Volo MH370: è countdown per la ripresa delle ricerche

Sono passati più di 10 anni. Era l'8 marzo 2014 quando il volo MH370 della Malaysia Airlines, decollato da Kuala Lumpur e diretto a Pechino, sparì dopo essere passato sul Mar Cinese Meridionale. A bordo si trovavano 239 persone: 227 passeggeri e 12 membri dell'equipaggio, in maggioranza cinesi, ma anche malesiani, australiani, indonesiani, indiani, europei e nordamericani. Sono passati più di 10 anni, dicevamo, ma presto, prestissimo riprenderanno le ricerche che, si spera, mettano la parola fine a uno dei più grandi misteri dell'aviazione civile contemporanea. Domani, come annunciato a inizio dicembre dal governo della Malesia, partirà l'operazione che - lo avevamo scritto qui - sarà affidata nuovamente a Ocean Infinity, società anglo-statunitense specializzata in robotica marina, che già era stata coinvolta in precedenti tentativi senza esito.
Le ricerche precedenti
Decollato dall'aeroporto più grande della Malesia, il Boeing 777 era in viaggio da circa un’ora quando, durante la fase di crociera, scomparve improvvisamente dai radar civili. L’ultima comunicazione registrata fu un tranquillo «tutto bene, buonanotte», pronunciato al passaggio tra lo spazio aereo malese e quello vietnamita. Da quel momento, nessun segnale.
Successive analisi dei dati satellitari indicarono che l’aereo non si era schiantato nel Mar Cinese Meridionale, come inizialmente sospettato, ma aveva deviato dalla rotta prevista, invertendo la direzione e dirigendosi verso sud-ovest, fino a scomparire sopra l’Oceano Indiano meridionale. Su questa base fu individuata una vasta area potenziale — stimata in circa 120 mila chilometri quadrati — all’interno della quale il relitto avrebbe potuto trovarsi.
Negli anni successivi alla scomparsa, Australia, Malesia e Cina hanno guidato ricerche subacquee su larga scala in una regione remota e di difficile accesso, impiegando sonar e veicoli autonomi. Le operazioni hanno interessato porzioni significative del fondale, ma non hanno permesso di localizzare il relitto, e sono state progressivamente sospese. Negli anni successivi, alcuni detriti confermati come appartenenti al MH370 sono riaffiorati lungo le coste dell’Africa orientale e su isole dell’Oceano Indiano: reperti che hanno permesso di affinare i modelli di deriva e restringere l'area probabile dell'impatto, ma che non hanno portato a localizzare il punto esatto dell'incidente.
Che cosa cambia
Perché, allora, riprendere le ricerche ora? Che cosa è cambiato nell'approccio di ricerca? La nuova missione, annunciata dal ministero dei Trasporti malese, si svolgerà in modo intermittente per circa 55 giorni e interesserà un’area più mirata, pari a circa 15.000 chilometri quadrati. Ocean Infinity impiegherà tecnologie di ricerca subacquea e mappatura di fondali ancora più performanti, grazie a una strumentazione più sensibile rispetto al passato. L'azienda di robotica, evidentemente, crede nelle possibilità di ritrovamento. Il contratto stipulato è infatti di tipo «no find, no fee»: la società riceverà 70 milioni di dollari solo in caso di effettivo ritrovamento del relitto. Un segnale, questo, della volontà di puntare su un’operazione concreta e non simbolica, sfruttando tecnologie di mappatura e ricerca subacquea più avanzate rispetto al passato.
Interrogativi
Restano aperti molti interrogativi. Un’inchiesta ufficiale malese del 2018 concluse che l’aereo era stato probabilmente deviato manualmente e che non si poteva escludere un’«interferenza illecita di terzi», pur scartando sia l’ipotesi di un guasto meccanico sia quella di un suicidio del pilota. Senza il relitto e le scatole nere, tuttavia, nessuna ricostruzione può dirsi definitiva.
