Il dibattito

Nei Grigioni e in Vallese non ci si scanna più per il lupo

Dopo anni di accesi scontri, i toni si sono calmati - I favorevoli e i contrari al predatore hanno trovato un punto di incontro: «Essere estremisti non porta da nessuna parte» - Ma Christophe Darbellay ha ancora qualcosa da dire
© Keystone/JEAN-CHRISTOPHE BOTT
Andrea Stern
Andrea Stern
23.07.2025 06:00

InVallese si usava dire che «l’unico buon lupo è un lupo morto» ma oggi non lo si dice più. «In passato il dibattito è stato molto acceso ma oggi si è parecchio calmato», spiega Pascal Vuignier, presidente della Federazione vallesana delle società di caccia. «Chi chiedeva la completa eliminazione del predatore dalle nostre montagne ha capito che dobbiamo imparare a conviverci, mentre chi lo difendeva a spada tratta si è reso conto che la regolamentazione è inevitabile».

È ormai solo in Ticino che ciclicamente si torna a scannarsi attorno alla gestione del lupo (o forse attorno alla poltrona di chi è chiamato a gestire il lupo). I nostri vicini a ovest e a est hanno invece declassato il dossier a normale amministrazione.

Dai Grigioni lo conferma RetoCrameri, deputato in Gran Consiglio per il Centro, autore negli anni di svariati atti parlamentari sul lupo. «Ci sono ancora aspetti che vanno migliorati, a partire dagli indennizzi agli allevatori», afferma Crameri. «A mio avviso si potrebbe anche riflettere sull’opportunità di confinare il lupo nel Parco nazionale e lasciare libero il resto del territorio cantonale. Però in generale devo ammettere che la situazione è molto migliorata, grazie ai cambiamenti legislativi decisi dal consigliere federale Albert Rösti ma anche, a livello cantonale, alla gestione da parte della consigliera di Stato Carmelia Maissen, che ha molto a cuore il tema».

Gli abbattimenti contestati

Con rispettivamente 34 e 48 lupi abbattuti, il Vallese e i Grigioni sono i cantoni che più di tutti hanno partecipato alla seconda fase di regolamentazione preventiva dei branchi di lupi, tra il settembre 2024 e il gennaio 2025. A titolo di paragone, in Ticino in quel periodo di lupi ne sono stati impallinati solamente tre.

Quella fase di regolamentazione preventiva è tornata in questi giorni sotto le luci della ribalta a causa di uno studio dell’Università di Losanna secondo cui i Grigioni avrebbero fatto bene i compiti ma il Vallese un po’ meno. Fra i 34 lupi uccisi, sostiene l’Università di Losanna, solo la metà apparteneva a branchi identificati come problematici.

«Tutto è stato fatto nel quadro della legalità», ribatte Christophe Darbellay, consigliere di Stato vallesano cui compete la gestione del lupo. «È sempre facile puntare il dito a posteriori. È un po’ come fare le previsioni del tempo il giorno dopo. Ma quando ci si trova di notte con un lupo nel mirino a cento metri di distanza è invece impossibile stabilire se il suo DNAsia proprio quello dell’esemplare che si sta cercando. È inevitabile che ci sia un margine di errore».

Da qui a ipotizzare che i vallesani abbiano ecceduto con gli spari ce ne corre, secondo Darbellay. «Abbiamo ucciso una trentina di lupi ma sulle nostre montagne ce ne sono ancora fra 150 e 200», afferma il consigliere di Stato. «Questa estate sono già state osservate delle lupe in stato di gravidanza e poi ci sono in continuazione esemplari che arrivano dalla Valle d’Aosta e dal Piemonte. No, il lupo non rischia affatto di scomparire dal Vallese».

Protetto ma entro alcuni limiti

Non è nemmeno ciò che i vallesani auspicano, almeno a parole. «Il lupo è protetto, io non metto in discussione le convenzioni internazionali», assicura Darbellay. «Tuttavia è innegabile che oggi la sua presenza è eccessiva, ciò che ha un impatto negativo sull’agricoltura, sul turismo, come anche sulla fauna selvatica. In certe zone diventa problematico andare in vacanza con il proprio cane, il numero di camosci e cervi è fortemente calato. Nel 2018 il Consiglio federale aveva stabilito che i cantoni di Berna,Friborgo e Vallese dovessero ospitare un massimo di tre branchi. Oggi solo noi vallesani abbiamo tredici branchi.Sono troppi. C’è l’indiscussa necessità di eliminarne di più».

Su questo, a quanto pare, in Vallese sarebbero quasi tutti d’accordo. Quando nel 2020 si andò a votare sulla revisione della legge sulla caccia, i vallesani furono tra coloro che in maniera più massiccia approvarono l’allentamento della protezione dei grandi predatori, bocciato a livello nazionale a causa dell’opposizione dei cantoni urbani. Ieri il Corriere del Ticino ha cercato invano un vallesano che accusasse le proprie autorità di eccessivo accanimento nei confronti del lupo. Non c’è stato nulla da fare.

«Anche in Vallese ci sono persone che la pensano diversamente», sostiene Darbellay. «Ma soprattutto ci sono grandi professori che fanno grandi teorie che poi vengono regolarmente smentite dai fatti. Noi per esempio siamo riusciti ad apporre un collare con GPSa una lupa e abbiamo scoperto che si muoveva su un perimetro quattro volte più grande rispetto a quanto ci dicevano gli esperti. La teoria è una cosa, la pratica spesso un’altra».

Il peso della burocrazia

Un problema, forse secondario ma comunque importante, è che tra la teoria e la pratica si insinua un mare di scartoffie che hanno pure loro un impatto non indifferente. «La gestione del lupo implica molto lavoro amministrativo, il peso della burocrazia è enorme», spiega Darbellay. «I miei servizi di caccia, pesca e fauna si occupano ormai praticamente solo del lupo e non hanno più tempo per gli altri compiti».

Un aspetto, il peso burocratico, sentito anche nei Grigioni. «In generale siamo contenti di come il Cantone gestisce la situazione», ribadisce Reto Crameri. «Però mi chiedo se non sia eccessivo spendere un milione di franchi all’anno. Davvero vogliamo investire tutti questi soldi nel lupo?». Il bello, nei Grigioni, è che quando Crameri pone questa domanda in Gran Consiglio nessuno si surriscalda.

«Forse siamo più ragionevoli di voi ticinesi», sorride Anita Mazzetta, granconsigliera dei Verdi e co-presidente del WWF. «Penso che siamo quasi tutti d’accordo sul fatto che il lupo è qui per restare.Certo, ci sono ancora contadini che vorrebbero eliminare tutti i lupi, ma la maggioranza ha capito che l’unica via percorribile è quella di trovare insieme le soluzioni per facilitare la convivenza».

«Siamo consapevoli che essere troppo estremisti non porta da nessuna parte», le fa eco Samuele Censi, granconsigliere PLR e presidente della deputazione del Grigioni italiano. «Dobbiamo tenere conto delle esigenze del mondo agricolo e del turismo, che sono due realtà molto importanti per un cantone di montagna come il nostro. Ma dobbiamo anche evitare di cadere in proposte forse popolari ma non attuabili.Ci vuole senso di responsabilità».

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