Russia

Vladimir Putin nazionalizza sempre più aziende per fare la guerra

Dal febbraio 2022 a oggi sono oltre 180 le imprese passate sotto il controllo diretto del Cremlino: molti i marchi occidentali, ma a essere colpiti sono stati anche oligarchi troppo poco «patriottici»
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Red. Online
14.04.2024 18:00

Che la Russia non rientri nel novero delle nazioni democratiche, oramai, è assodato. Le ultime presidenziali, in questo senso, sembravano più un'incoronazione che un libero esercizio da parte dei cittadini: Vladimir Putin ha vinto, anzi stravinto con oltre l'80% dei voti. Complice il fatto, non indifferente, che in pratica non c'erano avversari. 

Fabian Burkhardt, esperto di politica russa presso il Leibniz Institute for East and Southeast European Studies (IOS), ha spiegato al portale T-Online che il voto, al Cremlino, è servito per «suggerire la normalità nonostante la guerra che imperversa in Ucraina» e, dall'altro, per dare «un segnale di forza e unità». Ribadendo, una volta per tutte, che non può esserci né opposizione né alternativa alla linea del presidente.

Non finisce qui, perché le mire di Putin – ora – coinvolgono e avvolgono l'economia, con particolare accento sul settore della Difesa. Logico, considerando proprio la guerra e la necessità di un'economia al completo servizio dello sforzo bellico. Un tempo dominata da pochi oligarchi, l'economia russa sta subendo un lento, ma inesorabile processo di transizione verso una vera e propria economia di Stato. A dirlo, fra gli altri, è un rapporto del Ministero della Difesa britannico, secondo cui dal febbraio 2022 a oggi, ovvero dall'inizio dell'invasione su larga scala dell'Ucraina, la Federazione Russa ha nazionalizzato oltre 180 aziende. Molte, è vero, occidentali, ma altre legate a oligarchi russi residenti all'estero o, se in Russia, diventati scomodi agli occhi di Putin. Si spiega anche così, ad esempio, la recente confisca e ri-nazionalizzazione da parte delle autorità di Kuban Vino, il più grande produttore di vini del Paese. 

L'impressione, confermata dai fatti, è che queste aziende verranno ridistribuite a imprenditori russi fedeli al Cremlino nonché accesi sostenitori della guerra in Ucraina. Ancora Burkhardt: «Stiamo assistendo a lotte di potere diffuse, soprattutto nella sfera economica. Le aziende vengono espropriate con la forza. Questo riguarda in particolare le aziende e gli individui che hanno ancora legami con l'estero, ma anche nell'industria delle armi e in generale nella Difesa il controllo statale si sta facendo più stretto».

Per tacere delle morti misteriose fra gli alti dirigenti del settore energetico, morti che difficilmente possono essere spiegate come coincidenze. Piuttosto, ha aggiunto Burkhardt, «indicano che le lotte di potere all'interno delle élite sono condotte con grande vigore. La situazione sta degenerando».

Questa fase di nazionalizzazione delle aziende e questa transizione a un'economia propriamente statale non sono una novità assoluta. Anzi, lo scorso febbraio Vladimir Putin aveva accennato, durante il suo discorso sullo stato della nazione, al fatto di voler creare una nuova élite. Un'élite, secondo Burkhardt, più fedele al presidente e anche più patriottica. Tornando allo sforzo bellico, la nazionalizzazione consente alla Russia di controllare meglio la produzione di armi e mantenere forte la morsa sull'Ucraina.