Il caso

Negato il permesso ai cuochi indiani: ristorante di Zurigo rischia di non poter aprire

Che succede al Saravanaa Bhavan? Vista la segretezza delle ricette, la catena di ristoranti pretende che in cucina lavorino solo cuochi provenienti dal Paese asiatico – Di tutt'altro parere l'Ufficio dell'economia e del lavoro di Zurigo
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Red. Online
15.05.2024 09:00

Avrebbe dovuto aprire i battenti a inizio maggio e, invece, le sue porte sono ancora chiuse. Il motivo? Mancano i cuochi. O, meglio, ci sono, ma non hanno il permesso di lavoro per esercitare in Svizzera. Al centro della vicenda un ristorante di Zurigo che propone cucina indiana vegetariana: il Saravanaa Bhavan.

A raccontare la storia di Anitha Sivakumar e Sarankan Ravendra, questi i nomi dei due imprenditori che hanno acquistato la licenza in franchise per la Svizzera della catena di ristoranti indiana, è Watson. Il nodo della vicenda, lo abbiamo detto, è il permesso di lavoro per i cuochi. Già, perché Saravanaa Bhavan impone che a preparare i pasti nelle filiali di tutto il mondo siano cuochi provenienti dall'India formati appositamente nel Paese asiatico. La misura è dovuta alla segretezza delle ricette e alla paura che cuochi stranieri possano impadronirsi delle conoscenze di Saravanaa Bhavan. Per farsi un'idea del grado di confidenzialità che ruota attorno ai piatti della catena di ristoranti, si pensi che i gerenti della filiale di Zurigo hanno dovuto far costruire un locale separato accessibile solo ai cuochi all'interno del quale vengono miscelate le spezie. Locale a cui nemmeno Anitha Sivakumar e Sarankan Ravendra hanno accesso durante la preparazione delle miscele.

Un «prima ai nostri» in salsa zurighese

L'Ufficio dell'economia e del lavoro di Zurigo, però, non condivide la visione e le preoccupazioni della catena indiana di ristoranti e ha rifiutato il permesso di lavoro ai cinque cuochi assunti da Saravanaa Bhavan per la filiale sulla Limmat. A motivare la decisione è l'assenza di un interesse economico globale e la necessità di dare la priorità a personale indigeno. Interpellato in merito alla questione, il portavoce dell'Ufficio, Fabian Boller, si è rifiutato di esprimersi su casi specifici. Egli ha poi aggiunto che, in generale, la Segreteria di Stato della migrazione (SEM) ha emanato linee guida specifiche riguardo all'ammissione di cuochi specializzati e che l'ufficio zurighese le applica ogniqualvolta si trova ad esaminare le domande per il permesso di lavoro.

Anitha Sivakumar e Sarankan Ravendra non vogliono però darsi per vinti e contro la decisione hanno presentato ricorso. «I nostri cuochi possiedono un savoir-faire che in Svizzera, semplicemente, non esiste. La cucina che propongono è molto differente da quella che conosciamo e si basa su antiche ricette del sud dell'India», spiega Anitha Sivakumar. «Non siamo solo "un altro ristorante indiano", l'esperienza Saravanaa Bhavan è assolutamente unica». Quindi la stoccata: «Perché solo gli ingegneri e gli scienziati che lavorano in campo farmaceutico dovrebbero ottenere il permesso di lavoro?».

Per cercare di sbloccare la situazione, inoltre, i gerenti hanno scritto una lettera alla consigliera di Stato zurighese Carmen Walker-Späh, che dirige l'Ufficio dell'economia e del lavoro. Nella missiva sottolineano come i cuochi che lavoreranno in Svizzera per un periodo di almeno cinque anni riceveranno un salario superiore alla media. Il resto del personale, inoltre, dalla direzione ai servizi, verrà dalla Svizzera. Con la nostra attività, sottolineano poi i gerenti, creeremmo una dozzina di posti di lavoro.

Investimenti ingenti e nessun piano B

«Nel progetto abbiamo investito una somma a sei cifre tra affitto e lavori di ristrutturazione del locale senza contare le spese legali per la questione dei permessi di lavoro», spiegano i gerenti. Solo gli utensili da cucina speciali imposti dalla catena di ristorazione sono costati più di 30.000 franchi. «Questi soldi li abbiamo guadagnati con il sudore della fronte», puntualizza Sarankan Ravendran.

La coppia di gerenti non ha previsto nessun piano B in caso il ricorso non venga accolto e il rifiuto di concedere il permesso di lavoro ai cuochi indiani venga confermato. Anitha Sivakumar e Sarankan Ravendra rimangono ottimisti e pensano già a progetti futuri. «L'idea a medio-lungo termine è creare altre filiali a Ginevra, Losanna, Berna, Lucerna e Basilea», conclude Anitha Sivakumar.