Mosca

Nel mondo alla rovescia di Vladimir Putin la guerra è sempre colpa degli altri

In una torrenziale conferenza stampa tenuta in diretta televisiva il presidente russo ribadisce le sue condizioni per la fine del conflitto - Molti gli elogi a Donald Trump, definito «sincero» - Secondo il capo del Cremlino, Zelensky si rifiuta di porre fine allo scontro «in modo pacifico»
©SERGEI ILNITSKY
Dario Campione
19.12.2025 19:30

Il mondo alla rovescia di Vladimir Putin comincia dal ridisegno dei confini di santa madre Russia. Alle spalle dello zar, impegnato oggi in una torrenziale - e molto addomesticata - conferenza stampa di fine anno, campeggiava una mappa della Federazione nella quale erano ricomprese anche la penisola di Crimea e le regioni di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia, vale a dire i territori orientali dell’Ucraina nei quali tuttora si combatte. Un messaggio inequivocabile. Ribadito più volte nel dialogo con i giornalisti.

Dopo quasi quattro anni di guerra, fallito l’obiettivo iniziale di prendersi l’intero Paese e di rovesciare il legittimo governo di Kiev, Putin è ormai costretto a ribaltare sul campo avversario le responsabilità di un conflitto che ha causato centinaia di migliaia di morti e fragilizzato l’economia russa. E, per farlo, si impegna in un continuo corpo a corpo con la realtà. Così, ad esempio, Mosca non si considera «responsabile della perdita di vite umane. Non abbiamo iniziato noi questa guerra - ha detto il presidente russo - Questa guerra è iniziata dopo il colpo di Stato, armato, incostituzionale del 2014 in Ucraina e poi l’avvio delle ostilità da parte dei leader del regime di Kiev contro i propri cittadini nell’Ucraina sudorientale».

Il mondo alla rovescia, appunto, lo stesso nel quale Mosca sarebbe stata obbligata a intervenire con le armi.

«Nel 2022 avevamo avvertito l’Ucraina. Abbiamo semplicemente detto loro: “Ascoltate, saremo costretti a riconoscere queste repubbliche (Donetsk e Lugansk, ndr) e sarebbe meglio se lasciaste semplicemente che la gente vivesse in pace come vuole, senza i vostri colpi di Stato, senza russofobia e così via. Ritirate le vostre truppe e basta”».

Senza lesinare dosi massicce di arroganza e di prepotenza, Putin ha anche aggiunto che Kiev si rifiuta sostanzialmente di porre fine al conflitto «in modo pacifico. Vediamo, sentiamo e siamo a conoscenza di alcuni segnali, anche da parte del regime di Kiev, che indicano come esso sia pronto a impegnarsi in una qualche forma di dialogo. Siamo pronti e disposti a porre fine a questo conflitto pacificamente, ma sulla base dei principî che ho delineato lo scorso giugno al ministero russo degli Esteri, e affrontando le cause profonde che hanno portato a questa crisi».

Tradotto: l’Ucraina rinunci alla sovranità dei territori a Est, non entri mai nella NATO e nell’Unione Europea, riduca il proprio esercito.

Paradossalmente, l’unico alleato che il presidente russo ha trovato sulla strada impervia della sua post-verità è l’omologo statunitense. Quel Donald Trump che, un paio di settimane fa, aveva messo nero su bianco 28 punti capestro di un piano di pace finalizzato soltanto a umiliare l’Ucraina e l’Unione Europea. Un piano, com’è noto, sul quale la Casa Bianca ha dovuto fare una clamorosa marcia indietro.

Ben sapendo che la frattura tra Stati Uniti e Unione Europea gioca a sua favore, Putin ha elogiato i «seri sforzi di Trump per porre fine al conflitto», e ha definito il presidente USA «sincero. Il presidente Trump e io ci siamo trovati d’accordo e abbiamo quasi concordato sulle sue proposte ad Anchorage (il riferimento è al vertice in Alaska del 15 agosto scorso, ndr). Quindi, affermare che stiamo rifiutando qualcosa è assolutamente errato e infondato. Abbiamo ricevuto alcune proposte durante gli incontri preliminari a Mosca e ci è stato chiesto di fare alcuni compromessi. Dopo essere arrivato ad Anchorage, ho detto che queste decisioni non sarebbero state facili per noi, ma abbiamo accettato i compromessi proposti. La palla è interamente nel campo dei nostri cosiddetti oppositori occidentali, del capo del regime di Kiev e dei suoi sponsor europei».

Il grande complotto

Al fondo del ragionamento di Vladimir Putin c’è sempre la teoria del grande complotto. Il presidente russo è convinto che, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, l’Occidente non abbia rispettato i patti e che Mosca sia stata «ingannata» con l’espansione a est della NATO. «Non ci saranno nuove operazioni militari speciali se ci tratterete con rispetto», ha detto lo zar rispondendo a una domanda del giornalista della BBC.

La Russia, ha spiegato Putin, aveva anche «cooperato con l’Alleanza atlantica. Non si era parlato soltanto di collaborazione, ma anche di un’adesione vera e propria, prima da parte dell’Unione Sovietica, poi della Federazione Russa. Ma in entrambi i casi ci siamo resi conto che non eravamo i benvenuti. Più volte siamo stati ingannati dalle promesse occidentali relative alla non espansione dell’Alleanza verso est. Lo spostamento dell’infrastruttura militare della NATO verso i nostri confini ha suscitato e continua a suscitare la nostra legittima preoccupazione», ha aggiunto Putin, sottolineando che, anche per questo motivo, la Russia insiste sul rispetto degli impegni di sicurezza assunti in passato dall’Occidente.

A 73 anni, dopo essere stato al al Cremlino per un quarto di secolo, secondo soltanto a Stalin nella Russia post-zarista, probabilmente Putin teme più nulla. Nemmeno il ridicolo. Alla domanda se stesse raccogliendo materiale per scrivere le proprie memorie, il presidente russo ha risposto di no, aggiungendo che la sua fede risiede «in Dio, che è con noi e che non abbandonerà mai la Russia». Quasi inevitabile nel mondo alla rovescia di un colonnello del KGB che aveva fatto della professione di ateismo il lasciapassare verso il potere.