Stazioni di servizio

Nei prossimi 15 anni scomparirà la metà dei benzinai

Prosegue anche nel 2023 il calo dei consumi di carburante – Luca Giampietro (City Carburoil): «Il settore dovrà riorganizzarsi» – Pietro Lurati (Euro Service): «Le abitudini sono cambiate»
© CdT/Gabriele Putzu
Francesco Pellegrinelli
01.06.2023 06:00

Nei prossimi quindici anni il numero delle stazioni di servizio in Ticino potrebbe ridursi della metà. La lettura è di Luca Giampietro, amministratore generale di City Carburoil: «Fare previsioni di questo tipo è sempre difficile, ma i cambiamenti in atto nel settore sono profondi». A cominciare dal calo dei volumi di carburante venduto. Anche nei primi mesi del 2023 la flessione rispetto al periodo pre-pandemia è piuttosto importante. «Nei primi quattro mesi del 2023 la rete ticinese ha erogato mediamente il 44% di carburante in meno rispetto al 2019, l’ultimo anno “normale” per il settore», rivela al CdT Giampietro, per il quale difficilmente il settore tornerà ai livelli storici precedenti la COVID. «Dovremo farcene una ragione - prosegue Giampietro -, ma presto o tardi l’organizzazione del settore andrà rivista. Qualcuno lo ha già fatto. Altri lo dovranno fare».

In quest’ottica si inserisce la riflessione di Giampietro: «Nei prossimi anni, quando le stazioni esistenti andranno rinnovate, i proprietari dovranno decidere dove investire ancora. In Ticino esiste una concentrazione di punti vendita sopra la media resa possibile dalla posizione geografica e dal mercato di confine particolarmente vantaggiosi». E ancora: «In futuro difficilmente si potranno mantenere tutti i punti vendita oggi presenti». Di qui, la conclusione: «Tra una quindicina d’anni, delle attuali 180 stazioni presenti in Ticino ci sarà spazio per un centinaio».

- 44% è il dato relativo alla vendita di carburante nei primi 4 mesi del 2023 rispetto allo stesso periodo del 2019

In realtà, per vedere i primi cambiamenti non occorre attendere tanto a lungo. «Ai tempi d’oro quasi tutte le stazioni rimanevano aperte fino alle 22. Oggi, perlopiù, la rete chiude tra le 19 e le 20, tranne qualche rara eccezione».

In questa tendenza si inserisce la decisione di sospendere temporaneamente l’attività di alcuni punti vendita sulla fascia di confine. «Nel 2022, a causa del taglio delle accise introdotto dal Governo italiano, una trentina di stazioni hanno dovuto abbassare la serranda. Nel frattempo hanno riaperto, tranne cinque o sei che sono ancora in attesa di una decisione».

A ridosso del confine i volumi di carburante erogati ancora oggi sono infatti sotto la media storica, conferma dal canto suo Pietro Lurati, responsabile marketing del gruppo Euro Service. Dopo il crollo dei consumi del 2022 - con punte che nel Mendrisiotto hanno toccato il 90% - oggi la flessione è parzialmente rientrata, ma le perdite rimangono mediamente alte. «I consumi di aprile 2023 sono sotto del 50% rispetto a quelli di aprile 2019». Segno, appunto, di un cambiamento profondo che tocca tutta la mobilità ticinese. Secondo Giampietro le cause vanno cercate sia nell’elettrificazione, sia nel telelavoro. Un parere condiviso anche da Lurati. «Fisiologicamente le abitudini della popolazione sono cambiate, pensiamo solamente agli spostamenti in bicicletta, cresciuti in maniera considerevole anche sulle medie distanze. Il calo oramai è strutturale e difficilmente torneremo ai consumi pre-COVID».

Alla colonna

Sui prezzi praticati alla colonna la situazione nel frattempo si è normalizzata. «La benzina è tornata più conveniente in Ticino (dopo lo stop al taglio delle accise, ndr), mentre il diesel è sempre meno caro in Italia», spiega Lurati, Una differenza di prezzo che ha origini storiche: «In Svizzera la tassa sul gasolio è notoriamente maggiore». Mediamente un litro di benzina in Ticino costa 1 franco e 80 centesimi, contro 1 euro e 86 centesimi in Italia. Per un litro di diesel, invece, in Ticino bisogna sborsare 1 franco e 93 centesimi contro 1 euro e 72 centesimi oltre confine. «In alcuni punti vendita lo scarto tra Italia e Svizzera sul gasolio raggiunge anche i 40 centesimi di differenza», osserva Lurati.

Orizzonte 2035

Guardando al futuro, però, il vero banco di prova per il settore è il 2035, quando la svolta green approvata da Bruxelles a marzo diventerà effettiva. Il regolamento europeo sulle automobili prescrive infatti lo stop alla vendita e all’immatricolazione di auto nuove a benzina o diesel. Il motore termico tuttavia continuerà a esistere (e a essere prodotto), a patto che venga alimentato con il carburante sintetico. «Il 2035 è uno snodo importante per tutto il settore», chiosa Giampietro. «Sarà importante tuttavia capire come si evolverà il parco veicoli. In Svizzera mediamente ha una durata di 7 anni. Pertanto, la transizione da noi potrebbe avvenire più velocemente rispetto ad altri Paesi europei. «Sarà importante evitare che la transizione porti ad un “effetto Cuba”, ossia a un parco veicoli vetusto che persiste a lungo anche dopo il 2035», commenta Giampietro. «La vera sfida per il settore sarà il passaggio al carburante sintetico», esplicita Lurati che aggiunge: «Per il nostro settore molto dipenderà dal costo del carburante che dovrà essere sostenibile e competitivo. Chiaramente anche noi ci adegueremo ai cambiamenti, per esempio, installando colonnine elettriche per la ricarica veloce».

Nel 2022 Berna ha registrato entrate superiori di circa il 20% rispetto all'anno precedente grazie all'imposta sul valore aggiunto (IVA) applicata ai prodotti derivati dagli oli minerali. Il motivo è il forte aumento dei prezzi di benzina, diesel e gasolio per riscaldamento. Se nel 2021 la Confederazione ha incassato poco meno di 926 milioni di franchi svizzeri di IVA sui prodotti a base di olio minerale, nel 2022 questo gettito è salito a 1,116 miliardi. Le imposte sugli oli minerali, che viene riscossa in base ai litri e non al prezzo, sono per contro diminuite di circa il 2,5%.

«Preoccupa il meccanismo delle accise in Italia»

«Al momento il mercato petrolifero e quello del gas sono piuttosto stabili, ma fare previsioni su come si evolverà dopo l’estate è molto difficile», osserva Giampietro. «Al momento vediamo che non ci sono grandi variazioni sul prezzo alla colonna». Tutto, però, si può evolvere velocemente. Di certo, un’eventuale crisi nelle forniture di gas trainerebbe al rialzo anche il prezzo del barile, come accaduto nel 2022 in coincidenza con la guerra in Ucraina. «Attenzione però a non fare un raffronto diretto tra prezzo della materia prima e prezzo alla colonna del prodotto finito», avverte Giampietro. «Un movimento del barile non si traduce in una correzione alla colonna».

L’altra incognita riguarda la nuova legge sulle accise introdotta dal Governo Meloni lo scorso gennaio. Nel caso in cui il prezzo del carburante salisse sopra una certa soglia, i maggiori introiti derivanti dall’IVA verrebbero impiegati per ridurre le accise. «È un meccanismo che ci preoccupa, a maggior ragione perché non serve nessuna decisione politica a Roma. È sufficiente che il prezzo alla colonna raggiunga un certo livello, che immediatamente si innesca il taglio». Il Governo italiano, prosegue Giampietro, ha fatto in modo che questo maggior afflusso di capitali venga distribuito al consumatore. «Una proposta analoga è stata presentata a Berna, ma la Confederazione ha deciso di non darvi seguito, nonostante i maggiori introiti legati all’IVA».