Aviazione

Voli aerei: quel virus capace di tenerci tutti a terra

Le compagnie aeree, già debilitate da anni di concorrenza sfrenata, rischiano un nuovo 11 settembre - Flybe ci ha già rimesso le penne, il settore teme di perdere 100 miliardi e lo stop ai voli intercontinentali avrà conseguenze devastanti- E potrebbe essere solo l’inizio
©Keystone
John Robbiani
13.03.2020 06:00

All’inizio era la paura di viaggiare e di ritrovarsi in un luogo colpito dal coronavirus, magari in zone del mondo con sistemi sanitari meno sviluppati del nostro. Poi si è aggiunto il timore di non poter partire, o di venir respinti all’aeroporto di destinazione (e forse essere messi in quarantena) perché provenienti da una zona a rischio. Di fronte ai 4.600 morti – e oltre 125.000 contagi – in tutto il mondo la paura di veder finire a gambe all’aria le nostre vacanze sembra un argomento futile e un po’ superficiale. Ma in realtà è una situazione che potrebbe portare a situazioni devastanti e avere effetti per anni. Forse anche di più. Effetti su intere nazioni, soprattutto quelle che vivono di turismo, che da una settimana all’altra si sono ritrovate a dover affrontare la possibilità che, se l’emergenza a livello globale non rientrerà, potrebbero ritrovarsi con un PIL dimezzato. E tra le principali vittime del virus ci sono le compagnie aeree, molte già oggi debilitate e (finanziariamente) gravemente ammalate dopo anni di difficoltà e concorrenza sfrenata. Impressionanti le previsioni fornite pochi giorni fa dall’Associazione internazionale del trasporto aereo (IATA): il settore potrebbe perdere quest’anno tra i 63 e 110 miliardi di franchi a dipendenza degli scenari che si delineeranno nelle prossime settimane.

La grande crisi del 2001

Per le compagnie aeree la speranza è che non si ripeta l’ecatombe seguita al periodo di stop ai voli imposto nel 2001 dopo gli attentati dell’11 settembre, che portò United, US Airways, Northwest e Delta a depositare i bilanci (si salvarono però tutte), mentre a fallire furono l’australiana Ansett e la nostra Swissair (che si portò dietro la belga Sabena). In quell’occasione - stando al Telegraph - la crisi costò 35 miliardi. La metà di quanto nella migliore delle ipotesi potrebbe costare questa.

L’effetto domino

Ma esiste il rischio che la storia si ripeta? Sì. Decisamente. I primi collegamenti a saltare sono stati quelli con la Cina, poi quelli con Isreale e l’Italia. Ma in tutta Europa il coronavirus ha portato a un crollo epocale della vendita dei biglietti e le compagnie aeree - per rispettare gli accordi con gli aeroporti e non perdere i loro «slot» - hanno riempito i cieli di aerei vuoti (sprecando soldi e migliaia di litri di carburante). Una portavoce di Swiss settimana scorsa ci aveva confermato che a causa della mancanza di passeggeri la compagnia aveva deciso una riduzione dei voli del 20% (del 10% su quelli a lungo raggio). Millesettecento voli cancellati. Ieri la notizia più temuta: il presidente Donald Trump ha decisio di tagliare tutti i collegamenti aerei con l’Europa (Gran Bretagna esclusa). Per Swiss significa perdere almeno per trenta giorni un mercato importantissimo. Sette le destinazioni negli USA. Swiss, per rendersi conto del danno, ha la capacità di trasportare 100.000 passeggeri da e per gli States ogni mese. «Da gennaio - ci spiega una portavoce della compagnia aerea - è stato creato un gruppo di lavoro che si occupa di monitorare da vicino la situazione e che è in costante contatto con le autorità per quanto riguarda l’evoluzione del corona virus». Al momento Swiss ha annunciato che continuerà comunque a volare verso New York e Chicago, soprattutto per permettere ai cittadini americani di tornare in patria.

Lufthansa ne cancella 23.000

E non se la passa meglio Lufthansa (proprietaria di Swiss), che ha annunciato la cancellazione di almeno 23.000 voli e che ieri, come tutte le compagnie aeree, è crollata in borsa.

Sul filo di lana

La situazione attuale sembra comunque essere solo la punto dell’iceberg ed è possibile che altre nazioni seguano, nei confronti dell’Europa, l’esempio statunitense. Gli occhi restano puntati sulle compagnie già oggi più deboli, e sulle low-cost (soprattutto EasyJet e Ryanair), che dei collegamenti interni all’Europa hanno fatto la loro fortuna. La britannica Flybe, intanto, è la prima ad averci rimesso le penne. Il coronavirus le ha dato il colpo di grazia.

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