«Non è vero che i veicoli elettrici presentano maggiore rischio di incendiarsi»

Il tragico incidente di Mestre in cui hanno perso la vita 21 persone ha risollevato, specialmente sui social, due questioni particolarmente care soprattutto ai sostenitori delle teorie alternative e del complotto: la pericolosità dei veicoli elettrici e quella del vaccino contro il COVID-19. Il bus coinvolto nell’incidente aveva infatti una doppia alimentazione, elettrica e a metano, e proprio la presenza di batterie al litio ha causato qualche grattacapo in più ai Vigili del Fuoco intervenuti sul luogo del disastro per spegnere le fiamme. Tra le possibili cause dell’incidente, poi, è stata subito ventilata l’ipotesi di un malore dell’autista: ecco allora che i fautori della pericolosità e nocività del vaccino contro il COVID-19 hanno subito collegato il presunto malessere del conducente alla vaccinazione. Per fare un po’ di chiarezza sulla questione e capire come tali teorie trovino terreno fertile sui social abbiamo interpellato Paolo Attivissimo, giornalista informatico e sfatatore di bufale.
Signor Attivissimo, è vero che i veicoli elettrici presentano
un rischio maggiore di incendiarsi rispetto a quelli a combustione?
«I dati statistici indicano esattamente il contrario, sia i
Vigili del Fuoco sia le compagnie assicurative dicono che gli incendi di veicoli
elettrici sono molto meno frequenti rispetto agli incendi di quelli
tradizionali. A tal proposito, ricordo che tutti noi abbiamo delle polizze
assicurative per i nostri autoveicoli denominate “incendio e furto”. Il
problema è che oggi siamo talmente abituati al fatto che i veicoli tradizionali
prendano fuoco che non ci facciamo più caso e non fa più notizia. Personalmente, tengo una statistica di quanti incendi di automobili si verificano sulle strade
svizzere ed è impressionate vedere come, sostanzialmente, ce ne sia uno al
giorno. A chi obietta che è normale che siano pochi i veicoli elettrici protagonisti
di casi di incendio visto che alle nostre latitudini ne circola ancora un
numero esiguo rispondo che anche le statistiche che tengono conto delle proporzioni
non forniscono alcun motivo che possa spingere a ritenere che i veicoli
elettrici si infiammino con più frequenza. Per essere completi aggiungo che la
differenza tra i mezzi di trasporto tradizionali e quelli elettrici è che questi
ultimi, in caso di incendio, presentano difficoltà di spegnimento maggiori perché
le loro batterie contengono tutti gli ingredienti necessari a mantenere vive le
fiamme».
Ecco, ha sollevato il problema dello spegnimento di un
incendio che coinvolge un veicolo elettrico: ad oggi ci sono delle procedure
specifiche che devono seguire i pompieri in questi casi o visto che il boom di
queste autovetture è recente non esistono ancora protocolli ad hoc?
«Esistono già ora delle procedure e i Vigili del Fuoco hanno
già svolto delle formazioni specifiche. In molti casi, dispongono anche di apparecchiature appositamente ideate per intervenire in questo tipo di eventi. Per sommi capi: l’obiettivo principale è evitare
il surriscaldamento della batteria e, per far ciò, i pompieri utilizzano molta
acqua».


Che cosa risponde invece a chi dice che il presunto malore dell’autista
del bus precipitato a Mestre sia da ricondurre al vaccino contro il COVID-19?
«È una teoria assurda. Supponendo che il conducente abbia veramente
accusato un malore, la prima cosa che bisogna chiedersi è quali potrebbero esserne
le cause principali. Di legami scientifici dimostrati tra vaccinazione ed
effetti negativi sulla qualità di guida non ce ne sono, che io sappia. C’è anche
un altro aspetto che va considerato: per natura l’uomo cerca di trovare una
giustificazione alle cose che succedono all’improvviso. A un grande effetto
cerchiamo sempre di abbinare una grande causa in quanto l’idea che le disgrazie
possano accadere per caso ci turba. È un meccanismo di consolazione col quale l’uomo
cerca di esorcizzare la paura».
Come mai la pericolosità dei veicoli elettrici e quella dei
vaccini sono due temi molto cari ai fautori delle teorie alternative?
«Perché oggi sono dei temi alla moda. Mi sorprende anzi che tra
le cause dell’incidente i difensori delle teorie complottistiche non abbiano
ancora chiamato in causa il 5G. Dobbiamo ricordarci che i social network
monetizzano la polemica e quelli della pericolosità dei veicoli elettrici e dei
vaccini contro il COVID-19 sono due filoni molto forti in questo senso».
Il fatto che queste teorie alternative trovino terreno
fertile sui social si deve allora a considerazioni di tipo economico? Ovvero, queste
piattaforme favoriscono un certo tipo di contenuti perché li possono
monetizzare?
«È esattamente così. Le ricerche scientifiche documentano
come i social network monetizzino l’indignazione. Ciò significa che qualunque
contenuto, vero o falso che sia, che crea polemica e dunque spinge le persone a
passare tanto tempo online esponendole di conseguenza a una grande mole di
pubblicità, viene pompato e gonfiato il più possibile. Quello dei social è il
gioco del provocatore».
È quindi da ricondurre a una mera speculazione in chiave
economico-commerciale la mossa di Elon Musk di diffondere, negli ultimi tempi, a sua volta diverse
notizie false sul suo canale X?
«Molta gente oggi vorrebbe entrare nella testa
di Musk per capire cosa pensi realmente. Non è chiaro se si tratti di un freddo
calcolo per aumentare i guadagni amplificando l’indignazione e l’odio o se si
tratti invece della visione del mondo dell’imprenditore di origine sudafricana,
per quanto essa sia paranoica e di destra».