Svizzera

Nestlé, terremoto a Vevey: crollo in Borsa e nuova coppia al comando

Dopo il -40% in tre anni e tre uscite ai vertici, Paul Bulcke lascia il posto a Pablo Isla - Con lui il nuovo CEO Philipp Navratil, chiamato a ricostruire fiducia e rilanciare il gigante svizzero dell’alimentare
©JEAN-CHRISTOPHE BOTT
22.09.2025 12:04

A Vevey, sulle sponde tranquille del lago di Ginevra, c’è un gigante che non dorme sonni sereni. Nestlé, l’azienda svizzera che da decenni porta il caffè nelle nostre tazze e la cioccolata sulle nostre tavole, sta vivendo una delle fasi più turbolente della sua storia recente. Per capire la portata del terremoto basta guardare al valore in borsa: negli ultimi tre anni il titolo ha perso circa il 40%. Non proprio il biglietto da visita che ci si aspetta da chi ambisce a restare il colosso indiscusso delle nostre dispense.

La vera scossa è arrivata dai piani alti della dirigenza. Dopo due CEO saltati in un anno, a metà settembre anche lo storico presidente Paul Bulcke ha deciso di lasciare prima del previsto: «È giunto il momento di dimettermi e di accelerare la transizione», ha dichiarato, cedendo il posto a Pablo Isla. Dal 1° ottobre sarà lui – l’uomo che ha trasformato Inditex, il gruppo di Zara, in un impero – a guidare il Consiglio d’amministrazione. La gestione operativa, invece, è già passata nelle mani di Philipp Navratil, nominato CEO a settembre dopo l’uscita di Laurent Freixe, travolto da una relazione non dichiarata con una collaboratrice. Navratil, che in passato ha diretto Nespresso, dovrà ora dimostrare di saper governare non solo capsule ed espressi, ma l’intero banchetto globale di Nestlé.

Le sfide sul tavolo non mancano. Prima di tutto la fiducia, che dopo mesi turbolenti va riconquistata sia tra gli investitori sia tra chi lavora dentro l’azienda. Poi c’è l’enorme portafoglio di marchi – più di duemila – che rischia di diluire energie e attenzione invece di rafforzare i brand più solidi. Anche la divisione dedicata alla salute, con vitamine e integratori, non ha mantenuto le promesse di crescita, mentre le acque minerali si trovano a fare i conti con margini ridotti e contenziosi giudiziari. Persino il caffè, simbolo storico della casa, non è più inattaccabile: i concorrenti hanno unito le forze e oggi danno filo da torcere a Nescafé e Nespresso. A complicare lo scenario si aggiunge la frenata dei mercati emergenti, in particolare della Cina, insieme a un debito che ha superato i 60 miliardi di franchi e a una politica dei dividendi che molti osservatori giudicano fin troppo generosa.

Eppure, Nestlé resta Nestlé. La stessa azienda che ha resistito a due guerre mondiali, a scandali alimentari e a campagne globali di boicottaggio. Ora la sfida è diversa: non è più soltanto economica, è culturale. Bisogna innovare, diventare più agili, smettere di dare l’immagine di una macchina lenta e ingolfata che fatica a cambiare passo.

Come osserva Blick, la fiducia degli azionisti è in caduta libera. La dirigenza viene giudicata troppo distante e appesantita da un’età media elevata, mentre alcuni prodotti storici – pizze surgelate, cubetti di brodo, Smarties – sembrano ormai fuori tempo rispetto alle aspettative delle nuove generazioni, orientate verso salute, autenticità e sostenibilità.

Senza un cambiamento profondo di mentalità, con meno burocrazia e maggiore apertura a idee fresche, il colosso di Vevey rischia davvero grosso: non solo di perdere ulteriore competitività, ma di scivolare verso un declino strutturale, se non saprà reinventarsi.

Il nuovo CEO Philipp Navratil non ha perso tempo a far capire che aria tirerà a Vevey. «La nostra azienda deve muoversi più velocemente, essere più aperta a nuove idee e imparare a correre dei rischi», ha dichiarato nel comunicato ufficiale pubblicato da Nestlé. Poi ha rincarato la dose: «Il nostro successo futuro dipenderà dalla capacità di innovare, di semplificare le nostre strutture e di agire con maggiore coraggio». Parole che suonano come un avvertimento al gigante di Vevey: se non si scrolla di dosso la sua lentezza, rischia di trasformarsi in un gigante dai piedi d’argilla.

Accanto a lui, il nuovo presidente Pablo Isla è visto quasi come l’uomo del destino. Ha già dimostrato, con Zara, di saper trasformare un marchio in un impero agile e scattante. Ora gli investitori scommettono che possa compiere la stessa magia anche con cereali, biscotti e caffè. Come ha sottolineato Reuters, il mercato attende con ansia di vedere se questa coppia Navratil-Isla sarà davvero capace di restituire energia e slancio a un colosso che, nonostante la sua imponenza, oggi appare sorprendentemente fragile.

Il gigante svizzero, insomma, non è affondato. Ma deve scrollarsi di dosso lentezze e incertezze, per poter tornare a muoversi con l’agilità di un tempo. Perché anche i colossi, ogni tanto, hanno bisogno di un buon espresso per ripartire.

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