L'annuncio

Vuoi partire dal mio aeroporto? Devi usare carburante sostenibile

Singapore obbligherà le compagnie aeree in partenza da Changi a utilizzare quote sempre maggiori di SAF – La sfida della decarbonizzazione, tuttavia, cozza contro una produzione ancora modesta di e-cherosene
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Marcello Pelizzari
19.02.2024 10:45

L'obiettivo, ambizioso, è stato fissato dall'ICAO, l'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile in seno alle Nazioni Unite: raggiungere la neutralità carbonica del settore entro il 2050. Sul come, tuttavia, si discute da tempo. Anche perché le opzioni sul tavolo sono molteplici. Fra queste, quella più immediata è l'utilizzo del SAF, il cosiddetto carburante sostenibile. Prodotto, cioè, senza l’utilizzo di materie prime fossili come petrolio o gas naturale. Un'opzione che Singapore intende cavalcare. Con forza. Tant'è che il Ministero dei Trasporti, oggi, ha annunciato che le compagnie aeree presenti all'aeroporto Changi, fra cui Swiss, dovranno letteralmente cambiare registro (e tipo di carburante) da qui al 2026. «Richiederemo che i voli in partenza da Singapore utilizzino SAF a partire dal 2026» ha dichiarato il ministro dei Trasporti Chee Hong Tat in occasione del Singapore Airshow. Nello specifico, i vettori dovranno utilizzare un mix di carburante contenente almeno l'1% di carburante sostenibile a partire dal 2026. La quota, entro il 2030, dovrà salire fra il 3 e il 5%. Ancora il ministro: «Così facendo, invieremo un segnale importante ai produttori di carburante incoraggiandoli a investire in nuovi impianti di produzione di carburante sostenibile».

Il trasporto aereo, di per sé, non è iper-inquinante. È responsabile del 2-3% delle emissioni globali di carbonio, secondo gli studi. Tuttavia, la percentuale (vista la domanda di voli) è destinata a crescere e, soprattutto, a oggi appare complicato, se non complicatissimo, decarbonizzare l'intero settore. Il carburante sostenibile, il SAF dicevamo, è considerato lo strumento principale per raggiungere l'obiettivo fissato dall'ICAO. D'altro canto, parliamo di una tecnologia ancora agli albori e dalla produzione costosa. Citiamo, al riguardo, proprio Swiss, secondo cui il carburante SAF «è 4-6 volte più costoso del cherosene convenzionale». Detto in altri termini: da qualche parte, leggi costo del biglietto per il singolo passeggero, questi costi dovranno essere recuperati dalle compagnie. 

Sia quel che sia, gli stessi vettori da tempo stanno spingendo affinché la produzione di SAF venga aumentata. Anche drasticamente. E questo perché, secondo le proiezioni della IATA, l'Organizzazione internazionale di compagnie aeree, la produzione di carburanti liquidi rinnovabili (di tutti i tipi e per tutte le modalità di trasporto) quadruplicherà nei prossimi cinque anni, fino a raggiungere i 55 milioni di tonnellate entro il 2028 e, guardando oltre, gli 80 milioni nel 2030. Le buone notizie, su questo fronte, non mancano. La produzione di SAF sta aumentando in Nordamerica, forte degli incentivi legati all'Inflation Reduction Act, ma anche in Europa, dove la pressione ambientale è maggiore, e nel Sudest asiatico. La quota di carburante sostenibile di cui potrà godere l'aviazione, per contro, nel 2030 difficilmente supererà il 30% (24 milioni di tonnellate) rispetto al totale prodotto fra diesel rinnovabile, biogas e altro. Willie Walsh, direttore generale della IATA, non a caso sta facendo pressione sui singoli governi. Tenuti, a suo dire, «a mettere in atto un quadro politico globale per raggiungere l'obiettivo». Tradotto: i governi devono agire affinché il SAF per l'aviazione ottenga una giusta quota di produzione.

Walsh, ancora, ha chiesto espressamente l'introduzione di incentivi alla produzione. Soprattutto per l'Europa. E questo perché, ai suoi occhi, l'approccio dell'Unione sulla questione è sbagliato o, meglio, rischia di non soddisfare il fabbisogno di e-cherosene per il futuro. Dall'anno scorso, giova ricordarlo, l'UE impone obblighi graduali di incorporazione del SAF al fine di ridurre le emissioni del trasporto aereo. Un po' come Singapore. Parliamo di una quota del 2% nel 2025, del 6% nel 2030 e del 70% nel 2050. Al momento, però, manca concretezza. Per dire: l'organizzazione non governativa Transport&Environment, in uno studio pubblicato a fine gennaio, ha individuato ben 45 progetti per la produzione di SAF – di cui 25 industriali – all'interno dell'Unione Europea, in Norvegia e in Islanda. Nessuno di questi progetti, ahinoi, ha ancora ricevuto decisioni definitive in termini di investimento da parte della stessa UE. Non solo, la quantità di SAF che potrebbe uscire da questo insieme di progetti è stata quantificata in 1,7 milioni di tonnellate entro il 2030. Un quantitativo, certo, superiore alle 600 mila tonnellate richieste dall'UE. Ma lontano, lontanissimo rispetto ai 18,8 milioni di tonnellate di SAF di cui l'Europa avrà bisogno entro il 2050.