"Non ci sono i mezzi per occuparsi di tutti"

Peter Regli, alla luce degli elementi sin qui emersi, qual è la dimensione nuova degli attacchi rispetto al caso di Charlie Hebdo?«Facciamo un passo indietro. Il 29 giugno del 2014, in una moschea di Mosul, il leader dell'ISIS Abu Bakr al-Baghdadi aveva manifestato pubblicamente le sue intenzioni. Aveva detto che intendeva consolidare lo Stato islamico nei suoi territorio attuali, Siria e Iraq; ma nel contempo ha esortato i giovani tramite i social network a portare la "buona novella" in altri Paesi. Secondo me quello di Parigi è il primo esempio che lo Stato islamico vuole colpire l'Occidente. Il suo portavoce al-Adnani, all'inizio del 2015, aveva detto che l'ISIS sarebbe andato a Parigi, a Roma e a Granada. Adesso la domanda è quale sarà la prossima città ad essere colpita. Hanno mandato i loro guerrieri, pronti a compiere uccisioni di massa e a farsi saltare in aria. È la prima volta che un membro dell'ISIS si fa saltare in aria in Europa. È questa la dimensione nuova. Un caso analogo era avvenuto a Mumbai nel 2008. Il piano d'azione era lo stesso: gruppi di giovani che nascondono armi negli zainetti e poi prendono di mira soft target».
Addosso ad un terrorista ucciso è stato trovato un passaporto siriano. Il titolare era stato registrato fra i migranti approdati in Grecia a inizio ottobre. Sono in corso verifiche sull'autenticità. Resta la domanda: con i veri rifugiati possono arrivare anche jihadisti?«Con grande probabilità sì».
I terroristi erano in 8. È possibile che abbiano fatto tutto da soli?«Per organizzare un'operazione così complessa e ben coordinata occorrono più di otto persone. Sono convinto che ci sono ancora latitanti. Il Belgio è un vespaio molto pericoloso per quanto riguarda la minaccia islamista. Non sarei sorpreso se si confermasse che l'operazione è stata pianificata in Belgio, dove c'è un'organizzazione che si chiama sharia4Belgium. Probabilmente questi attentatori o erano molto ben guidati oppure loro stessi hanno adottato precauzioni sulla base delle esperienze degli episodi precedenti. Possono non aver usato la Rete. L'attacco in ogni caso è stato organizzato in modo di non lasciare tracce».
Dal Belgio provengono molti nomadi della Jihad partiti per la Siria. È una realtà problematica quindi?«Il Belgio ma non solo. Sono sorpreso ad esempio che non si parli mai della società parallela musulmana in Francia, nella quale ci sono migliaia di giovani frustrati pronti ad accettare questa ideologia totalitaria, a radicalizzarsi e ad andare a combattere in Siria. Dai politici francesi non ho sentito una parola a questo proposito. Lo stesso discorso vale per il Belgio e la Germania. Qui ci sono 4-5 milioni di musulmani, con ghetti, tra gli altri, ad Amburgo, Berlino, Colonia, Duisburg. C'è un potenziale pericoloso enorme che sfugge al controllo dello Stato. Bisogna parlare di queste società parallele. Nelle grandi banlieue francesi ci sono imam che dettano legge. Lo Stato non ha niente da dire e fa stato la sharia. Chi vive e rispetta la sharia non potrà mai rispettare la Costituzione di uno Stato democratico».
Dopo la strage di Charlie Hebdo la Francia è intervenuta a livello di leggi e ha potenziato il suo apparato di sicurezza. Com'è possibile che un'operazione così grossa sia sfuggita ai radar dei servizi?«Immagino che ci saranno delle inchieste in Francia, ma secondo me il problema di fondo è abbastanza semplice. Quando un giovane entra nel mirino dei servizi viene sì schedato, ma bisogna rendersi conto che fra Francia, Germania e Belgio ce ne sono migliaia. Il capo della sicurezza interna tedesca parla di 7.900 salafiti (n.d.r. coloro che seguono la sharia) presenti nel suo Paese. Come si fa a controllarli tutti, anche se finora non hanno commesso nulla di illegale? Per controllare un cittadino 24 ore su 24, sette giorni su sette, occorrono 20-25 agenti. Non è possibile disporre di un apparato simile».
Pochi giorni fa sono stati arrestati a Merano 17 aspiranti jihadisti. Il pericolo sta covando dappertutto?«Papa Francesco, lo scorso mese di maggio a Sarajevo, aveva parlato di Terza guerra mondiale condotta a pezzi. Adesso i francesi stessi dicono di essere in guerra. Dobbiamo prendere atto che ormai l'Europa è in guerra, ma non quella convenzionale che ci eravamo preparati a combattere in passato. È una guerra ibrida, composta da un'ideologia totalitaria, dall'impiego dei media e delle reti sociali e da persone che agiscono senza uniforme, che nascondono armi nelle moschee e negli ospedali. Tutto questo adesso arriva in Europa. Dobbiamo occuparcene seriamente. È una minaccia asimmetrica, con persone che agiscono al di fuori delle regole del gioco mentre noi siamo tenuti a rispettare le nostre leggi. Come dicevo prima. Si attaccano soft target con l'obiettivo di uccidere il maggior numero di persone innocenti. È una dimensione alla quale non siamo preparati, nemmeno sul piano emotivo. Per queste persone l'obiettivo non è vincere la guerra ma finire il loro cammino religioso in paradiso, facendosi saltare in aria. Questi salafisti vivono come nel VII secolo, ai tempi di Maometto, che aveva il Corano nella mano sinistra e nella destra la sciabola, ora sostituita dal kalashnikov».
Abbiamo i mezzi adeguati per rispondere a questa minaccia asimmetrica?«Il Parlamento ha fatto un lavoro molto serio per la nuova legge sul Servizio informazioni, approvata a fine settembre. Considerando la situazione attuale, il referendum promosso dai Verdi col sostegno dei socialisti è, a maggior ragione, irresponsabile. Per quanto riguarda il resto dell'apparato di sicurezza, dalla polizia all'esercito passando per le guardie di confine, è concepito per il bel tempo. Solo che adesso sta arrivando la tempesta. Come ripetono il presidente dei comandanti di polizia Stefan Blättler e il comandante delle guardie di confine Jürg Noth, abbiamo seri problemi di effettivi e mezzi. Il lavoro può essere fatto in situazioni speciali per 72 ore. E dopo chi verrebbe ad aiutare? Chi proteggerà le infrastrutture critiche? Il Gruppo per una Svizzera senza esercito o chi presta servizio civile? No, l'esercito, che però viene sempre ridotto e non è più in grado di assolvere completamente il suo mandato costituzionale».