Cultura

«Zelensky un moderno Achille: per questo l'ho ritratto sognante»

Camilla Adami è l'autrice di un progetto internazionale rivolto alla popolazione ucraina: «La metafora delle nostre certezze crollate, in un mondo in transizione»
© Ti-Press/Crinari
Mattia Sacchi
17.10.2022 10:30

«Dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna»: frase attribuita alla scrittrice Virginia Woolf, nasconde un significato deleterio che vede la donna, per quanto importante, rimanere comunque in secondo piano. Camilla Adami, moglie di Valerio, uno dei grandi maestri della Pop Art europea, è la prova che si può essere al fianco di una personalità importante, senza rimanerne oscurati dall’ombra ma anzi vivendo di una brillante luce propria. Apprezzata da intellettuali e critici del calibro di Jacques Derrida, Michel Onfray, Jacques Dupin e Avital Ronell, Adami ha esposto le sue opere in tutto il mondo.

Nei mesi scorsi le è stato commissionato dall'associazione degli editori francesi un ritratto di Volodymyr Zelensky, per un progetto i cui proventi sono stati devoluti alla popolazione ucraina. «In Francia si è subito creata una forte epica intorno al personaggio del leader ucraino, quasi come fosse un moderno Achille – racconta l’artista milanese –. Quando mi è stato proposto di fare il suo ritratto, ho ripensato a tutti gli ucraini che conosco e che fanno parte della mia quotidianità a Parigi: ho voluto quindi evitare di azzardare soluzioni strane e puntare sul realismo, Dandogli però un’aria sognante, forse un po’ infantile, come se stesse pensando a un mondo innocente, di chi si è ritrovato proiettato in qualcosa più grande di lui, che mai avrebbe pensato di trovarsi ad affrontare. Non so se è una rappresentazione che corrisponde al suo animo, ma vuole essere la metafora di un mondo che sta vivendo un momento di transizione, con eventi inaspettati che stanno facendo crollare le nostre certezze, ma che tuttavia non ci fanno perdere la speranza di ritrovare la serenità».

Nonostante sia nello stesso buen retiro di Meina, lo studio di Camilla Adami è ben separato da quello del suo consorte Valerio: «Così non ci diamo fastidio a vicenda, soprattutto lui che dice che io sono molto «presente» - scherza la pittrice -. Tra noi c’è un sano confronto, anche se io lo provoco dicendo che è rimasto un artista degli anni ’60, mentre a me è sempre piaciuto cambiare e dare letture diverse alle mie opere. Questo è anche frutto del mio percorso: per molti anni ho interrotto la pittura per dedicarmi alla scenografia teatrale. Quando poi ho ricominciato a disegnare avevo 35 anni e una serie di esperienze, di conoscenze e di viaggi che mi hanno fatto affrontare le figure e le forme con altri occhi, sicuramente diversi da chi comincia da zero». Non c’è quindi un’età per cominciare a creare arte: «Credo alla pittura popolare e che tutti possano fruirne, l’importante è farla e usare questo mezzo semplice per comunicare e riflettere sul proprio spazio nel mondo. Mi sembra incredibile che ci siano persone che, se non hanno la convinzione di poter diventare celebri, non fanno nulla. Quando le nostre nonne e le nostre zie facevano disegni di paesaggi o di fiori, oppure curavano i loro diari come piccole opere, non facevano lavori altrettanto belli? Non erano degni di essere chiamate arte, seppur vissuta in un contesto più quotidiano? Viviamo in un’epoca dove c’è l’esigenza di essere a tutti i costi qualcuno, ma non è questo il senso dell’arte».

Oggi viviamo quindi l’arte in modo troppo elitario? «Deve essere elitaria. Ma nel senso opposto di come viene concepita adesso: andare nei musei, piuttosto che nei teatri o nelle gallerie non deve essere riservato a chi ha i soldi ma a chi ha voglia. Andare in un museo se non hai voglia, qualsiasi sia il motivo che ti fa sentire costretto a farlo, è semplicemente inutile. Se non sei curioso, se non hai voglia di imparare e capire come funzionano le cose, allora non andare. È in questo che bisogna essere elitari». E chi non va, spiega Adami, è perché semplicemente ha altri interessi, non certo perché è stupida: «Io stessa non ho interesse in alcune forme d’arte, per questo non investo energie che non riuscirei a capitalizzare al meglio. È una lezione che ho imparato dalla vita: sono stata stupida per molto tempo, perdendo alcune opportunità. Per questo alla mia età vorrei essere consapevole di diventare molto più intelligente di prima e soprattutto di avere molto più tempo, per vivere con passione le mie idee e i miei desideri. Un giorno, quando non ci sarò più, magari il mio lavoro sarà perduto, ma sono convinta che in qualche modo la passione e le emozioni generate resteranno nell’atmosfera. E magari qualcuno riuscirà a percepirle, dando loro nuova vita».