“Nelle lingue l’esempio viene dall’alto”

INTERVISTA A GRAHAM FRASER - Spetta anzitutto ai funzionari dirigenti e ai politici promuovere gli idiomi minoritari
"Il costo della politica pubblica delle lingue non è più considerato un problema. Esso è riconosciuto come il prezzo necessario dell'unità nazionale"
Moreno Bernasconi
02.03.2016 02:05

La politica delle lingue non è una politica qualunque. In un Paese come la Svizzera, basato sul plurilinguismo, è una politica pubblica da realizzare in modo esemplare, a cominciare dall'amministrazione e dal Parlamento. Questo è il messaggio emesso ieri a Berna in un incontro organizzato dalla delegata al plurilinguismo Nicoletta Mariolini, cui hanno partecipato i vertici dell'amministrazione federale, invitati di spicco, la presidente del Consiglio nazionale Christa Markwalder e il consigliere federale Ueli Maurer, che ha ripreso la responsabilità del dossier «lingue nell'amministrazione» dal suo predecessore Eveline Widmer-Schlumpf. Per Maurer la Svizzera non possiede materie prime ma la pluralità delle sue lingue costituisce un cemento per la coesione nazionale che va promosso con un impegno duraturo. All'incontro ha partecipato, come invitato illustre, il commissario canadese per le lingue ufficiali Graham Fraser. Il Corriere del Ticino lo ha intervistato per illustrare gli insegnamenti che la Svizzera può trarre da questro Paese bilingue e federalista.

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Signor commissario, perché il Canada ha deciso di adottare una politica delle lingue ufficiali nell'amministrazione pubblica?

«All'inizio delgi Anni Sessanta, il Canada ha visto nascere un forte nazionalismo nel Québec francofono e un pronunciato movimento indipendentista. Il primo ministro Lester B. Pearson ha creato una Commissione reale di inchiesta sul bilinguismo e il biculturalismo la quale, nel 1967, ha espresso le seguenti raccomandazioni : 1. Fare una legge sulle lingue che promuova l'inglese e il francese a lingue ufficiali 2. Garantire a tutti i canadesi il diritto a servizi federali nella lingua ufficiale di loro scelta 3. Garantire l'uguaglianza di statuto delle due lingue nelle istituzioni federali. Per vigilare sul rispetto degli obblighi relativi da parte delle istituzioni federali, la Commissione ha raccomandato la creazione della funzione di Commissario alle lingue ufficiali, incaricato di agire come un ombudsman linguistico e come coscienza attiva della politica in questo campo fondamentale per il Paese. La legge sulle lingue ufficiali è stata adottata nel 1969 e il primo commissario alle lingue è entrato in funzione nel 1970. Io sono il settimo ad occupare questo posto».

Il francese e l'inglese hanno uno statuto di parità reale nell'amministrazione pubblica? E quali strumenti vi siete dati per raggiungere questo obiettivo?

«La parità è garantita dal punto di vista formale. Nei fatti non sempre. Se prendiamo le pubblicazioni, le dichiarazioni e gli annunci pubblici, Governo e amministrazione hanno fatto enormi progressi. Inizialmente sottorappresentati, i francofoni oggi sono leggermente sovrarappresentati. Ma alcune istituzioni faticano ancora ad elargire i propri servizi nella lingua del cittadino. E c'è ancora parecchio da fare affinché il francese sia una vera lingua di lavoro nella funzione pubblica. Ci siamo dati degli strumenti per migliorare la situazione : la possibilità di inoltrare denuncia presso il mio ufficio; una rete di sostegno nell'amministrazione ; una formazione linguistica adeguata offerta ai funzionari».

Ci sono diverse politiche pubbliche. Quella delle lingue è una politica pubblica come le altre? In cosa si differenzia?

«Per noi è chiaro: non è una politica pubblica come le altre. Nel 1982 lo statuto delle due lingue ufficiali, i diritti linguistici dei Canadesi e i criteri che garantiscono l'accesso alle scuole della minoranza linguistica – ovvero la comunità anglofona nel Québec e quelle francofone nel resto del Paese - sono ormai iscritte a chiare lettere nella Costituzione».

Il diritto di lavorare nella propria lingua è garantito nell'insieme dell'amministrazione federale?

«Lo è nelle regioni bilingui, vale a dire nella regione della capitale e in alcune parti delle province del Québec, l'Ontario e del Nuovo Brunswick. In alcune regioni del Québec la lingua di lavoro è il francese e nel resto del Canada è l'inglese. Ciononostante, anche il funzionario che postula per un posto in una regione unilingue ha diritto ad essere sentito nella lingua di sua scelta».

Il plurilinguismo nell'amministrazione comporta costi importanti. Come la classe politica canadese giudica /reagisce a questi costi aggiuntivi, a fortiori in un periodo di crisi finanziaria come quella attuale?

«Il costo della politica pubblica delle lingue non è più considerato un problema. Esso è riconosciuto come il prezzo necessario dell'unità nazionale e la collaborazione fra le due grandi comunità linguistiche del Paese. Solo alcune piccole frange minoritarie dell'opinione pubblica contestano ancora questi costi».

Nella sua attività, lei attribuisce grande importanza al plurilinguismo degli alti funzionari e dei leader. A quale strategia risponde questa scelta?

«La conformità col dettato di una legge non basta mai. Il miglior modo di indurre un'istituzione o un Paese ad andare in una certa direzione è di fare in modo che i leaders adottino in prima persona un certo comportamento : l'esempio viene dall'alto. Se un primo ministro utilizza le due lingue ufficiali nei suoi discorsi e dichiarazioni, il messaggio è chiaro per tutti. Quando gli alti funzionari utilizzano ambedue le lingue e vegliano a che ogni comunicazione agli impiegati sia nelle due lingue e incoraggiano il bilinguismo durante le riunioni, nelle comunicazioni e nelle note di sintesi, l'impatto che ciò ha nell'ambiente di lavoro è enorme. Se al contrario, gli alti funzionari utilizzano una lingua soltanto, l'impatto sarà altrettanto forte : purtroppo nell'altro senso».

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