Guerra in Ucraina

Mosca fa pressioni sul Donbass

Mentre il mondo stigmatizza le manovre di Putin, emergono i dettagli del progetto e delle manipolazioni del Cremlino — Proseguono le proteste – Al confine con la Finlandia solo oggi quasi cinquemila russi hanno chiesto di varcare la frontiera
© KEYSTONE (EPA/MAXIM SHIPENKOV)
Nello Scavo
Nello Scavo
22.09.2022 22:39

La NATO parla di «referendum illegali», gli Stati Uniti di «farsa». L’unica certezza è che la consultazione indetta da Mosca in vista dell’annessione unilaterale del Donbass si svolgerà senza alcun controllo indipendente, in ossequio a un piano di persuasione messo a punto dal Cremlino. Con un solo scopo, dichiarato in alcuni documenti riservati inviati dalla Russia ai suoi emissari sul campo: «Dare l’impressione di un’ampia espressione della volontà popolare».

«Condanniamo con la massima fermezza il progetto di tenere i cosiddetti “referendum” sull’adesione alla Russia nelle regioni ucraine in parte controllate dall’esercito russo», fa sapere la NATO in una dichiarazione. «I referendum farsa nelle regioni ucraine di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson non hanno alcuna legittimità e saranno una palese violazione della Carta delle Nazioni Unite», aggiunge l’Alleanza Atlantica.

Tra le indicazioni date alle autorità occupanti alcune hanno del tragicomico, come quando si invita ad acquisire il consenso remunerando gli elettori con dei regali. Viene infatti suggerito di consegnare il certificato elettorale come si trattasse di un documento storico «che può essere conservato come ricordo inserendolo in una cornice». Non bastasse: «A tutti i cittadini che aderiscono vengono forniti prodotti di marca».

Chi vota

Il porta a porta per convincere a votare viene eseguito anche dalle forze armate occupanti, che si recano presso le abitazioni private a raccogliere le schede votate. Le regole sono piuttosto confuse. È stata approntata una piattaforma informatica per consentire il voto anche attraverso gli smartphone, ma l’intera telefonia e le connessioni a Internet da mesi sono filtrate direttamente dalle autorità di Mosca che gestiranno l’acquisizione dei voti e la comunicazione dei risultati; risultati che dovrebbero essere proclamati dopo la chiusura delle consultazioni prevista per il 27 settembre. Nessuno sa esattamente quanti siano gli aventi diritto al voto. Centinaia di migliaia di persone sono infatti sfollate in questi mesi e i residenti rimasti sono in prevalenza pro-russi.

Altri dettagli sono rivelatori. Come se a Mosca fossero consapevoli che la popolazione del Donbass non si senta davvero parte della «nazione russa», al contrario di quanto invece sostiene la leadership russa. «È molto importante - viene raccomandato - utilizzare la parola “nazionale” nel nome dell’organismo collettivo creato». Putin sa che l’annessione non sarà una passeggiata, non solo per le reazioni internazionali, ma anche perché il consenso interno non è così scontato, perciò gli occupanti vengono esortati ripetutamente: «È molto importante dimostrare che il popolo è a favore della Russia», screditando ogni dissidenza come appartenente «esclusivamente a ex élite ucraine corrotte e filo-occidentali, che non sono con il popolo, ma contro di esso. In questo modo si traccia un parallelo storico con la Pereyaslavska Rada del 1654 (l’unificazione di Ucraina e Russia nel gennaio 1654, ndr), che legittima ulteriormente la richiesta di annessione».

Il silenzio e il dissenso

Anche in Russia il dissenso prova a rompere il muro del silenzio imposto dalle autorità. Da due giorni ci sono proteste contro il reclutamento forzato di riservisti da inviare sul fronte ucraino. Putin ha annunciato la prima «mobilitazione parziale» dalla Seconda guerra mondiale. E per mettere a tacere chi esprime disaccordo si passa direttamente dalla protesta nelle piazze all’ufficio reclutamento. È capitato, secondo attivisti dell’opposizione, a diversi giovani che manifestavano in decine di città russe. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, non ha smentito, sottolineando anzi che ciò «non è contro la legge». Il giorno dopo il discorso del presidente alla nazione, a Mosca, San Pietroburgo e nelle altre grandi città russe continuano ad impazzare voci e interpretazioni sul reale significato della mobilitazione e soprattutto su quanti e quali saranno i richiamati alle armi, in un’atmosfera di crescente nervosismo. Al confine con la Finlandia solo oggi quasi cinquemila russi hanno chiesto di varcare la frontiera, mentre oramai non si trova neanche un posto sui voli internazionali in partenza dai principali aeroporti russi. I prezzi dei biglietti aerei hanno superato i 5.000 dollari solo andata.

Secondo Mosca, che non ha fornito prove a sostegno, circa 10 mila volontari si sono presentati per arruolarsi nella campagna militare senza aspettare la chiamata, mentre sono stati diffusi dal Cremlino alcuni sondaggi che affermano come il 70% dei russi si dichiari a favore della «operazione militare speciale» in Ucraina.

Anche dalla Crimea negli ultimi giorni sono ripresi i traslochi volontari di centinaia di persone che non si sentono più al sicuro. Gli attacchi ucraini e una intensificazione degli scontri dal momento in cui Mosca dichiarerà l’annessione del Donbass nel momento in cui l’esercito di occupazione è più debole, non incoraggiano a restare.

Intanto alcuni attivisti anti-Putin hanno intensificato il passaparola per aumentare la pressione sul Cremlino. Sanno di rischiare una multa pesante o la prigione, «ma è meglio che ricevere un funerale». 

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