Il vertice

Zelensky da Trump, visita positiva ma Putin ordina: «Niente tregua»

Il presidente ucraino è stato ricevuto da Trump nella sua residenza di Mar-a-Lago, preceduto però da una telefonata tra il leader russo e lo stesso tycoon – E dal Cremlino arriva l’invito: «Kiev prenda una decisione coraggiosa e responsabile sul Donbass»
©Alex Brandon
Paolo Galli
28.12.2025 23:33

Quasi quattro anni di guerra. E anche se, ora, si sta lavorando a un’idea di pace, i negoziati per arrivarci rimangono complicatissimi. E ogni incontro, ogni vertice, si colora di grandi aspettative. Non ha fatto eccezione quello di oggi a Mar-a-Lago, tra il presidente americano Donald Trump e il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky. L’ennesima visita del leader di Kiev negli Stati Uniti non ha portato alla tanto auspicata svolta decisiva, ma gli echi giunti sin qui, e soprattutto sino all’Ucraina, sono parsi positivi. Certo, Vladimir Putin, ancor prima che l’aereo del presidente ucraino atterrasse in Florida, già aveva provato a mettere le mani avanti, in una telefonata con lo stesso Trump. Ecco perché, a quel punto, le premesse non sembravano delle migliori, per Zelensky. Anche perché dal Cremlino già arrivavano dichiarazioni pesanti: «Nessuna tregua nella guerra, in attesa di un accordo, e Trump è d’accordo con noi».

Le premesse russe

Nella mattinata di Mosca, aveva parlato anche il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov. Poi è stato il turno del consigliere presidenziale Yuri Ushakov. Entrambi hanno espresso messaggi chiari e unidirezionali. Non è la prima volta - era già successo in ottobre - che, prima di un bilaterale tra Trump e Zelensky, la Russia usa la strategia del rumore, oltre che delle bombe (anche nella notte su domenica piovute in abbondanza sull’Ucraina). Zelensky ha provato a rassicurare tutti i media presenti in Florida: «Manca poco alla pace». Già, ma quel poco, in realtà, non sembra poi così poco. Zelensky ha, in effetti, affermato che «il 90% del piano di pace in 20 punti elaborato da Ucraina e Stati Uniti è stato completato». Rimangono tuttavia due punti critici principali, ha aggiunto. Quali? Il destino del territorio orientale controllato dall’Ucraina e di una centrale nucleare occupata dalla Russia, quella di Zaporizhzhia. La questione dei territori rimane decisiva, eppure difficilmente districabile. Sappiamo - ormai da mesi - che l’altro punto critico, anche se qui non menzionato da Zelensky, resta quello legato alle garanzie di sicurezza. Qualcuno, tra i giornalisti presenti oggi, ha provato a chiederlo a Trump, il quale ha definito però «stupida» la domanda. «Ci sarà un accordo sulla sicurezza. Sarà un accordo forte. Le nazioni europee sono molto coinvolte su questo aspetto». Già, quelle stesse nazioni europee avvisate da Lavrov poche ore prima. Della serie: se continuate così, in particolare rispetto all’ambizione/disponibilità a garantire le sicurezze necessarie nell’area, avrete una guerra. Sempre sui territori, Ushakov ha invitato Kiev a prendere «una decisione politica coraggiosa e responsabile. Data la situazione in prima linea, deve prendere questa decisione senza indugi». La decisione è, agli occhi del Cremlino, quella di abbandonare il Donbass, concedendolo al controllo russo.

Un processo lungo

Queste le premesse. Poi, va detto, all’incontro di oggi a Mar-a-Lago erano presenti i massimi vertici americani, dal segretario di Stato Marco Rubio al segretario alla Difesa Pete Hegseth, e poi Susie Wiles, capo di gabinetto, l’inviato di pace Steve Witkoff e il genero del presidente, Jared Kushner. Questo anche a sottolineare l’importanza, comunque, del vertice. Lo stesso Trump è parso concentrato, poco prima dei lavori bilaterali. Ha anche aperto alla speranza: «Putin è molto serio sulla pace». Una volta chiuse le porte della sala, sono iniziati i colloqui, proseguiti per un paio di ore, prima del coinvolgimento dei maggiori leader europei, in videoconferenza. Il tutto si è concluso alle 17 ora locale (le 23 ora svizzera). Trump e Zelensky, nella successiva conferenza stampa, hanno sottolineato il buon esito delle discussioni. Ma entrambi non hanno nascosto la complessità del percorso. Come a chiarire: una soluzione non è esattamente dietro l’angolo. Il presidente americano, in realtà, ha rifiutato di cadere nel gioco delle percentuali. «Mi limito a dire che stiamo facendo molto bene, che oggi abbiamo fatto grandi progressi. Ma dovete credermi: non stiamo parlando di un processo di un giorno soltanto. In tutti i casi, potremmo essere molto vicini (a un accordo, ndr). Se Zelensky parla del 90%, non sbaglia di molto». Zelensky, dal canto suo, ha ringraziato Trump «per il grande incontro» e per aver affrontato «tutti i temi importanti». Le due delegazioni hanno parlato, naturalmente, anche del conteso Donbass. E quando si dice che la strada è ancora lunga, be’ è probabile che ci si riferisca proprio ai territori orientali. Anche il tycoon ha ammesso: «È una questione molto difficile, ma credo che la risolveremo». Sì, insomma, una questione irrisolta. E di fatto lo ha confermato lo stesso Zelensky: «Dobbiamo rispettare la nostra terra, il nostro popolo e il territorio che controlliamo. Il nostro atteggiamento nei confronti del Donbass è molto chiaro». E poi: «La nostra posizione è diversa da quella della Russia». Un’altra questione rimasta irrisolta è quella relativa alla centrale di Zaporizhzhia. Trump ha fatto un po’ di confusione, probabilmente, durante la conferenza stampa, affermando che «il presidente Putin sta collaborando con l’Ucraina per ottenerne l’apertura. È un grande passo avanti, se non sta bombardando quella centrale». In realtà, sappiamo che la centrale è stata conquistata dalle forze armate russe: perché dovrebbero bombardarla? Il presidente americano ha volutamente evitato di criticare in qualsiasi modo l’approccio di Mosca alla guerra e agli accordi di pace. Ha anzi sottolineato come Putin voglia la pace. «Me l’ha detto con fermezza. E io gli credo».