Vladimir Putin, il mediatore improbabile

Il presidente russo, Vladimir Putin, potrebbe tornare in gioco grazie a quello che, almeno secondo i vecchi equilibri internazionali, dovrebbe essere il suo nemico numero uno, ossia l’omologo americano, Donald Trump. Ciò che contravviene alle logiche internazionali, ha invece una motivazione se si considera il nuovo assetto dato dal numero uno della Casa Bianca alla politica estera del suo Paese.
Un’intesa miliardaria
L’avvicinamento a Putin, in particolare, dimostra almeno due cose. La prima è che gli Stati Uniti non vogliono sobbarcarsi il peso di un conflitto così delicato da soli. E, visto che dall’Iran vengono percepiti come legati a doppio filo con Israele, quindi non imparziali, hanno bisogno di un partner che li aiuti nel far cessare il conflitto e riportare Teheran al tavolo dei negoziati sul nucleare al più presto. La vera novità, al massimo, potrebbe consistere nel fatto che Trump abbia scelto Putin al posto del premier inglese, Keir Starmer, che già da 48 ore sta cercando di mettere insieme una cordata di Paesi europei, in testa Francia e Germania, che, se sul capitolo Gaza non sembrano voler fare sconti allo Stato Ebraico, su quello iraniano sono molto più disposti a muoversi e anche alla svelta. Ma, anche qui, c’è un motivo. Mosca e Teheran hanno diviso per lungo tempo la protezione del regime di Bashar al-Assad in Siria. L’Iran come maggiore Stato sciita della regione, che è sempre venuto in soccorso dell’ex presidente alawita, la Russia per un calcolo meno ideologico e più pragmatico, che consisteva soprattutto nell’avere uno sbocco sul Mediterraneo, soprattutto per le sue basi nella località di Latakia. Resta il fatto che il Cremlino oggi è il maggior alleato del regime degli ayatollah. A gennaio 2025 hanno firmato un trattato ventennale di partenariato globale che include cooperazione militare, energetica, nucleare civile e cibernetica. In aprile, Mosca e Teheran hanno chiuso un’intesa da 4 miliardi di dollari per sviluppare sette campi petroliferi iraniani. Parallelamente è cresciuta la cooperazione militare: i droni iraniani Shahed vengono ora prodotti in Russia, con transazioni spesso basate su scambi in oro per aggirare le sanzioni. Sul fronte nucleare, la Russia ha offerto di prendersi carico dell’uranio arricchito iraniano per trasformarlo in combustibile, mossa legata anche ai tentativi di mediazione tra Teheran e Washington.
La situazione sul terreno
Mosca, dunque, avrebbe tutte le carte in regola per diventare il mediatore preferenziale degli Stati Uniti. Ma tutto dipende da come evolverà la situazione sul terreno, con particolare riferimento agli equilibri interni iraniani. Al momento della firma dell’accordo, alcuni esponenti degli ambienti nazionalisti e conservatori lo criticarono fortemente, per la mancanza di reciprocità e perché, per aiutare la Russia in Ucraina, Teheran stava pensando troppo poco alla difesa del proprio territorio nazionale in vista di un attacco israeliano che, già a inizio anno, sembrava solo questione di tempo. I pasdaran, che pure avevano accolto positivamente il protocollo per allineamento geopolitico, ora potrebbero preferire al Cremlino altri mediatori.
La Cina sullo sfondo
Molti analisti, infatti, ritengono che il tentativo di riavvicinamento di Trump a Putin non solo sul capitolo mediorientale, ma anche su quello artico, abbia anche una funzione anticinese. E se c’è un Paese di cui proprio Teheran non può fare a meno in questo momento è la Cina. Dal 2016, con il tentativo di mediazione del Dragone fra Iran e Arabia Saudita, i rapporti fra i due Paesi si sono intensificati. La Cina è il principale acquirente del petrolio iraniano, spesso a prezzi scontati, eludendo sanzioni statunitensi con triangolazioni e pagamenti in valute alternative. Nel 2021, le due nazioni hanno firmato un accordo strategico ventennale da 400 miliardi di dollari, che prevede investimenti cinesi in infrastrutture, trasporti e telecomunicazioni iraniane. Difficile che Donald Trump possa scardinare questo rapporto attraverso la Russia, anch’essa dipendente da Pechino.