza del presidente americano, che ha ribadito il suo sostegno a Israele, pur sottolineando l'importanza di agire con prudenza per evitare di coinvolgere i civili negli scontri. 

© Doug Mills/The New York Times via AP, Pool
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Un primo passo

Nonostante le tensioni irrisolte, tuttavia, i due Paesi si dicono soddisfatti. I colloqui si sono chiusi in maniera pacifica e sono stati fatti «alcuni importanti progressi», anche se non è mancato qualche scivolone. Come quello di Biden nel definire Xi, pubblicamente, «un dittatore». Salvo poi correggersi, specificando che l'omologo è «alla guida di un Paese comunista».

Tra i risultati raggiunti, c'è il ripristino della hotline militare, eliminata da Pechino lo scorso anno dopo la controversa visita di Nancy Pelosi a Taiwan. Ma non solo. I due Paesi hanno raggiunto un'intesa anche in merito alla produzione ed esportazione dei precursori chimici del Fentanyl, nonché sull'intelligenza artificiale. 

Tuttavia, l'obiettivo principale del vertice era infatti quello di «avviare il disgelo», così da «capirsi reciprocamente in modo chiaro», per evitare che la competizione tra le due superpotenze sfoci in un pericoloso confitto. Il ripristino delle comunicazioni di alto livello con una linea diretta tra i due leader in caso di crisi, è quindi stato raggiunto. Ed è da considerarsi il risultato più importante, fra tutti. Ma si tratta solo del primo passo del «futuro promettente» delle relazioni tra Stati Uniti e Cina.