Tennis

Novak Djokovic e le merendine a Goran Ivanisevic

Il campione serbo racconta la nuova collaborazione con l’ex campione croato, vittorioso a Wimbledon nel 2001: «Da ragazzino per me era un eroe, ora sarà utile poter contare su qualcuno che sa cosa provo in campo»
Novak Djokovic assieme all’ex campione croato Goran Ivanisevic. (Foto Keystone)
Flavio Viglezio
03.07.2019 06:00

LONDRA – A Wimbledon la tradizione è tutto. O quasi tutto. Ed allora, come tradizione vuole, ad inaugurare il centrale lunedì alle 13 di Londra in punto, è stato il campione uscente. Tutto di bianco vestito – già, la tradizione... – Novak Djokovic non ha avuto problemi a sbarazzarsi dell’insidioso tedesco Philipp Kohlschreiber. Sta bene, Nole, e la delusione del Roland Garros – con l’eliminazione in semifinale per mano di Dominic Thiem – si è trasformata in motivazione: l’obiettivo, nemmeno tanto nascosto, è quello di imporsi per la quinta volta sui campi di Church Road. Con un’arma in più nel suo motore: il serbo ha ingaggiato quale coach l’ex campione croato Goran Ivanisevic, pronto a spalleggiare lo storico allenatore Marjan Vajda. «Dopo averne parlato con Marjan, che si è subito mostrato entusiasta – spiega il numero 1 al mondo – ho deciso di chiamare Goran e gli ho chiesto se era disponibile per Wimbledon. Sono molto felice che abbia accettato, anche se ancora non so se potrà rimanere fino alla fine del torneo: aveva già degli impegni nella seconda settimana. Vedremo, insomma». Campione a Wimbledon nel 2001, quando aveva ricevuto una wild card, Ivanisevic potrà dispensare preziosi consigli a Djokovic: «Per ora tra di noi tutto sta andando per il meglio. D’altra parte siamo amici, ci conosciamo da tanto tempo. Goran è stato un top player per tanti anni e quando ero un ragazzino era il mio eroe. Proprio nel 2001 frequentavo la scuola di Niki Pilic in Germania e Ivanisevic venne ad allenarsi qualche giorno con noi. Ricordo che passavo il tempo ad osservarlo, cercando poi di imitarlo. Un giorno ebbi il permesso di avvicinarlo: scambiammo qualche parola e in seguito il mio ruolo fu quello di portargli regolarmente qualche merendina (ride, ndr). Insomma, Marjan rimane il mio allenatore, ma è senza dubbio molto utile poter contare su qualcuno che ha vinto a Wimbledon e che sa cosa provo quando sono in campo».

D’altra parte quella tra Djokovic e Wimbledon è una lunga storia d’amore e non solo per i quattro trionfi ottenuti. «Non ho mai giocato qui da Juniores: la prima volta che arrivai a Londra, per giocare le qualificazioni, avevo 17 anni e non avevo mai visto un campo in erba in vita mia. Come ogni ragazzo che gioca a tennis, a quell’età, sognavo di vincere un giorno questo magnifico torneo, il più prestigioso dei Grandi Slam. Quell’anno superai le qualificazioni e ricordo che tutta la mia famiglia si imbarcò in fretta e furia su un aereo per vedermi giocare nel tabellone principale. Le cose non andarono troppo male, visto che arrivai fino al terzo turno».

Dal terzo turno del 2005 al quarto trionfo di dodici mesi fa. E inaugurare il Centre Court da campione in carica ha sempre un sapore particolare: «È sempre un grande onore – conferma Djokovic – disputare la prima sfida del torneo sul centrale. Anche l’altro giorno quando stavo entrando in campo ho pensato a quanto era successo lo scorso anno, al match-point nella finale contro Kevin Anderson. Dodici mesi fa stavo vivendo un momento particolare, ero reduce da un infortunio e faticavo a trovare le migliori sensazioni. Vincere era stato importantissimo, mi aveva permesso di ritrovare il mio livello di prima: oggi avverto meno pressione e ho molta più fiducia nel mio gioco». Ed infatti la sfida con Kohlschreiber non ha avuto storia, anche se Nole ha perso in entrata il proprio servizio: «Ho l’esperienza per gestire situazioni di questo tipo, ma sono pur sempre un essere umano. Confesso che all’inizio ero un po’ nervoso e non bisogna dimenticare che Philipp è un ottimo giocatore. Dopo il suo immediato break mi sono subito ripreso e sono soddisfatto di come ho giocato in questo primo turno».

La caccia al quinto Wimbledon è dunque iniziata nel migliore dei modi: «Ogni trionfo in un Grande Slam è speciale. La prima volta, per esempio, è qualcosa di unico e indescrivibile. Come ho detto, ai miei occhi il titolo dello scorso anno è stato pure importantissimo. Ci voleva proprio: ho dimostrato a me stesso che potevo ancora vincere un Grande Slam dopo un periodo complicato. In ogni caso è difficile descrivere a parole cosa si prova a vincere qui: questo torneo è il sogno della maggior parte dei giocatori. Ai miei occhi Wimbledon è il torneo più grande del mondo. Potrei raggiungere Borg? Beh ma Björn e Federer qui hanno vinto cinque volte di fila, sono loro i migliori di sempre su questi campi. Borg non sono riuscito a seguirlo dal vivo, ma ho visto parecchi documentari e film sulla sua carriera: per quanto riguarda Wimbledon sono cresciuto ammirando Pete Sampras. Federer invece lo conosco abbastanza bene (ride, ndr)».